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lunedì 8 settembre 2014


Prima di Stonehenge Isole Orcadi 5000 anni fa

Oltre 5.000 anni fa, agricoltori e pastori delle remote isole Orcadi, in Scozia, decisero di erigere qualcosa di molto grande, per scopi ancora misteriosi.



"Avevano la tecnologia dell’Età della pietra, ma erano proiettati millenni più avanti.
Cinquemila anni fa gli antichi abitanti delle Orcadi - un arcipelago verde e fertile a nord dell’odierna Scozia - costruirono un complesso di edifici monumentali completamente diverso da qualsiasi cosa avessero fatto prima. Dopo aver estratto da una cava migliaia di tonnellate di arenaria a grana fine, averla tagliata e trasportata per diversi chilometri fino a un verde promontorio che dominava il paesaggio circostante, eressero, con impeccabile perizia tecnica, mura imponenti degne dei centurioni romani che, circa 3.000 anni dopo, avrebbero realizzato il Vallo di Adriano in un’altra parte della Gran Bretagna.
All’interno della cinta muraria costruirono un gran numero di edifici, tra cui una delle più grandi strutture coperte edificate nella preistoria del nord Europa, lunga più di 25 metri e larga 19, con muri spessi 4 metri.
All’interno del complesso c’erano strade pedonali pavimentate, incisioni in pietra, facciate dipinte, perfino tetti con tegole in pietra, un’insolita stravaganza in un periodo in cui le coperture erano generalmente fatte di zolle d’erba, pelle di animali, paglia o canne".



Nell'età della pietra la vita nelle isole Orcadi era molto più sofisticata di quanto si immaginasse. Le case di Skara Brae, il villaggio neolitico meglio conservato d'Europa, erano molto ben costruite e contenevano focolari di pietra, letti e armadi.
I siti e i manufatti sono stati fotografati col permesso di Historic Scotland



Nel 1958 un contadino scoprì per caso la Tomba delle Aquile. Costruita 5.000 anni fa, conteneva più di 16.000 ossa umane e artigli di aquila di mare dalla coda bianca.



Secondo gli archeologi, questa pietra decorata era forse l'architrave di un tumulo funebre.



La tomba più grande delle Orcadi, Maes Howe, è allineata con il sole al tramonto della vigilia del solstizio d'inverno. «Le Orcadi sono fondamentali per lo studio e per la comprensione della religione del Neolitico», dice il direttore degli scavi Nick Card.



La costruzione della tomba di Maes Howe, alta più di 7 metri e dal diametro di 35, richiese migliaia di ore e personale specializzato in diverse discipline.
(dall'articolo di Roff Smith pubblicato su National Geographic Italia di agosto 2014)

Il tri-ciclope



Fotografia di Stephen Moore, Gerhard Scholtz

Ha tre occhi, due nasi e un'antenna... cos'è? È un esemplare unico del granchio Amarinus lacustris, scoperto in Nuova Zelanda e descritto sulla rivista Arthropod Structure & Development. Il granchio “tri-ciclope” è frutto di un pasticcio genetico; ha alcune caratteristiche di un gemello siamese e un tentativo di rigenerazione (l'antenna al posto di un occhio).
Le stranezze che si verificano in natura sono spesso per gli studiosi un prezioso strumento di ricerca. "Le anomalie naturali ci consentono di vedere cosa è possibile”, spiega Gerhard Scholtz della Università Humboldt di Berlino, responsabile dello studio sullo strano granchio.
Studiare queste bizzarrie “equivale a imparare dagli errori.
Le qualcosa va storto, e se ne comprendono i meccanismi, si comprendono anche cause e meccanismi dello sviluppo normale”. Alcune mutazioni genetiche possono essere fatali, altre invecesi fissano perché rappresentano un vantaggio competitivo, cioè aumentano le possibilità di sopravvivenza della specie.
Ma la genetica non è la sola responsabile di queste creature anomale. Anche il processo di sviluppo può incepparsi, provocando a volte effetti a cascata.

I MISTERIOSI CREATORI DELLE TESTE DI LYDENBURG


Nel 1957, Ludwig von Bezing era un ragazzo di più o meno dieci anni quando scoprì i primi pezzi di quelle che sono conosciute come Teste di Lydenburg.
 Ludwig stava giocando sul campo della fattoria di famiglia, nei pressi di Lydenburg, in Sud Africa, quando trovò alcuni pezzi di terracotta che prontamente raccolse.
 La scoperta sviluppo nel giovane Von Bezing l’interesse per l’archeologia e torno più volte sul luogo dove aveva trovato i primi pezzi. 
 Tra il 1962 e il 1966, il giovane ha spesso visitato la Valle di Sterkspruit per raccogliere i pezzi di argilla e ricostruire le sette enigmatiche Teste di Lydenburg. 
Von Bezing non trovò solo le sette teste, ma anche frammenti di vasi, perline di ferro e rame, uova di struzzo e pezzi di osso. 

Attraverso la datazione al radiocarbonio si è appurato che le maschere di terracotta risalgono almeno al 600 d.C., realizzate dai primi gruppi umani dell’Età del Ferro dell’Africa australe. 
Gli scavi suggerirono che le teste non furono semplicemente abbandonate, ma deliberatamente bruciate e sepolte.


I reperti di Lydenburg formano una collezione costituita da due grandi teste e cinque teste più piccole.
 Le teste più piccole mostrano la fronte curva e la parte posteriore del collo. Intorno al collo, le teste piccole presentano due o tre anelli incisi orizzontalmente, con un anello di argilla sulla fronte e sopra le orecchie.
 Sulle due teste più grandi, un paio di file di sferule di argilla indicano la decorazione dei capelli.
 Una delle teste ha il muso di un cane, ed è l’unico esemplare a mostrare le fattezze di un animale. 

 Poco si sa delle persone che le hanno realizzate, ma la cura con cui sono state sepolte suggerisce che le maschere avessero un grande valore.
 Anche l’utilizzo delle teste è avvolto nel mistero.
 Le teste mostrano cicatrici intenzionalmente create per formare disegno sulla pelle, sulla fronte, sulle tempie e tra gli occhi. 

Secondo la descrizione riportata sul sito del Metropolitan Museum of Art, le due maschere più grandi avrebbero potute essere indossati come caschi.
 Esse si differenziano dalle teste più piccole per la presenza di figure animali in bilico sulla loro sommità.
 Le altre teste, troppo piccole per essere indossate, mostrano una serie di piccoli fori su entrambi i lati che potrebbero essere stati utilizzati per il fissaggio su un qualche tipo di supporto.


Per una serie di motivi, è stato ipotizzato che le teste venissero utilizzate nei riti di iniziazione, forse indossate dall’iniziato. Interessante la presenza di specularite, una varietà dell’ematite, posta strategicamente sulle maschere, in modo tale da far brillare parti in rilievo come le sopracciglia. 
 Questa caratteristica è citata come una possibile indicazione sul fatto che le teste venissero utilizzate nelle cerimonie pubbliche. Naturalmente, niente di tutto ciò può essere affermato con certezza e l’uso e il significato delle teste rimangono oggetto di congetture. 

 Tratto da: ilnavigatorecurioso.it

La banca mondiale dei semi


Lo Svalbard Global Seed Vault è una gigantesca cassaforte nel mezzo dei ghiacciai a mille chilometri dal Polo Nord, nelle isole Svalbard (in Norvegia): le risorse conservate in questi bunker protetti da ogni catastrofe immaginabile sono tra le più preziose del mondo.
 Non opere d'arte, pietre rare o metalli preziosi, ma semi: riso, grano, fagioli, sorgo, melanzane, patate. Tutto ciò che si può piantare e, ancora di più, tutto ciò che si deve conservare per la biodiversità.
 In Norvegia ci sono centinaia di migliaia di sementi blindate e conservate a 18 gradi sotto zero, per garantirne la sopravvivenza anche in caso di guerra o cataclisma. 
A quella temperatura - assicurano gli esperti - i semi possono sopravvivere per migliaia di anni (anche 20 mila).


Il progetto globale della banca dei semi (o banca del germoplasma) è promosso e finanziato dal governo norvegese e sostenuto dalla Fao, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura. Ma in caso di una qualche catastrofe, non saranno le sole risorse capaci di garantire la sopravvivenza: in molti Paesi c'è infatti una "banca nazionale" per i semi o almeno una rete di istituti che provvedono alla conservazione dei semi, per lo più nelle università e nei centri di ricerca.
 Questo è anche il caso dell'Italia, che ha banche dedicate quasi in ogni regione, anche se nel nostro Paese - dov'è da sottolineare la cronica scarsità di finanziamenti per scienza e ricerca - nel 2012 una serie di problemi burocratici ha messo a rischio il patrimonio della Banca del Germoplasma di Bari.
 In breve, l'istituto, che conservava 84.000 campioni appartenenti a più di 60 generi e 600 specie di piante coltivate e specie selvatiche minacciate da "erosione genetica" o estinzione, ha avuto difficoltà a mantenere operative le celle frigorifere, con conseguenze ancora tutte da chiarire. 

 Da: focus.it

Tulou: le case circolari degli Hakka nate per creare comunita' autosufficienti


Tulou, le case circolari degli Hakka, a metà tra le corti di una volta e il co-housing.
 Guerre e conflitti spesso provocano la distruzione delle case e delle costruzioni architettoniche dei Paesi coinvolti, ma possono anche portare ad una vera e propria rinascita e dare vita a nuove costruzioni che definiscono l'identità culturale dei popoli e dei loro luoghi.

La popolazione degli Hakka fu coinvolta in scontri armati per l'approvvigionamento delle risorse primarie fin dal 17esimo secolo. Per porre rimedio alla loro situazione, gli Hakka iniziarono a costruire strutture massicce che permettessero loro non soltanto di allontanare gli intrusi, ma anche di formare comunità autosufficienti, che comprendessero lo spazio per la conservazione degli alimenti, per l'abitazione, per i templi e per il bestiame. 

Gli Hakka sono una popolazione cinese dell'etnia Han. Vivono nella Cina meridionale, tra le province di Guangdong, Jiangxi, e Fujian.
 I loro antenati probabilmente provenivano dalla Cina centrale e, attraverso flussi migratori, si trasferirono nel sud-ovest della Cina, in particolare nella provincia montana di Fujian.
 Hanno formato delle comunità e abitazioni speciali note con il nome di Tulou, che si caratterizzano per la presenza di fortezze di forma circolare o quadrata. La strutture di solito avevano un solo ingresso e finestre posizionate verso il suolo.
 Ogni comunità nel proprio edificio poteva resistere ad un assedio prolungato, poiché le abitazioni erano attrezzate con scorte di cibo e fonti interne di acqua. Inoltre spesso erano presenti sistemi fognari fortificati. 
Queste case circolari sono state costruite con mattoni di pietra o più spesso con terra battuta. 
Hanno muri spessi fino a 6 metri ed hanno un altezza pari a 3 o 4 piani. Alcune strutture hanno una superficie davvero straordinaria, pari a centinaia di metri quadrati, e risultavano in grado di ospitare fino a 80 famiglie.


I Tulou, che significa "costruzioni di terra", sono considerate abitazioni contadine collettive e residenze tradizionali tipiche del popolo degli Hakka. Al centro si trovava un cortile di cui le famiglie ususfruivano in comune.




I Tulou sono delle vere e proprie testimonianze dell'efficienza, dei valori e dei benefici che possono derivare da uno stile di vita basato su abitazioni collettive.
 Nel 2008 l'Unesco ha dichiarato i Tulou Patrimonio Mondiale dell'Umanità, citando questi speciali edifici come esempi eccezionali di una tradizione che ha permesso di creare abitazioni uniche e funzionali.

 Marta Albè
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