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mercoledì 12 giugno 2019

Porto Flavia: l’incredibile scalo in Sardegna a metà fra il mare e il cielo


Può capitare di fare un giro barca nelle acque cristalline attorno al Pan di Zucchero, e restare sorpresi, alzando la testa, di trovarsi di fronte un inaspettato porto. 

Sì, alzando la testa, perché la banchina di questo strano approdo si trova a metà di una parete rocciosa a picco sul mare, proprio di fronte al faraglione-simbolo della costa sud occidentale dell’isola.


Potrebbe sembrare una follia quella costruzione di cemento con inciso il nome Porto Flavia, e invece era un’opera ingegneristica di avveniristica concezione, quando venne progettata agli inizi degli anni ’20 del secolo scorso, e lo rimane tutt’ora. 

 Porto Flavia era un’infrastruttura che serviva l’area mineraria di Masua, concepita per abbattere i consistenti costi di trasporto dei metalli estratti. 

 Fino al 1924, quando venne completato il porto, i minerali venivano trasportati a spalla, in grandi ceste di vimini, fino alla spiaggia di Masua, dove venivano caricati sulle bilancelle (piccole imbarcazioni a vela), per approdare al porto di Carloforte, a una trentina di chilometri di distanza. 
Nuovamente scaricato a mano, il materiale veniva stivato in magazzini o direttamente sui mercantili in attesa.
 Per completare il carico di una nave potevano essere necessari due mesi, se il tempo era avverso e le bilancelle (che spesso affondavano) non potevano navigare, ma anche in condizioni di mare favorevoli non occorreva meno di una settimana. 
Senza considerare i costi in termini di fatica umana, con i marinai addetti al trasporto che lavoravano senza riposo e con bassissimi salari.

 Nel 1922 le miniere di Masua passarono in concessione alla belga Sociétè de la Vieille Montagne, che chiese al direttore di escogitare una soluzione per ridurre i tempi e i costi del trasporto. 

Cesare Vecelli, ingegnere di origini venete, la trovò la soluzione, e che soluzione! 
Vecelli studiò le coste nei pressi di Masua finché non trovò il luogo perfetto: le scogliere a picco sul mare di fronte al Pan di Zucchero. Il mare era profondo e sufficientemente protetto dal vento e dai marosi, così i minerali potevano essere caricati direttamente sui mercantili.




Per realizzare Porto Flavia, che l’ingegnere dedicò alla figlia nata da poco, furono scavati due tunnel sovrapposti lunghi 600 metri, collegati da nove silos di stivaggio.

 Nella galleria superiore arrivava un trenino elettrico che portava i minerali, scaricati nei serbatoi per gravità; in quella sottostante, un nastro trasportatore riceveva il materiale, sempre per gravità, e lo trasferiva alla piattaforma di carico, sotto la quale aspettava la nave.


Il porto divenne operativo nel 1924 e consentì alla società belga di ridurre i costi in maniera consistente, quasi del 70%. 
C’è da dire che Vecelli fece anche in modo di garantire condizioni di lavoro più umane, e un salario meno misero, ai tanti operai che lavoravano a Porto Flavia. 


 L’impianto perse d’importanza negli anni ’60, con il calo dell’attività mineraria, e fu chiuso negli anni ’90.


Oggi rimane come preziosa testimonianza della storia mineraria della Sardegna, e dell’ingegno di un uomo che ha progettato un porto a metà tra mare e cielo. 

 Fonte: vanillamagazine
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