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martedì 26 marzo 2013

LA SIRENA


OPERA REALIZZATA DA GRAFFITI VETRO ARTE

Donne bellissime che, seducenti, apparivano tra le spume del mare chiedendo con un canto suadente ai marinai di interrompere la loro solitaria navigazione, di indugiare con loro....
Nessuno, meno l’astuto Odisseo, resisteva all’invito - che precedeva una fine crudele - ed il mancato ritorno di tanti marinai, insieme alla dolce ma infame lusinga raccontata dai superstiti, furono premesse formidabili per diffondere il mito delle Sirene, che trova le sue prime origini nella terra degli Arii, incredibilmente lontana nel tempo e nello spazio.



IL MITO DELLE SIRENE


All’eta’ del bronzo appartengono certo le leggende sulle navigazioni di Ulisse nei mari di occidente, leggende che, anche se trasfigurate da una lunga tradizione orale e dalla fantasia creatrice di Omero, ricordano contatti reali intercorsi tra la Grecia ed il Tirreno in eta’ micenea.

Il mito che ancora oggi e’ maggiormente presente nel golfo di Napoli e’ quello delle Sirene, uccelli con artigli, testa di donna e seni. Non e’ un caso se troviamo il culto delle Sirene particolarmente diffuso lungo le coste meridionali del Tirreno, ma e’ a Napoli che il culto ebbe particolare diffusione, prendendo il suo nome la citta’ di Partenope e quello della Sirena, la cui tomba fu oggetto di culto per tutta l’eta’ antica. E poi all’estremita’ della penisola sorrentina, alla Punta della Campanella, sorgeva il santuario delle Sirene ed i 3 isolotti dei Galli, di fronte a Positano, subito dopo il Promontorio Ateneo, erano detti le “Syrenusse”, perche’ in essi si vedevano i corpi delle 3 Sirene.



Il mito delle Sirene, che e’ presente ampiamente nell’ Odissea, non giunge nel golfo di Napoli per il tramite dei Calcidesi di Cuma. Le indagini di Pugliese Carratelli fanno risalire la remota ispirazione di esso, come degli altri ibridi tipi, al mondo siroanatolico e indicano Rodi e Creta come i centri da cui il mito della Sirena, rielaborato dal sentimento artistico e religioso dei Greci, si propago’ nel mondo ellenico. Qualunque sia stata l’origine delle Sirene, e’ piu’ probabile che esse siano penetrate per il tramite rodio nel patrimonio mitico dei Greci; e va rilevato il fatto che un culto di esseri demoniaci, dei quali Rodi ha offerto le prime raffigurazioni grecamente concepite, si trovi solo nella Campania, una regione cui un’autorevole tradizione, corroborata dalla moderna ricerca archeologica e linguistica, assegnava come primi colonizzatori greci e proprio Rodi, che precedettero i Cumani sulle spiagge napoletane, dopo l’istituzione del culto sull’opposta penisola.
Insidioso ai naviganti per l’assopimento che facilmente li coglieva nell’ora in cui era piu’ alto ed abbacinante il sole e piu’ eguale il ritmo dei flutti, tale assopimento poteva essere paragonato all’effetto di un canto magico, d’irresistibile fascino. I naviganti che, sfuggiti alla minaccia di Scilla e Cariddi, procedevano verso nord lungo le coste del Tirreno incontravano una nuova insidia nelle procellose Bocche di Capri, tra l’isola e il promontorio sorrentino: all’uscir da esse, subito si rivelava l’ampio arco del golfo, che offriva numerosi approdi ai marinai affaticati dal percorso lungo le coste scoscese della penisola amalfitana. Il viaggio diurno era reso piu’ insidioso dalla dolcezza del clima e dal diffuso splendore del sole!


Il promontorio che incombeva sulle Bocche di Capri divenne sede di un culto destinato a placare e propiziare gli alati dèmoni solari (le Sirene). Con questo non si viene ad escludere la possibilita’ che sul promontorio sorrentino preesistesse all’arrivo del mito e del culto greco un culto ispirato dal senso di forze ostili in agguato sul pericoloso passo, simili a quelle che insidiavano lo stretto di Scilla e Cariddi.


Pertanto la localizzazione del culto delle Sirene e la caratteristica formazione del nome “Seirenùssai” (= scogli delle Sirene, gli attuali Galli) significano soltanto che l’estremita’ della penisola sorrentina dovette aver avuto importanza e fama grandissima nella navigazione mediterranea di eta’ protocoloniale e precoloniale, come e’ naturale considerare la obbligatorieta’ e la proverbiale pericolosita’ del passaggio delle Bocche di Capri. L’indubbia impronta ellenica dei culti, dell’uso linguistico e dell’ambiente culturale di Sorrento, rilevabile dai dati epigrafici e dalle fonti letterarie ancora in eta’ romana, deve ascriversi preferibilmente ad eventi secondari connessi con il declino della potenza navale etrusca.




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