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lunedì 12 giugno 2017

Antiche "esplosioni" di metano sui fondali dell'Artico


All'interno di crateri sottomarini sono intrappolate enormi riserve di metano che al momento ne filtrano in quantità ridotte, ma che potrebbero dar luogo a improvvisi rilasci massicci, tali da raggiungere l'atmosfera, con effetti sul clima ancora tutti da chiarire.

 E' questa la conclusione di uno studio condotto da ricercatori dell'Università Artica Norvegese a Tromsø, che firmano un articolo pubblicato su "Science", che hanno analizzato lo stato di centinaia di questi crateri individuati sul fondale del mare di Barents. 

Durante le glaciazioni, il metano liberato dal fondale marino è rimasto intrappolato sotto gli spessi strati di ghiaccio soprastanti, formando miscele di gas e acqua, o idrati, che sono stabili e rimangono allo stato solido a pressioni come quelle che si hanno a 300 metri di profondità e se le temperature sono inferiori ai 5 °C. Karin Andreassen e colleghi hanno scoperto che in seguito al riscaldamento climatico avvenuto fra 15.000 e 12.000 anni fa, si liberarono improvvisamente enormi quantità di questo metano intrappolato, creando caratteristiche formazioni a cratere e raggiungendo l’atmosfera.

 Alcuni di questi crateri sono stati osservati per la prima volta negli anni novanta, ma grazie alle nuove tecnologie si è dimostrato che interessano un’area molto più ampia di quanto si credeva inizialmente.
 “Noi ci siamo concentrati sui crateri da 300 metri a 1 chilometro di diametro, mappandone circa un centinaio, ma ci sono molte centinaia di crateri più piccoli, di larghezza inferiore a 300 metri”, spiega Andreassen.


La presenza di grandi depositi di gas idrati nei fondali dei mari artici è nota da tempo, ma le modalità del rilascio di metano influiscono significativamente sul suo destino.

 Pur essendo un potente gas serra, il metano rilasciato lentamente dai depositi sottomarini non contribuisce in modo particolarmente sensibile al riscaldamento climatico – osservano i ricercatori – perché gran parte di esso viene ossidato nella risalita lungo la colonna d’acqua che attraversa per raggiungere l’atmosfera. 
Al contrario, un rilascio improvviso e violento permetterebbe al gas di raggiungere inalterato l’atmosfera sotto forma di grandi bolle. Allo stato attuale, concludono i ricercatori, non si può escludere che il cambiamento in atto delle condizioni dei mari artici, con l’assottigliamento dello stato dei ghiacci e l’innalzamento delle temperature dell’acqua, possa portare a una repentina destabilizzazione dei gasi idrati e quindi alla liberazione esplosiva di metano.

 Fonte: lescienze.it

Le spettacolari piscine terrazzate turche ci sono anche in Francia, ma sottoterra


Un universo incantato sotterraneo. 
Varcando la grotta di Saint Marcel d'Ardèche, nel sud della Francia, si ha come la sensazione di entrare in un mondo parallelo. 
Sale enormi, formazioni rocciose sorprendenti e suoni ovattati sono in grado di avvolgere il visitatore, catapultandolo al centro della Terra. 

 Oltre alle incredibili cattedrali di roccia, qui sotto si possono ammirare una serie di piccoli bacini a cascata: delle piscine terrazzate in carbonato di calcio, simili in tutto e per tutto a quelle che si possono ammirare, in scala più grande, a Pamukkale in Turchia e nel parco di Yellowstone.










Queste grotte sono situate nel territorio di Bidon, all'ingresso delle gole dell'Ardèche, e sono state scoperte casualmente nel 1836, durante una battuta di caccia. 
Finora sono stati esplorati 57 chilometri di gallerie e ancora non si sa quante altre bellezze nascondano nei loro meandri. 

 Fonte: lastampa.it

Il calcio azteco e i suoi sconfitti


Un gigantesco tempio dedicato al dio azteco del vento e un campo destinato all'antico gioco della palla sono venuti alla luce nel centro di Città del Messico, dopo lunghi scavi per risalire alle rovine della capitale precolombiana Tenochtitlan, oggi coperta dalla megalopoli. Nel campo, di cui rimangono solo parte di una scala e una porzione di spalti, sono stati trovati 32 resti di ossa del collo, che gli archeologi pensano appartenessero alle persone decapitate durante i rituali concomitanti alle partite (se a rimetterci la testa fossero i perdenti, i vincitori come premio d'onore o altri non è chiaro).

 Secondo le cronache dei primi conquistadores, lo stesso condottiero spagnolo Hernan Cortes avrebbe assistito a una partita del gioco della palla, proprio in questo campo, nel 1528, invitato dall'ultimo imperatore azteco, Montezuma.
 


Il campo originario doveva estendersi per 50 metri, mentre il tempio, una struttura semicircolare sistemata sopra una base rettangolare, misurava 34 metri di lunghezza per quattro di altezza. Secondo gli archeologi autori della scoperta, era dedicato al dio del vento, Ehēcatl, il cui respiro si dicesse muovesse il Sole, e fu edificato tra il 1486 e il 1502. 

 ll gioco della palla, l'ulama, era una delle manifestazioni religiose più importanti e diffuse in Mesoamerica. 
Poteva essere praticato in grandi spazi aperti o in strutture con bassi muretti e anelli di pietra alle pareti in cui far passare una palla di caucciù.


Le due strutture sono solo le ultime scoperte in ordine di tempo nel centro storico della città, che sorge sulle rovine dell'antica capitale azteca.
 Nel 1985 un terremoto distrusse l'hotel che si trovava sul sito degli attuali scavi: è in quell'occasione che si notarono le tracce degli antichi edifici.

 Fonte: focus.it
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