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mercoledì 23 gennaio 2013

EST ! EST ! EST!





La leggenda narra che nell’anno 1111, Enrico V di Germania stava raggiungendo Roma con il suo esercito per ricevere dal Papa, Pasquale II, la corona di Imperatore del Sacro Romano Impero.
     Al suo seguito si trovava anche un vescovo tedesco, Johannes Defuk, stimato intenditore di vini. Per soddisfare questa sua passione alla scoperta di nuovi sapori, il vescovo mandava il suo coppiere Martino, un antenato degli odierni sommelier, in avanscoperta, con l’incarico di procedere lungo la via per Roma, per assaggiare e scegliere i vini migliori.
     I due avevano concordato un segnale in codice: qualora Martino avesse trovato del buon vino, avrebbe dovuto scrivere “est”, ovvero “c’è”, vicino alla porta della locanda, e, se il vino era molto buono, doveva scrivere “est est”. Il servo, una volta arrivato a Montefiascone e assaggiato il vino locale, non poté in altro modo comunicare la qualità eccezionale di quel vino, così decise di ripetere per tre volte il segnale convenuto e di rafforzare il messaggio con ben sei punti esclamativi: EST ! EST!! EST !!! Tanto era rimasto esterrefatto dalla bontà del nettare Montefiasconese.

 Il vescovo, arrivato in paese, condivise il giudizio del suo coppiere e prolungò la sua permanenza a Montefiascone per tre giorni. Addirittura, al termine della missione imperiale vi tornò, fermandosi fino al giorno della sua morte, avvenuta, pare, per un eccesso di bevute. Venne sepolto nella chiesa di San Flaviano, dove ancora si può leggere, sulla lapide in peperino grigio, l’iscrizione:<< Per il troppo Est ! qui giace morto il mio signore Johannes Defuk>>.
  

Un delfino chiede aiuto

Al largo delle coste dell'Isola di Hawaii un gruppo di sommozzatori ha ripreso una scena incredibile: un delfino si avvicina e gira insistentemente intorno al gruppo: sembra muoversi in modo strano e i suoi movimenti non sono mossi da curiosità. Sembra voler chiedere aiuto. Uno dei sommozzatori si fa avvicinare e scopre il perché: una lenza da pesca è rimasta impigliata in una delle pinne pettorali. Il delfino si lascia pazientemente aiutare dall'uomo e viene liberato dalla lenza. Poi la pazienza finisce e nuota via, senza farsi togliere l'amo. Una volta tanto l’uomo ha saputo riparare un danno ad un animale che lui stesso gli ha provocato.

La piramide di Caio Cestio

Presso porta San Paolo, lungo la via Ostiense, svetta la bianca mole della piramide di Caio Cestio, uno dei monumenti funerari più particolari giunti fino a noi. 
Venne realizzata tra il 18 ed 12 a.C. ad imitazione delle imponenti tombe dei faraoni, sulla base di una vera e propria moda culturale “egittizante” che si diffuse a Roma a seguito della conquista dell’Egitto. 
Questo non fu l’unico mausoleo costruito a Roma in forma di piramide, si ha notizia di almeno altri tre edifici simili. Due si trovavano una di fronte all’altra, lungo la via Flaminia, all’altezza di Piazza del Popolo, in corrispondenza della chiesa di Santa Maria dei Miracoli e vennero distrutte proprio al momento della costruzione delle due chiese gemelle. La terza piramide invece si trovava nel Campo Vaticano, nei pressi dell’odierna via della Conciliazione e venne fatta distruggere nel 1499 dal papa Alessandro VI per aprire la via Alessandrina in occasione della sistemazione della zona per favorire l’accesso dei pellegrini per l’anno santo del 1500. Le due piramidi, quella ostiense di Caio Cestio e quella vaticana di Borgo, erano note nel Medioevo rispettivamente con i nomi di Meta Remi e di Meta Romuli, nell’uso prevalente del tempo di legare i monumenti a personaggi della storia romana e dove, con il termine meta si soleva indicare strutture di forma conica simili a quelle che venivano utilizzate per segnare i due estremi della spina del circo.

La piramide Cestia è costituita da un imponente nucleo in opera cementizia, all’interno del quale venne realizzata la camera sepolcrale.
 Il rivestimento esterno è costituito da grosse lastre in marmo lunense, l’odierno marmo di Carrara. La base, a pianta quadrata, ha un’estensione di 100 piedi mentre l’altezza è di 125 piedi, rispettivamente 29,50 e 36,40 metri.
 Era raggiungibile tramite un breve diverticolo della via Ostiense che conduceva ad uno recinto delimitato da un muro in opera quadrata in tufo. Ai quattro angoli della piramide erano disposte altrettante colonne poste su alte basi, due di queste vennero ricollocate nella posizione originaria in seguito al loro rinvenimento nel corso degli scavi del 1656. 
 Sui lati occidentale ed orientale vi è una lunga iscrizione divisa in due registri: 

 C.CESTIVS L.F.EPVLO POB PR TR PL VII VIR EPVLORVM Caio Cestio, figlio di Lucio, detto Epulo della tribù Poblilia, pretore, tribuno della plebe e setteviro del collegio degli Epuloni

 OPVS · APSOLVTVM · EX · TESTAMENTO · DIEBVS · CCC · XXX · ARBITRATV · L· PONTI · PVBLII · FILII · CLA · MELAE · HEREDIS · ET · POTHI · L Opera completata, come da testamento, in 330 giorni, per disposizione di Lucio Ponzio Mela figlio di Publio della tribù Claudia, erede, e di Potho, liberto

 Caio Cestio era dunque un setteviro degli Epuloni, ossia un membro dell’ordine sacerdotale preposto all’organizzazione di banchetti sacri che si tenevano in occasione di feste religiose. Fu tribuno della plebe ed anche pretore, probabilmente lo stesso menzionato da Cicerone che ricoprì la carica nel 44 a.C. e forse colui che fece costruire il ponte Cestio che ancora oggi congiunge l’isola Tiberina a Trastevere.
 Viene poi specificato che come per volontà testamentaria l’opera venne realizzata in soli 330 giorni.

 Un’altra iscrizione sul lato occidentale ricorda invece il restauro di Alessandro VII, che si svolse dal 1656 al 1663. Altre due basi, destinate a sostenere statue in bronzo dorato di Caio Cestio, erano poste sul lato occidentale del mausoleo ed oggi sono conservate ai Musei Capitolini.
M · VALERIVS · MESSALLA · CORVINVS P · RVTILIVS · LVPVS · L · IVNIVS · SILANVS L · PONTIVS · MELA · D · MARIVS NIGER · HEREDES · C · CESTI · ET L · CESTIVS · QUAE · EX · PARTE · AD EVM · FRATRIS · HEREDITATAS M · AGRIPPAE · MVNERE · PER VENIT · EX · EA · PECVNIA · QVAM PRO · SVIS · PARTIBVS · RECEPER EX · VENDITIONE · ATTALICOR QUAE · EIS · PER · EDICTVM · AEDIL IN · SEPVLCRVM · C · CESTI · EX TESTAMENTO · EIVS · INFERRE NON · LICVIT




Su queste basi sono dunque riportate alcune parti delle disposizioni testamentarie di Caio Cestio in cui si legge il desiderio di essere sepolto con gli “Attalica”, ricche vesti intessute di fili d’oro, che prendevano il loro nome dal re di Pergamo Attalo I.
 Questa volontà tuttavia non potè essere rispettata infatti, nel 18 a. C., venne promulgata da Augusto la lex Iulia sumptuaria con la quale si vietava l’ostentazione del lusso nelle cerimonie pubbliche, comprese quelle funebri.
 Le vesti vennero così vendute e con i proventi vennero realizzate le due statue in bronzo dorato.
 Sempre nella stessa epigrafe alcuni beni sono lasciati ad Agrippa, genero di Augusto. Proprio grazie a questa epigrafe è stato possibile datare la costruzione della piramide, che risulta quindi compresa tra il 18 a.C., data della legge ed il 12 a.C., data della morte di Agrippa.  

La cella interna, coperta con volta a botte, presenta dimensioni di 4 metri per 5,85 e venne realizzata in opera laterizia, rappresentando uno dei primi esempi di muratura di questo tipo. Le pareti e la volta della camera sepolcrale sono dipinte in bianco, con decorazioni di terzo stile. Lo schema decorativo è costituito da grandi pannelli rettangolari con figure femminili alternate a vasi lustrali, separati tra loro da strette partiture rettangolari con candelabri.
 La volta a botte presenta anch’essa una decorazione a sottili linee su fondo bianco con, ai quattro angoli, immagini di Vittorie alate recanti in mano una corona ed un nastro.
 Il centro della volta presenta una doppia riquadratura, ma la pittura che doveva decorarla nella parte centrale, probabilmente una scena di apoteosi del defunto, venne distrutta nel Medioevo, nel tentativo di cercare ulteriori ambienti nascosti nell’intradosso della volta stessa.
 Il pavimento invece è in opus spicatum, con l’utilizzo di piccoli mattoni disposti a spina di pesce.


Nel 271 d.C. iniziò la costruzione di una nuova cinta muraria da parte dell’imperatore Aureliano. La necessità di completare l’opera in tempi brevi ed il notevole risparmio sui materiali che si otteneva, portò gli architetti che la progettarono ad inglobare molte strutture che si incontravano lungo il percorso.
 Anche la piramide Cestia venne così inglobata nelle mura stesse come l’anfiteatro castrense, il sepolcro di Eurisace, il castro Pretorio ed alcune parti di acquedotti. Probabilmente proprio questa sua nuova funzione strutturale, nell’ambito del sistema difensivo, prima della città romana e successivamente di quella dei papi, ne consentì la conservazione, rispetto al destino delle altre piramidi romane, distrutte ed utilizzate come cave di materiali edilizi.

Sarah Brightman & Antonio Banderas - The Phantom Of The Oper

Jimmy, un rinoceronte per amico

L'animale terrestre più grande dopo l'elefante è il rinoceronte. Un bestione dalla pelle glabra, spessa come una corazza, dal corno piazzato in cima al muso, dal trotterellare placido che può di colpo trasformarsi in una carica terrifica dopo averci a fatica messi a fuoco - noi i suoi veri e unici nemici - con i suoi piccoli occhi da miope.
 Sembra uscito fuori dalla preistoria eppure, al di là dell'aspetto, sorprendentemente rivela buoni sentimenti, tra cui uno straordinario attaccamento alla famiglia. Lo dimostra la storia di Jimmy, un rinoceronte che, oltretutto, è legato affettivamente a una famiglia allargata.

Era il 2007 quando la madre di Jimmy venne abbattuta dai bracconieri in Zimbabwe.
 Il piccolo se ne stava disperato accanto al corpo freddo della madre, quando per sua fortuna venne trovato da un fotografo naturalista, David Hulme, che subito lo portò nella fattoria di Anne e Roger Whittal, proprietari di una riserva privata dedicata al recupero di animali selvaggi feriti o, come nel caso di Jimmy, di giovani orfani. E così, come vuole il protocollo in questi casi, il giovane rinoceronte venne allevato e, una volta sufficientemente cresciuto, reintrodotto per gradi nella savana.
 Jimmy però aveva conosciuto la sua famiglia quando era giovanissimo, quando ancora era aperto quel periodo sensibile dell'imprinting entro il quale un giovane mette magicamente a fuoco le caratteristiche salienti della sua specie. Fu così che si fissò, nella sua mente semplice e ingenua, la composita immagine d'una famiglia fatta insieme di uomini e di rinoceronti. Il che, anche se può sembrare singolare, non lo è poi tanto, visto che quanto accaduto a Jimmy è esattamente quello che sempre avviene a ogni cucciolo di cane.
 Ecco così che il nostro rinoceronte di due tonnellate, pur tornato alla savana e divenuto maturo, sente ogni tanto quel richiamo ineluttabile, quel sentimento che noi chiamiamo nostalgia. E allora se ne torna alla vecchia casa dove è cresciuto e va a trovare i suoi fratelli umani, «bussando» dalla finestra della cucina per richiamare l'attenzione di Anne.

Anche se ha il sapore di una favola è una storia vera. È la straordinaria forza dell'imprinting che fa scaturire amore, allegria, attaccamento e nostalgia. L'unica cosa che non sapremo mai è cosa precisamente significhino quando parliamo d'un rinoceronte. Perché queste parole le abbiamo create solo pensando, e riferendoci, a sentimenti umani.

Diavolo della Tasmania: il mammifero dal morso d’acciaio



Un animale nero, irascibile e rissoso, che si nutre di carogne e che emette versi demoniaci non può che chiamarsi diavolo della Tasmania.

Almeno questo è il nome che gli è stato affibbiato dagli esploratori, perché per la gente del luogo è noto anche come Beelzebub's pup, cucciolo di Belzebù.

Il morso di questo “piccoletto” risulta essere, grazie ai suoi denti aguzzi, il più potente di tutti i mammiferi in rapporto alle sue dimensioni corporee e l’apertura della sua mascella forma quasi un angolo retto.

Prima perseguitato dalla popolazione perché considerato uno sterminatore di pollai e ora dichiarato fra le specie protette dal governo della Tasmania, questo marsupiale è salito negli anni, negli indici di gradimento e simpatia della gente grazie ad un personaggio dei cartoni animati Warner Bros, l’inarrestabile Taz che distrugge qualsiasi cosa si trovi sul suo percorso, dalle mascelle d’acciaio e l’appetito incontenibile.

Le sue abitudini crepuscolari e notturne lo rendono un animale ancora più misterioso, anche se questa caratteristica è in realtà dovuta al fatto che specialmente i giovani esemplari evitano così la competizione con gli adulti. Il suo comportamento sociale è pressoché limitato a causa della propria irascibilità, nonostante tutto è possibile che alcuni di loro – soprattutto femmine - stabiliscano una rete di contatti fra esemplari dello stesso sesso




La passione innanzitutto

foto di Lumír Novák

Quando la natura fa di un semplice ponte ...Un quadro

Foto di Gabriele Corno

Se continuiamo così tra non molto si dovrà fare il conto alla rovescia (Maya a parte)

Ma quando anche l'ultimo animale selvatico sarà ucciso.
Quando ci rimarranno solo oceani, mari,fiumi, vuoti e inquinati.
Quando non ci saranno più alberi da abbattere e quindi niente più ossigeno Qualcuno mi sa spiegare che ne sarà della razza ELETTA?
DELLA RAZZA CHE SI CREDE SUPERIORE?.
I nostri pronipoti se continuiamo cosi, vivranno in prigioni di cemento e ferro e si nutriranno di prodotti chimici.
Il vero cancro dell'umanità è il consumismo. 
Per essere felici non serve avere il superfluo ma tutto quello che ci serve e ognuno di noi nel suo piccolo può contribuire ad aiutare la natura.
Jane Goodall:
Gli scimpanzé hanno ancora bisogno del nostro aiuto disperatamente.
Ci sono meno di 300.000 scimpanzè rimasti, dispersi su 21 nazioni africane.
I loro numeri stanno diminuendo ora che i cacciatori possono accedere alla boscaglia con strade forestali.
Perdiamo 10 ettari di foreste al minuto su questo pianeta.
Goodall dice che il modo più efficace per salvare gli scimpanzé è quello di salvare le foreste.
http://www.janegoodall.org/
Fonte: http://tinyurl.com/7e26ccl

Anet - La residenza di Diana di Poitiers

Dall’età di diciassette anni il re di Francia Enrico II ebbe un solo grande amore: Diana di Poitiers, più vecchia di lui di ben vent’anni, ma molto affascinante. 
Diana era già proprietaria ad Anet di un piccolo castello medievale. Enrico fece innalzare per lei, un nuovo, lussuoso palazzo, una vera reggia extraurbana. 

 Ironia della storia: proprio ad Anet era stato sottoscritto il contratto di matrimonio del principe Enrico con la futura sposa Caterina de’ Medici. I due fidanzati non furono nemmeno interpellati: d’altra parte avevano solo undici anni. Tre anni dopo, le nozze vennero celebrate con grande sfarzo, da un officiante d’eccezione, papa Clemente VII. 
Una volta salito sul trono, però, Enrico II avvio un curioso ‘ménage’ a tre con la moglie Caterina e l’amante Diana, con le quali condusse una vita in comune.


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 Nel 1515 il cinquantaseienne Gran Siniscalco di Normandia, Louis de Brézé, sposo la sedicenne Diana di Poitiers. Nonostante l’enorme differenza di età, il matrimonio fu felice e diede alla coppia due figlie. La famiglia trascorreva gran parte dell’anno ad Anet, che il re aveva concesso in feudo a Brézé (1445).
 A 32 anni, però, Diana si ritrovò vedova. Fu una perdita sentita e la nobildonna da quel momento non indosso altro che gli abiti bianconeri del lutto. Tuttavia, il dolore non le impedì di fare la sua vita. Nominata dama di corte, Diana venne incaricata dell’educazione del duca d’Orleans, il futuro re Enrico II, che si innamorò perdutamente di lei.
 Non solo le donò il ducato del Valentinois e il castello di Chenonceaux, ma finanziò anche la costruzione di un nuovo ‘castello’ (in realtà una fastosa villa rinascimentale) ad Anet, affidandone il progetto al più celebre architetto di Francia nel 1457. 

L’edificio, ispirato alle forme del manierismo italiano (sia pure filtrate attraverso il gusto francese), fu riprodotto in numerose incisioni d’epoca, e divenne ben presto il modello per le residenze aristocratiche francesi.
 Diana di Poitiers era considerata donna di grande intelligenza e avvenenza, e aveva sul re un’influenza assai maggiore della legittima consorte Caterina, che pure era dotata di un carattere tutt’atro che arrendevole, come avrebbe dimostrato da regina madre. 
L’amante veniva sempre consultata prima di prendere le decisioni più importante: fu lei, per esempio, a sollecitare, insieme al contestabile di Montmorency (praticamente il comandante in capo dell’esercito) la persecuzioni dei protestanti. Numerosi scrittori dedicarono le loro opere a questa affascinante figura di donna.

Nel 1559 il re prese parte a un torneo cavalleresco. Per l’ultima volta egli abbassò lo stendardo bianconero davanti a Diana, in segno di omaggio: in quello stesso torneo infatti venne ferito a morte. Immediatamente Caterina de’ Medici allontanò dalla corte Diana, costretta anche a restituire tutti i possedimenti ricevuti da Enrico. 

L’ex amante si ritirò ad Anet, dove fece costruire la sua cappella mortuaria. Si spense a 66 anni nella tenuta che era stata simbolo della sua relazione con il sovrano.

Gorilla in libertà

Vicino al confine di Uganda, Congo e Ruanda vivono gli ultimi 600 gorilla Silverback, di montagna sono gli ultimi della loro specie di questo mondo. Il gruppo si chiama la famiglia Humba
Queste splendide creature sono in serio pericolo di estinzione per la stupidità colossale dell'uomo che li caccia per puro divertimento o li cattura per gli zoo e circhi 
Nessuno dotato di un minimo di cervello dovrebbe vederli in prigionia ma solo ed esclusivamente nel loro habitad.
Questa sarebbe la vera emozione 

Il Grand Canyon

Il Grand Canyon non ha 6 milioni di anni ma oltre 70, in pratica esisteva già ai tempi del Tirannosauro rex.
Ad affermarlo sono un gruppo di scienziati americani: tra loro la 36enne geologa Rebecca Flowers, della University of Colorado, autore di uno studio pubblicato online dalla rivista Science.
Notizia dell'Washington Post'.
Secondo gli autori dello studio, l'immensa gola lunga oltre 400 chilometri e profonda oltre 1500 metri non fu come si e' ritenuto finora scavata dal fiume Colorado ma da altri due fiumi, il California, per quanto riguarda la parte occidentale del sito e un altro fiume per quanto riguarda la parte orientale che si costitui' successivamente, 55 milioni di anni fa.
fonte AGI. 
Sempre secondo questa teoria, sei milioni di anni fa il fiume Colorado si limito' a ricongiungere le due sezioni preesistenti di canyon.
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