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sabato 2 novembre 2013

Norah Jones - Don't Know Why

Il borgo medioevale di Torino


Il Borgo Medievale è un museo a cielo aperto che sorge lungo le rive del fiume Po, nel parco del Valentino a Torino.
 Entrarvi, attraverso il ponte levatoio, vuol dire viaggiare nel tempo e nello spazio, abbandonare la città del XXI secolo per trovare un momento di serenità tra portici, fontane, botteghe artigiane, giardini e un castello che ti guarda dall’alto della sua mole imponente.


All’interno delle mura merlate,le costruzioni del Borgo si susseguono lungo la via maestra, in un percorso estremamente suggestivo.
 Esse ripropongono edifici piemontesi e valdostani, accostati a costituire un nucleo abitato animato dalle botteghe artigiane.


Dalla fontana alla tettoia del forno per il pane, dal laboratorio del maniscalco, all’Ospizio per accogliere i pellegrini. 
Sotto il portico della Casa di Bussoleno è allestita una cartiera, ove l’antica pila a magli sfilaccia gli stracci per la carta.


La rocca


Costituisce il punto focale, elevato rispetto al percorso del Borgo. E’ la dimora signorile fortificata, con stanze sontuose ricche di mobili, suppellettili, tessuti, a mostrare gli usi di vita del Quattrocento. Le corazze, le armi, i passatempi lasciati nel camerone degli uomini d’arme, la sala da pranzo, la cucina, offrono una idea davvero “palpitante e parlante” di un castello sabaudo del XV secolo. Oltrepassata la sala del trono, ove sfilano i Prodi e le Eroine, la camera da letto colpisce per il grande baldacchino dalle cortine ricamate; la cappella chiude il percorso.


Il giardino

 Attraverso la tettoia delle armi da assedio, si accede al Giardino delle delizie, ricco di piante da fiore, al Giardino dei “rimedi semplici”, coltivato ad erbe aromatiche e medicamentose, e all’Orto, con il capanno per ricoverare gli attrezzi.


Un po’ di storia…

 Il Borgo Medievale al Valentino nacque nel 1884 quale Sezione di Arte Antica dell’Esposizione Generale Italiana di Torino, per riprodurre un borgo feudale del XV secolo. 
Gli edifici, le decorazioni e gli arredi furono riprodotti fedelmente da esempi piemontesi e valdostane del Quattrocento. 
Nella commissione incaricata dello studio e progettazione del castello furono chiamati a collaborare storici, tecnici, conoscitori e artisti, tra cui l’architetto Alfredo D’Andrade
 Il Borgo Medievale è adagiato con naturalezza sulle rive del Po.


L’atmosfera che si respira fra le sue case è semplice, tutto è studiato per apparire assolutamente “vero”.
 Grande cura e perizia furono posti nella scelta dei particolari costruttivi e vennero messi in atto tutti gli espedienti per ricevere il visitatore ed immetterlo in un mondo diverso rispetto all’ambiente circostante 
 L’unica strada del villaggio si sviluppa tutta a zig-zag per apparire più lunga e offrire sempre nuovi scorci al visitatore; il gorgoglio della fontana posta vicinissima al ponte levatoio segna uno stacco acustico per chi entra nel Borgo; le botteghe danno l’illusione di un villaggio vivo, vissuto, mentre molte discussioni si accesero all’interno della Commissione circa l’opportunità o meno di inserire personaggi in costume o manichini all’interno della Rocca.
 L’intento di creare un luogo pittoresco e illusivo non era però l’unica finalità che si ponevano gli ideatori del Borgo, anzi. I loro scopi erano innanzitutto didattici, educativi, di tutela del patrimonio storico-artistico piemontese e valdostano. In particolare – come si legge nel Catalogo – interessava dimostrare che cos’è uno stile (nello specifico lo stile gotico) e come esso permei di sé tutti gli aspetti della vita materiale di un’epoca; salvaguardare la qualità dell’artigianato tradizionale; incentrare l’attenzione su un patrimonio architettonico e decorativo del territorio pedemontano, che già all’epoca si avvertiva in pericolo per le rapide trasformazioni portate dalla produzione industriale.


Sulla via che percorre il villaggio si aprono alcune botteghe che sono le eredi delle attività artigianali introdotte nel Borgo fin dal 1884.
 La presenza delle botteghe era finalizzata a valorizzare l’artigianato tradizionale di qualità in un momento in cui l’avviato processo di industrializzazione ne metteva in forse la sopravvivenza. All’inaugurazione del Borgo vi erano la bottega del vasaio, della tessitrice, dello speziale, del falegname, del fabbro, del ramaio, la bottega in cui si riproducevano oggetti artistici, l’”Osteria all’usanza antica” (con cibi medievali) e “l’Osteria all’usanza moderna” (con cibi contemporanei). 
Oggi sono presenti le botteghe del ferro, la stamperia e un negozi di souvenir.

Storia del cammeo


L'incisione su cammeo è un'arte che affonda le sue radici lontano nella storia. Ogni cammeo è un lavoro di scultura in miniatura, amato dai collezionisti sin dal IV secolo a.c. I cammei antichi rivelano le maniere, le usanze, le filosofie, le credenze, eventi sociali e storici che hanno marcato il nostro passato. Solo di recente abbiamo associato il nome "cammeo" con i profili di belle donne, qualche volta incisi male, prodotti solo per soddisfare i gusti dei consumatori. Infatti la gamma di soggetti ancora da incidere su cammeo è enorme. Di seguito è descritto lo sviluppo del cammeo dal suo inizio ai giorni moderni. 
Una storia affascinante.


La prima pietra incisa conosciuta risale al 15.000 a.c., dove incisioni rupestri venivano eseguite nella roccia per ricordare e comunicare. Questo sviluppo di simboli rappresentava idee e geroglifici, che ricordavano eventi in forma pittorica. 
La scrittura e tutte le altre forme d'arte discendono da queste prime rudimentali forme di comunicazione. 
Il passo successivo prima di arrivare al cammeo, sono i sigilli. Alcuni esempi di essi risalgono al periodo che va dal 3000 al 4000 a.c., fatti in una varietà di materiali come legno, avorio e pietra. L'iscrizione o l'intaglio era impresso su una superficie soffice come argilla o cera per sigillare una lettera, un contenitore o una caraffa. Fin quando i sigilli fossero rimasti intatti i contenuti sarebbero stati al sicuro. 
Gli stessi sigilli erano indossati come amuleti, o portafortuna per proteggere chi li indossava contro il demonio. Il più noto degli antichi sigilli è lo scarabeo egiziano. 
L'immagine dello scarabeo era incisa sulla sommità tondeggiante di una pietra, e la base piatta era incisa con simboli per la buona fortuna, preghiere per la morte, sortilegi e nomi.
 Gli antichi scarabei erano incisi sulla steatite, alabastro e serpentina. In seguito tali sigilli furono eseguiti anche in ceramica. Solo quando furono costruiti i primi macchinari essi furono realizzati nel più duro calcedonio, corniola e onice.


A dispetto delle enormi produzioni di massa, i lavori degli egiziani non mancavano di creatività. 
I fenici, etruschi, greci e romani svilupparono l'arte delle gemme incise al punto che i loro sigilli divennero oggetti da collezione. La civilizzazione micenea in Grecia, Creta e Cipro raffinò il mestiere ad uno standard elevato, ma nel XII secolo a.c. Micene cadde, e l'arte dell'incisione sulle gemme declinò fino a scomparire quasi del tutto. Rinacque grazie ai Greci fra l' XI e l' VIII secolo a.c. ma gli artigiani non avevano i macchinari necessari come gli antichi egiziani, quindi dovevano lavorare la dura pietra a mano.
 A partire dall'età dell'oro, dal V al IV secolo a.c., gli incisori greci superarono per bravura gli incisori micenei. Infatti loro lavoravano su pietre dure preziose e semipreziose, selezionando tali pietre per colore e per la capacità di filtrare la luce. Usavano il calcedonio, il diaspro, la corniola, il turchese e la malachite.


Poi, nel III e II secolo a.c., il cammeo, l'incisione in bassorilievo, fu sviluppata in seguito all'introduzione di materiali multicolorati e a più strati come la sardonica proveniente dall'India e dall'Arabia, all'inizio considerate pietre sintetiche.
 I romani cominciarono ad utilizzare macchinari semplici per l'abbozzo e infine incidevano i dettagli a mano utilizzando i primi bulini realizzati in bronzo o ferro.
 Sebbene i miti e le leggende antiche erano ancora usati come soggetti da incidere, i ritratti trovavano un loro spazio nel repertorio dell'incisione su cammeo. Anche uomini famosi come Alessandro il Grande erano ritratti come divinità classiche. 
Come in ogni arte, il talento degli artisti variava, c'erano bravi e cattivi esempi d'incisione e intaglio, alcuni dei quali erano usati per la gioielleria.

Il più importante lavoro di bassorilievo in sardonica di quel periodo è la tazza farnese, che prende il nome dalla famiglia che l'acquistò nel XV secolo d.c.
 Fatta circa 150 anni prima della nascita di Cristo, la sua interpretazione è ancora discussa. Alcuni la ritengono opera alessandrina di età ellenistica, usata per cerimonie rituali alla corte egizia.
 Le immagini rappresenterebbero Cleopatra III, il marito Tolomeo VIII (morto nel 116 a.C.) e il figlio Tolomeo X Alexandros; secondo altri, invece, vi è rappresentata Cleopatra VII, ultima regina d'Egitto, sconfitta da Ottaviano nel 31 a.c.
 Secondo una diversa ipotesi, la figura femminile centrale sarebbe Iside, simbolo dell'Egitto, assimilata a Demetra, dea delle messi e della natura feconda; a sinistra vi sarebbe Osiride, assimilato ad Ade/Plutone, con la cornucopia simbolo dell'abbondanza; ma potrebbe anche trattarsi della personificazione del Nilo; al centro Horus/Trittolemo, simbolo del sole nascente, con il giogo dell'aratro e il sacco delle sementi; a destra due figure femminili, personificazioni delle Stagioni. In alto si librano in volo due giovani, uno dei quali soffia nella buccina, a rappresentare i venti estivi che provocano le inondazioni del Nilo. La raffigurazione nel suo complesso sarebbe dunque un'allegoria della prosperità del regno tolemaico d'Egitto. Sotto la tazza è rappresentata la testa della medusa Gorgone, con i serpenti fra i capelli.


Dopo la morte di Alessandro Magno, il potere passò dai greci ai romani, e molta dell'arte, della letteratura e della filosofia greca divenne parte della cultura romana. 
L'arte del cammeo divenne molto più importante, e i cammei furono utilizzati ampiamente nella gioielleria, così come quelli più grandi venivano usati per ritratti e per decorare case di famiglie ricche. 
Centinaia di artigiani greci vennero in Italia per soddisfare la richiesta di cammei di ogni genere. E ancora, gli artigiani non erano dotati tutti delle stesse capacità, e tutte le qualità di incisione da quella eccezionale a quella mediocre possono essere viste in questo periodo. 
Un ottimo esempio di incisione di questo periodo si può vedere nella Gemma Augustea, incisa in onore dell'imperatore Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto


e il Gran Cammeo di Francia, inciso da Dioskourides nel 25 a.c. (misura 31cm di altezza per 26,5cm di larghezza).


Poi giunsero i Secoli Bui, quando Roma e le antiche civilizzazioni caddero sotto le conquiste barbariche. La religione cristiana scoraggiò l'idolatria, che includeva lavori artistici, specialmente sculture, in quanto i cristiani non avrebbero più dovuto seppellire i loro oggetti con la loro morte.
 I Secoli Bui dell'incisione su cammeo iniziarono; le conoscenze in merito a tale arte furono ancora una volta perdute e l'avvicinamento alle arti negato. Alcune conoscenze riguardo l'arte dell'incisione furono conservate attraverso i monaci e l'incisione cominciò ad apparire di nuovo su dittici e trittici, due o tre pannelli di legno o avorio inciso. Questi rappresentavano per lo più soggetti religiosi. Dal rinascimento in poi ci fu un nuovo interessamento al classicismo e furono riutilizzati per i cammei tutti i miti e le leggende antiche dagli incisori di quel periodo. 

 Gradualmente, le conoscenze antiche furono riabilitate, e si pensa che un uomo di mare proveniente dal golfo di Napoli avesse cominciato ad incidere su conchiglie marine durante un lungo viaggio per mare. Erano lavori che si avvicinavano più all'intaglio che all'incisione vera e propria, così iniziò la tradizione dell'incisione su conchiglie che hanno la struttura a strati, richiesta per tale lavorazione. 
Solo nella metà del XVIII secolo le esplorazioni rivelano nuove varietà di conchiglie. Le Cassis Tuberosa dall'ovest delle indie le Strombus Gigas dalle Bahamas. Questo incrementò il numero di cammei incisi su conchiglia. Le conchiglie di strombo si incidono molto bene, ma il loro colore si schiarisce nel tempo.
 Le migliori conchiglie, oggi, sono considerate quelle del Madagascar, Bahamas e sud Africa e sono le Cassis Madagascarensis.
 Tali conchiglie si differenziano dalle altre in quanto hanno un forte contrasto fra lo strato superiore che è bianco e quello inferiore che nel migliore dei casi risulta essere di un marrone molto bruno che va quasi al nero.


Si ritiene che in Inghilterra sia stata Elisabetta I a introdurre l'abitudine di regalare un cammeo pendente o a spilla, come regalo. La popolarità del cammeo giunse al culmine nel XVIII secolo e artisti da tutto il mondo andavano a Roma o Firenze per ricevere insegnamenti nell'arte dell'incisione. Vennero realizzate copie fraudolente di lavori di altissimo livello e la produzione di massa riportò il cammeo a una qualità più povera.
 La regina Vittoria era ben nota per il suo amore verso i cammei e durante il suo regno la popolarità dei cammei raggiunse di nuovo il culmine.


Oggi i cammei sono ancora venduti come oggetti di gioielleria. Ci sono sempre meno incisori artisti. Esistono ancora dei magnifici lavori, ma purtroppo si realizzano cammei in produzioni di massa e a prezzi molto economici per soddisfare le richieste del turista e degli acquirenti poco interessati all'arte del cammeo. 

 "Considero l'incisione su cammeo un'arte speciale che si colloca fra la scultura e la pittura" "...un vero cammeo possiede il senso della tridimensionalità che è tipico della scultura, mentre le sfumature che si possono ottenere sono tipiche della pittura.

Agostino Centobelli

http://www.agoscentobelli.com/

Enrico Pesce, Music: 02/11/2013 Sabato mattino... PENSIERI SERI... Io n...

Enrico Pesce, Music: 02/11/2013 Sabato mattino... PENSIERI SERI... Io n...: Buon giorno... Inizio questo POST facendo un'affermazione che potrebbe rendermi impopolare: io non vado al cimitero il giorno d...


Se non avessi trovato questo pensiero, ne avrei formulato uno simile, certo non raggiungendo l'intensità e la poesia di questo.
Condividendone  appieno il concetto sostanziale, poiché anche io considero il corpo null'altro che un involucro atto al nostro viaggio di transizione su questo pianeta.
Il corpo è deperibile L'energia (anima,spirito, alito vitale,essenza) no è eterna.
L'amore che ognuno di noi ha per i suoi cari defunti è un sentimento che trascende la loro morte, li portiamo dentro di noi, fino alla fine.
Stabilire un giorno per commemorarli è anche secondo me una convenzione.

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