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martedì 17 marzo 2015

Il castello Nido di rondine


Nido di rondine  è un castello decorativo vicino a Jalta, in Crimea. Fu costruito in stile neogotico fra il 1911 e il 1912 vicino a Gaspra, su una scogliera a strapiombo sul mare (40 metri di altezza) ed è opera dell'architetto russo Leonid Sherwood.
 Il castello domina il capo di Ai-Todor sul Mar Nero e sorge a poca distanza dalle rovine dell'accampamento romano di Charax.
 Nido di rondine è uno dei monumenti più visitati della Crimea ed è divenuto il simbolo della costa meridionale della penisola.


Il primo edificio sulla scogliera fu costruito per un generale russo nel 1895 circa.
 La prima struttura era un cottage in legno chiamato romanticamente il "Castello dell'Amore".
 Successivamente la proprietà del cottage passò a A. K. Tobin, un medico della Corte dello zar. 
 Nel 1911 il barone von Steingel, un nobile tedesco del Baltico che aveva fatto fortuna estraendo petrolio a Baku, acquistò il cottage di legno e nell'arco di un anno lo sostituì con l'edificio attuale.
 Il gotico scozzese e lo stile neomoresco erano stati introdotti in Crimea negli anni 1820 da Edward Blore, l'architetto del palazzo di Alupka (1828-1846).
 Paragomato ad Alupka e a Koreiz, il Nido di rondine è più simile allo stile di alcuni castelli tedeschi come il Castello di Neuschwanstein, il Babelsberg di Potsdam e il Castello di Stolzenfels, sebbene l'ambientazione a picco sul mare ricordi piuttosto la torre di Belém a Lisbona.
 Nel 1914 von Steinheil vendette l'edificio a P. G. Šelaputin per farne un ristorante.
 Per breve tempo dopo la Rivoluzione russa, il castello fu usato solo come attrazione turistica. Negli anni trenta, l'edificio fu utilizzato come sala di lettura della vicina colonia marina "Žemčužina"


Nel 1927 il castello Nido di rondine sopravvisse ad un grave terremoto di intensità fra 6 e 7 della scala Richter.
 L'edificio non fu danneggiato, ad eccezione di alcuni dettagli decorativi che caddero nel mare insieme con una piccola parte della scogliera.
 Tuttavia nella scogliera si aprì una vasta crepa e per i successivi quarant'anni il castello fu chiuso al pubblico.
 Il rinnovo e il restauro del castello furono intrapresi nel 1968. 
Il progetto prevedeva il restauro di una piccola porzione del castello e l'aggiunta di una soletta di cemento per rinforzare la scogliera.


L'edificio ha dimensioni piuttosto ridotte (lunghezza di 20 m e larghezza di 10 m). 
Il progetto originale prevedeva un ingresso, una stanza per gli ospiti, una scala per la torre e due camere su differenti livelli nella torre.
 L'interno della stanza per gli ospiti è decorato con pannelli di legno, mentre le pareti delle altre stanze presentano stucchi e dipinti. 
Un balcone panoramico circonda l'edificio, con una magnifica vista sul mare e sulla distante costa di Jalta.

 Fonte: wikipedia

La piramide nera "fluorescente" con l'occhio che tutto vede


È considerato uno dei più grandi misteri insoluti del terzo millennio. 
 Si tratta di una Piramide ricavata da una pietra nera, decorata con i simboli attribuiti alla setta degli Illuminati di Baviera (17° secolo d.C.). 
 La piramide, infatti, presenta incise tredici file di mattoni, su cui si staglia l’enigmatico “occhio che tutto vede”, tutto molto simile alla piramide che compare sulla banconota americana da un dollaro. Nulla di strano, se non fosse per il fatto che la reliquia presenta alcuni caratteri incisi in quelli che sono stati riconosciuti come appartenenti all’alfabeto pre-sanscrito, ovvero la lingua matrice del sanscrito in uso circa 4 mila anni fa. 
 Dunque, come è possibile coniugare nello stesso oggetto un simbolo del 18° secolo con un’iscrizione del 3°-4° millennio a.C.? Le decorazioni “massoniche” sono state realizzate in un secondo momento?
 Oppure, la Piramide Nera indica che la tradizione degli “illuminati” è molto più antica di quanto si pensi?
 È possibile che gli aderenti a questa setta siano in possesso di conoscenze occulte risalenti al passato remoto dell’umanità e che facciano riferimento agli “antichi dei” che discesero sulla Terra? 

Grandi domande, per poche risposte disponibili. 

 Il ritrovamento della Piramide Nera si deve all’ingegnere Elias Sotomayos, il quale, tutt’altro che interessato a misteriosi reperti archeologici, era impegnato in una corsa all’oro nella giungla di La Manà, Ecuador.
 Nel corso della spedizione, il cercatore d’oro si imbatté in un tunnel che si addentrava per più di 100 metri nelle viscere delle montagne ecuadoregne, fino ad arrivare in una camera con più di 300 reperti di origine sconosciuta, tra cui figurava la Piramide Nera. 
 Altre ai mattoni incisi e alla scritta in pre-sanscrito, la piramide presenta un ulteriore componente interessante: un occhio intarsiato alla sommità della piramide realizzato con un misterioso materiale che si mostra fluorescente quando illuminato da luce ultravioletta, così da brillare come un occhio vero.
 Tuttavia, secondo il ricercatore austriaco Klaus Dona, cercatore di “oggetti fuori posto” (Ooparts), l’occhio sulla piramide non sembra umano; l’intento della fluorescenza era forse quello di renderlo come “occhio divino”, illuminato e illuminante.

La Piramide Nera, sotto la base, presenta un altro affascinante dettaglio: un intarsio piatto realizzato con poco oro che riproporrebbe la disposizione delle tre stelle della Cintura di Orione.


Inoltre, sempre sulla base, sono incisi cinque simboli che secondo il professor Kurt Schildmann (1909-2005), uno dei linguisti più esperti al mondo e presidente dell’Associazione Linguistica Tedesca, sarebbero caratteri dell’alfabeto pre-sanscrito, una lingua molto più antica del sanscrito, di cui sarebbe la matrice.
 Il professor Schildmann è riuscito a decifrare la scrittura, ottenendo questa traduzione: 
 “Il Figlio del Creatore viene da qui…”

 Molte antiche pietre e manufatti in terracotta presentano la stessa scrittura, nonostante siano stati scoperti nei più disparati angoli della terra: Ecuador, Colombia, Illinois, Francia, Malta, Australia e Italia.


«Questo significa che un tempo questa scrittura esisteva in tutto il mondo, e che ci deve essere stata una grande civiltà globale più antica del sanscrito, precedente ai 6 mila anni fa», commenta Dona. «Il professor Schildmann mi disse che questa scrittura somiglia alla scrittura dell’Indo e a quella trovata sull’Isola di Pasqua. 
Come lui stesso mi spiegò, è una lingua più antica del sanscrito. Fu lui a battezzarla “pre-sanscrito”». 

 L’artefatto di La Manà davvero potrebbe essere il più grande segreto mai scoperto, il quale suscita una serie di domande inquietanti: chi è il “Figlio del Creatore”? Veniva da Orione? Perché i massoni utilizzano la Piramide Nera come loro icona?
 C’è un legame che travalica i millenni tra gli dèi che governavano il mondo, Atlantide e i componenti della setta degli Illuminati?
 Gli illuminati, sono i discendenti degli “dèi” che ancora governano il mondo dietro le quinte? 

 Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it/

Rosa di Jericho: cos'è, a cosa serve e come prendersene cura


La Rosa di Jericho è originaria della Terra Santa. 
Fu portata in Europa dai crociati e dai pellegrini, accompagnata da numerose leggende. La più diffusa riguarda la capacità della Rosa di Jericho di donare ai pellegrini acqua dissetante per sostenerli lungo il cammino. 
In Europa si pensa che possedere la Rosa di Jericho ed ospitarla nella propria casa sia in grado di attirare la felicità tra le mura domestiche.

 La Rosa di Jericho appartiene a una categoria di piante di origine desertica. E' un simbolo di lunga vita e bellezza, oltre che di serenità. 
Tali varietà vegetali vengono chiamate "piante della resurrezione". Queste piante si chiudono a riccio quando vengono private d'acqua e si aprono e rinverdiscono quando vengono dissetate. 

La Rosa di Jericho è utile per assorbire il fumo e i cattivi odori in casa e per profumare le stanze in modo naturale. 

La Rosa di Jericho a prima vista è un bulbo apparentemente senza vita. Ma nel corso del tempo si aprirà dischiudendo completamente i suoi rami e assumerà un bel colore verde. 
Per permettere alla Rosa di Jericho di fiorire la dovrete posare in una ciotolina o in un sottovaso con mezzo centimetro d'acqua fredda, tiepida o anche calda.



La temperatura dell'acqua determinerà la tonalità di verde che la vostra Rosa di Jericho potrà assumere.
 In breve tempo vedrete la vostra Rosa di Jericho rifiorire e mostrare foglie e rametti. Sarà pronta per aiutarvi a contrastare i cattivi odori senza ricorrere ai deodoranti per ambienti comunemente in vendita.
 Dovrete imparare a rispettare il ciclo della pianta. Non lasciate la Rosa di Jericho in acqua per più di 2 o 3 giorni consecutivi. Controllate che l'acqua irrori bene tutte le radici.
 A questo punto potrete far asciugare di nuovo la Rosa di Jericho. Toglietela dall'acqua e vedrete che si seccherà completamente. Ritornerà in uno stato di riposo e riprenderà una forma molto simile a quella che aveva al momento dell'acquisto.
 Potrete decidere di conservarla disidratata a lungo o di rimetterla in acqua dopo 15-20 giorni per rivederla fiorire.
 Ciò perché la Rosa di Jericho è originaria di luoghi aridi, dunque è abituata a sopravvivere anche senz'acqua. Può vivere senza acqua e senza terra anche per anni. 
Le donne beduine bevono l'acqua della Rosa di Jericho perché pensano abbia proprietà curative, come la capacità di alleviare i dolori.
 In Europa in Italia l'utilizzo principale resta comunque quello di prevenire e assorbire i cattivi odori degli ambienti domestici. 

Nel suo ambiente naturale, il ciclo vitale della Rosa di Jericho si conclude all'inizio della stagione secca, quando la pianta disidratandosi ripiega i rami in una massa sferoidale compatta. Questo protegge i semi e ne previene una dispersione prematura.
 I semi dormienti possono rimanere vitali per anni. 
Seguendo il ciclo di apertura e chiusura la Rosa di Jericho durerà molto a lungo. 
Alcuni pensano che la Rosa di Jericho possa vivere in eterno. 

 Marta Albè

Gioielli con artigli d'aquila in un sito Neanderthal della Croazia


Mammut, bisonti, rinoceronti lanosi: tra tutti gli animali abbattuti dai Neanderthal, il più temibile non era probabilmente cacciato per procurarsi del cibo. 
O almeno, non solo: otto artigli d'aquila bucati e lavorati a guisa di gioielli sono stati rinvenuti in un sito Neanderthal della Croazia. 

 I reperti antichi di 130 mila anni, erano stati scoperti più di un secolo fa dal geologo Dragutin Gorjanović-Kramberger, in un riparo roccioso nei pressi di Krapina, nel nord della Croazia, insieme a un tesoro di resti animali, strumenti di pietra, ossa e denti Neanderthal. 
Kramberger dovette inviarli a qualcuno per un consulto, e non li vide più tornare. 
David Frayer, paleoantropologo dell'Università del Kansas, li ha rivisti un anno fa nel Museo di Storia Naturale di Zagabria, e descritti in un articolo appena pubblicato su PLoS ONE. 

 Gli artigli appartengono a un'aquila di mare (Haliaeetus albicilla) il più grande predatore dell'aria d'Europa, con un'apertura alare di 2 metri. 
«Sono uccelli potenti - dice Frayer - ci vuole una certa dose di coraggio, ma anche di incoscienza, per acciuffarne uno».


Piume e artigli di rapaci sono stati rinvenuti in altri siti Neanderthal prima d'ora: alcuni, meno lavorati, sono stati ritrovati in alcune grotte a Gibilterra. 
 Ma quelli di Krapina sono il tesoro - o forse è meglio dire, la parure - più completa e antica mai ritrovata, con reperti appartenenti ad almeno tre uccelli diversi. 
Presentano tacche volutamente intagliate, sfaccettature create ad hoc, e tagli - presumibilmente quelli effettuati per staccarli dalla zampa - smussati. 
Molti sembrano quasi essere stati lucidati.
 Insomma una "bigiotteria" raffinata, che confermerebbe l'esistenza di un pensiero simbolico (la capacità di vedere un oggetto come rappresentazione di qualcosa e non solo come un utensile pratico) già da prima dello sviluppo dei Sapiens. 

 Fonte : focus.it
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