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lunedì 15 gennaio 2024

Questa insolita spiaggia dalla sabbia viola è unica nel suo genere


 Avete mai pensato a una spiaggia viola? Esiste un luogo così particolare e si trova in California, precisamente lungo la pittoresca costa del Big Sur

Questa zona, famosa per le sue strade sinuose, cascate mozzafiato e panoramiche sull’Oceano Pacifico, ospita la singolare Pfeiffer Beach, un vero e proprio gioiello geologico.

 Big Sur è una destinazione da non perdere per ogni viaggiatore appassionato, nonostante le difficoltà di accesso dovute a tempeste e frane che talvolta interrompono la California Highway 1, l’arteria principale della regione.

Pfeiffer Beach non è solo una spiaggia qualsiasi, ma una vera rarità con la sua sabbia di colore viola, un fenomeno unico al mondo che cattura l’attenzione di visitatori provenienti da tutto il mondo. Sebbene la spiegazione scientifica di questo fenomeno non sia stata ancora confermata al 100%, una teoria popolare suggerisce che il colore viola provenga da particelle di granato di manganese provenienti dalle colline e montagne circostanti. 

La tonalità violacea della sabbia può variare a seconda del periodo in cui si visita la spiaggia, ma l’esperienza rimane incantevole in ogni momento, grazie anche alla tortuosa strada d’accesso e alla breve passeggiata dal parcheggio che offre viste spettacolari.


Pfeiffer Beach offre molto più della sua sabbia viola: è un paradiso per surfisti e un punto di partenza per gli avventurieri che desiderano esplorare il vasto Pfeiffer Big Sur State Park. 

Al tramonto, la spiaggia diventa il palcoscenico perfetto per fotografi e appassionati di selfie che cercano di immortalare la suggestiva luce che filtra attraverso la Keyhole Rock, creando scenari da sogno.

 Si ritiene che le pietre colorate presenti sulle colline sopra la costa siano la fonte del colore unico della sabbia di Pfeiffer Beach, aggiungendo un ulteriore tocco di mistero a questo luogo affascinante.

Fonte: greenme.it


domenica 14 gennaio 2024

Il luogo più surreale del mondo è una piscina di “Champagne”


 È un viaggio da fare almeno una volta nella vita, quello che conduce nelle terre selvagge della Nuova Zelanda. Con i vulcani, i geyser, i ghiacciai e i fiordi, le lande sterminate e i laghi cristallini la natura fa da padrone in quello che sembra un territorio indomabile per l’uomo.

La Terra di Mezzo del Signore degli Anelli è un concentrato di meraviglie che lasciano senza fiato e che meritano di essere scoperte una ad una. Tra queste impossibile non menzionare l’area geotermica del Wai-o-Tapu Thermal Wonderland, un parco delle meraviglie creato e gestito da Madre Natura che ogni giorno diventa il palcoscenico dei suoi spettacoli più belli.


Questa grande vasca naturale, infatti, produce migliaia di bollicine ogni secondo, regalando la sensazione di trovarsi davanti a una piscina spumeggiante fatta di Champagne. Attenzione però, perché quello che sembra vino spumante francese non può essere toccato.


Sognare a occhi aperti, ma non toccare: la piscina di Champagne di Wai-o-Tapu Thermal Wonderland è, con tutta probabilità, una delle visioni più surreali del mondo intero. Ma guai ad avvicinarci. Quella situata nell’area geotermica, per quanto suggestiva, è una piscina di origine vulcanica riempita di fluido geotermico fatto di acqua e gas.

La temperatura della champagne pool, nella sua parte più profonda, raggiunge i 260 gradi, mentre in superficie se ne misurano circa 70. Le sue origini sono antichissime e risalgono a circa 1.000 anni fa, un tempo lunghissimo durante il quale la natura ha potuto scolpire il suo più grande capolavoro.

Grazie ai minerali presenti nell’acqua e alle temperature altissime, la piscina naturale di Wai-o-Tapu Thermal Wonderland si presenta carica di contrasti cromatici incredibili. Una sorta di arcobaleno di fuoco che incanta e stupisce a ogni sguardo.

Le altissime temperature, così come la presenza dei gas come anidride carbonica, azoto, idrogeno e ossigeno, spiegano la produzione delle infinite bollicine che si scorgono sulla superficie e che hanno fatto guadagnare al lago l’appellativo di piscina di champagne. Nessun incantesimo, dunque, ma solo l’infinita bellezza e potenza di Madre Natura.

Fonte: Si viaggia

giovedì 12 ottobre 2023

Sagrada Família, ci siamo: i lavori sono quasi terminati dopo 140 anni


 I lavori di completamento della Sagrada Família, l’imponente cattedrale di Barcellona, sembrava non dovessero finire mai. E invece ora stanno per concludersi. Si stima infatti che nel 2026 sarà terminata la sesta e ultima torre centrale: dunque, la costruzione verrà terminata 144 anni dopo la posa della prima pietra.

L’imponente opera architettonica è stata progettata, tra gli altri, dall’architetto Antoni Gaudì, che subentrò a lavori già in corso nel 1882: Gaudì ne ridisegnò completamente il prospetto passando da neogotico a liberty.

La novità degli ultimi giorni riguarda un ulteriore passo in avanti verso la conclusione dei lavori: è stata posizionata sulla torre dedicata all’Evangelista Matteo l’ultima scultura mancante. In più la torre di Giovanni Evangelista è stata ultimata con la posa di una statua a forma di aquila.


Nell’annunciare queste novità, la pagina ufficiale della Sagrada Família ha reso noto che il 12 novembre si terrà una messa inaugurale nella cattedrale: per l’occasione verranno illuminate le quattro torri dedicate ai quattro Evangelisti.


La Sagrada Família, sito Patrimonio dell’Umanità Unesco, è stata consacrata, pur non essendo ancora pronta, nel 2010 da Papa Benedetto XVI, come si è soliti fare per i progetti architettonici che sono in costruzione ormai da decenni o secoli.

Il disegno iniziale dell’architetto catalano, infatti, prevedeva una struttura monumentale: 18 torri, che simboleggiavano, rispettivamente, i 12 apostoli, i quattro evangelisti, la Vergine Maria e Gesù. Come detto, manca una sola torre per segnare la fine di un cantiere che è stato avviato due secoli fa: la torre rimanente, che rappresenta Gesù Cristo, sarà alta 172 metri e sarà sormontata da una croce.

Ma perché uno degli edifici più noti al mondo ha impiegato così tanti decenni per essere concluso?

 I lavori partirono a rilento e quando Gaudì morì, nel 1926, l’opera era solo al 10/15% del completamento totale. Ci furono poi diverse interruzioni durante gli anni Trenta a causa dello scoppio della Guerra Civile spagnola: nel Novecento, inoltre, furono necessarie diverse rimodulazioni del progetto iniziali.

In pochi sanno che fino al 2019, quando il Comune intervenne per rilasciare una licenza edilizia, i lavori erano di fatto portati avanti illegalmente perché privi di autorizzazione.

 Non ci resta, dunque, che aspettare il 2026 per vedere il capolavoro modernista terminati: solo allora la Sagrada Família diventerà l’edificio di culto più alto al mondo.

Fonte: greenme.it

giovedì 5 ottobre 2023

Gobekli Tepe, uno dei luoghi più misteriosi e antichi del mondo


 Nel sud-est della Turchia, sulla cima di un altopiano calcareo chiamato Gobekli Tepe, negli anni Novanta l’archeologo tedesco Klaus Schmidt scoprì più di 20 recinti di pietra circolari, il più grande dei quali era di ben 20 metri di diametro, un cerchio di pietra con al centro due pilastri riccamente intagliati alti 5,5 metri.

I pilastri di pietra scolpita, figure umane stilizzate con le mani giunte e cinture di pelle di volpe, pesavano fino a 10 tonnellate.

Le strutture, risalenti a circa 11.500 anni, rappresentano le più antiche costruzioni monumentali conosciute dell’umanità.

Gli strumenti di pietra e altri manufatti che Schmidt e il suo team trovarono nel sito hanno mostrato che i recinti circolari erano stati edificati da cacciatori-raccoglitori che si sarebbero uniti 11.500 anni fa per scolpire i pilastri a forma di T di Gobekli Tepe con strumenti di pietra, usando come cava la roccia calcarea della collina sotto i loro piedi, abbastanza morbida da lavorare con la selce e altri strumenti di legno disponibili all’epoca.

Il sito, sosteneva Schmidt, era un centro rituale, forse una sorta di complesso di sepoltura o di culto, piuttosto che un insediamento.

Gli archeologi avevano a lungo pensato che i rituali complessi e la religione organizzata fossero “lussi” sviluppati dalla società dopo aver iniziato ad addomesticare animali e a coltivare, una transizione nota come Neolitico.

Gobekli Tepe, invece, ha capovolto quella linea temporale.

Gli strumenti in pietra del sito, supportati da datazioni al radiocarbonio, lo collocano infatti saldamente nell’era pre-neolitica


Più di 25 anni dopo i primi scavi, non esistevano ancora prove della presenza di piante o animali domestici: Schmidt riteneva che nessuno abitasse nel sito a tempo pieno e lo chiamò “cattedrale su una collina”.

Sotto la direzione del successore di Schmidt, Lee Clare, un team dell’Istituto Archeologico Tedesco ha poi scavato diverse trincee “a buco di serratura” fino al substrato roccioso del sito, molti metri sotto i pavimenti dei grandi edifici.

Ciò che Clare e i suoi colleghi hanno scoperto potrebbe riscrivere ancora una volta la preistoria.

Gli scavi hanno “a sorpresa” rivelato prove di case e insediamenti durante tutto l’anno, suggerendo che Gobekli Tepe non fosse un tempio isolato visitato in occasioni speciali bensì un fiorente villaggio con imponenti edifici al centro.

Il team ha anche identificato una grande cisterna e canali per la raccolta dell’acqua piovana, fondamentali in un insediamento sulla cima di una montagna arida, e migliaia di strumenti di macinazione per la lavorazione del grano, la cottura del porridge e la produzione della birra: un insediamento a tutti gli effetti con un’occupazione permanente.


Clare e i colleghi pensano così che Gobekli Tepe sia stato un tentativo di cacciatori-raccoglitori di aggrapparsi al loro stile di vita in via di estinzione mentre il mondo intorno a loro stava cambiando.
Prove dalla regione circostante mostrano infatti che le persone in altri siti stavano sperimentando la coltivazione e l’allevamento, una tendenza alla quale la gente di “Belly Hill” avrebbe cercato di resistere.

Clare sostiene inoltre che le incisioni rupestri del sito siano un indizio importante.
Sculture elaborate di volpi, leopardi, serpenti e avvoltoi che coprono i pilastri e le pareti di Gobekli Tepe “non sono animali che vedi tutti i giorni“, ha dichiarato. “Sono più che semplici immagini, sono narrazioni, che sono molto importanti per tenere insieme i gruppi e creare un’identità condivisa“.

Negli ultimi cinque anni, la cima della montagna alla periferia di Urfa è stata nuovamente ridisegnata.

Oggi strade, parcheggi e un centro visitatori accolgono viaggiatori da tutto il mondo.

Il Museo archeologico e del mosaico di Şanlıurfa, costruito nel 2015 nel centro di Urfa, è uno dei più notevoli musei della Turchia: conserva una replica in scala reale del recinto più grande del sito e dei suoi imponenti pilastri a T, permettendo ai visitatori di avere un’idea dei pilastri monumentali ed esaminare da vicino le loro sculture.

Nel 2018, Gobekli Tepe è stato dichiarato Patrimonio UNESCO e i funzionari del turismo turco hanno nominato il 2019 “Anno di Gobekli Tepe”, rendendo l’antico sito il volto della campagna nazionale di promozione turistica.

Gobekli Tepe, costruito 6.000 anni prima di Stonehengecustodisce ancora nel mistero il significato esatto delle sue incisioni e il mondo in cui un tempo abitavano le persone.

Ogni nuova scoperta promette di cambiare ciò che ora sappiamo sul sito e sulla storia della civiltà umana.

E il suo fascino si fa sempre più ammaliante.

Fonte: siviaggia.

martedì 14 marzo 2023

Tiberio, l’italiano che scoprì la penicillina prima di Fleming


 Figlio di buona famiglia Vicenzo Tiberio frequentava la facoltà di Medicina di Napoli quando, ospite a casa degli zii ad Arzano (Napoli), notò che il pozzo usato per le necessità domestiche incideva sulla salute di tutti: ogni volta che veniva ripulito dalle muffe, gli inquilini avevano infezioni intestinali che cessavano solo quando le muffe ricomparivano.

Il ragazzo iniziò a raschiare le muffe con una spatolina. Non solo: le portò in laboratorio per analizzarle e le catalogò una a una.

 Farlo non fu difficile: in quegli anni frequentava l’istituto di Igiene di Napoli.

Tiberio non si limitò a osservare il fenomeno, ma si dedicò anche alla sperimentazione: dopo aver ottenuto i primi risultati in laboratorio, individuò un terreno di coltura adatto ed estrasse un siero concentrato di quello che può essere considerato un antesignano degli antibiotici. Lo iniettò in alcune cavie precedentemente infettate e attese. I topi di laboratorio guarirono

 A questo punto mancava solo la sperimentazione sull’uomo e la messa in produzione dell’antibiotico.

Le sue ricerche in facoltà suscitarono poco interesse e soltanto nel 1895, dopo la laurea, pubblicò la sua ricerca "Sugli estratti di alcune muffe" negli Annali di Igiene sperimentale, una delle più importanti riviste scientifiche italiane dell’epoca.

Scriveva Tiberio: «Ho voluto osservare quale azione hanno sugli schizomiceti [batteri, ndr] i prodotti cellulari, solubili in acqua, di alcuni ifomiceti [un tipo di funghi, ndr] comunissimi: Penicillium glaucumMucor mucedo ed Aspergillus flavescens. […] Per le loro proprietà le muffe sarebbero di forte ostacolo alla vita e alla propagazione dei batteri patogeni».

Purtroppo però il nostro Paese, da poco diventato nazione, era alla periferia del mondo scientifico del tempo. Gli Annali di Igiene Sperimentale erano una rivista di nicchia nel panorama internazionale e la comunità scientifica italiana si dimostrò assai poco lungimirante: le conclusioni di Tiberio furono derubricate a semplici coincidenze e il fascicolo archiviato in uno scaffale dell’Istituto di igiene dove rimase per 60 anni, riscoperto solo 40 anni dopo la morte.

Oltremanica le cose andarono doversamente. Quando 35 anni dopo, nel 1929, Alexander Fleming annunciò la sua scoperta al Medical Research Club di Londra, la comunità scientifica inglese intuì immediatamente il potere rivoluzionario di quelle muffe che potevano essere il primo passo per la creazione di un farmaco in grado, almeno in linea teorica, di guarire da tubercolosi, broncopolmoniti, infezioni postoperatorie e soprattutto ferite di guerra.

Nei 12 anni successivi gli studi sulla penicillina proseguirono grazie al cosiddetto "gruppo di Oxford" composto dall'australiano Howard Florey e dall'ebreo tedesco Ernst Chain: nel 1940 fu possibile condurre le prime sperimentazioni.

Tutte diedero ottimi risultati e il primo uso che si fece della penicillina, mentre infuriava la Seconda Guerra Mondiale, fu proprio sui campi di battaglia. Non a caso già due anni dopo, nel 1943, la produzione a uso militare dell'arma segreta, come veniva chiamata la penicillina, ebbe un’impennata.

L'epilogo della storia è risaputo: nel 1945, a guerra finita, Fleming, Florey e Chain furono insigniti del premio Nobel per la medicina e la fisiologia. Nello stesso anno in Europa la penicillina sarà distribuita nelle farmacie anche ad uso civile.

E Tiberio? Lui morì nel 1915, ad appena 46 anni, stroncato da un infarto. 

Deluso dalla tiepida accoglienza delle sue ricerche, dopo la sua scoperta (incompresa) abbandonò l’Università: partecipò al concorso per medico nel Corpo sanitario marittimo e si arruolò nella Marina militare, rinunciando alla carriera accademica.

Oggi sulla facciata della sua casa natale a Sepino (Campobasso) una lapide lo ricorda così: "Primo nella scienza, postumo nella fama".
Fonte: focus.it



lunedì 13 marzo 2023

Lo spettacolo di Ruby Falls


 Nel 1905, a causa di una serie di limitazioni geografiche, la “Souther Railroad Company”, impegnata da tempo a costruire una importante linea ferroviaria nello stato del Tennesse, nei pressi della città di Chattanooga, lungo la parete del Lookout Mountain, fu costretta a chiudere l’ingresso naturale di una grotta che aveva però, una lunga storia alle spalle.

I racconti delle enormi camere e dei passaggi tortuosi che si diceva vi fossero all’interno, erano infatti stati tramandati da una generazione all’altra: ne avevano parlato i nativi americani, gli esploratori di grotte provenienti anche da altri Stati americani; e poi si raccontava anche che famigerati fuorilegge l’avessero scelta come nascondiglio; ma anche di soldati che vi avevano trovato rifugio durante la Guerra Civile Americana. Insomma, tante voci, ma nessuna certezza.








Tra gli altri, a curiosare nella grotta, ma solo per poche centinaia di metri al suo interno, anche un chimico e appassionato di avventure, Leo Lambert, il quale tuttavia fu poi costretto a “dimenticarla” in quanto, sempre per la costruzione del tunnel ferroviario, questa venne sigillata. 
Anni dopo, siano verso il 1923, Leo Lambert decise che forse quella grotta che aveva visto tanto tempo prima, poteva diventare un’attrazione turistica: con alcuni amici formò una società progettando di realizzare un’apertura più in alto rispetto all’apertura originale e di trasportare i turisti alla grotta tramite, era un suo sogno, un ascensore.
La sua azienda acquistò così un terreno sul lato di Lookout Mountain, sopra Lookout Mountain Cave e nel 1928 iniziò a perforare il calcare finendo con il trovare un’apertura di poco più di un metro di larghezza per un’altezza di 46 centimetri che poteva dare accesso alla grotta.

Leo Lambert e alcuni operai attraversarono a fatica l’apertura e, per 17 ore, esplorarono il tunnel che si trovarono davanti, per circa un chilometro e mezzo, incrociando, lungo il percorso, varie formazioni, sino sbucare in una grande caverna al centro della quale vi era una spettacolare cascata alla quale Lambert diede il nome della moglie, Ruby: oggi, a quasi un secolo dalla sua scoperta, Ruby Falls, una delle cascate sotterranee più grande del mondo, è considerata una vera e propria meraviglia.
La grotta e la sua cascata sono aperte al pubblico dal lontano 1929 e Lambert, per consentirne l’ingresso, realizzò un altro dei suoi sogni, la costruzione di un ascensore che dalla cima scendeva per 26 piani, nel cuore della montagna.

E per gli oltre mezzo milioni di visitatori che ogni anno raggiungono la città di Chattanooga per ammirare la cascata, lo spettacolo inizia già scendendo con l’ascensore che, con le sue pareti di vetro, permette di vedere la roccia nella quale si sta entrando.
Una volta raggiunto il tunnel, inizia quella che oggi si può chiamare una facile passeggiata, ammirando ai lati, sopra, e anche sotto, incredibili formazioni, stalagmiti, stalattiti, formazioni di drappeggi, pietra fiorita, una più spettacolare dell’altra, sino a raggiungere la caverna con la cascata.
E alla caverna ci si arriva praticamente al buio, solo con la luce di piccole lampade poste lungo il percorso. Poi, una volta entrati, il momento dell’illuminazione è straordinario, unico: non è il rumore dell’acqua che cade a meravigliare i visitatori, ma l’impressione di venire quasi investiti da una valanga di cristalli colorati che cadono da decine di metri d’altezza, finendo nel sottostante fiume Tennessee.





martedì 7 marzo 2023

Scoperto un cunicolo segreto nella Piramide di Cheope



La necropoli di Giza è uno dei siti archeologici più famosi di sempre: qui sorge la Piramide di Cheope, la più antica mai rinvenuta in quest’area e la sola tra le sette meraviglie del mondo antico ad essere giunta a noi in ottimo stato di conservazione.

 È stata costruita ben 4.500 anni fa, un’opera monumentale che ha richiesto un lavoro inimmaginabile (basti pensare che è formata da quasi 2 milioni e mezzo di blocchi di pietra, ciascuno del peso di circa 2,5 tonnellate). Nonostante sia tra le architetture più studiate al mondo, ci sono ancora molti segreti da svelare.

Uno dei più curiosi riguarda il tunnel misterioso che è stato ritrovato all’interno della piramide.

 Nel 2016, alcuni archeologi avevano individuato una cavità esattamente dietro l’entrata principale, ma il rischio di danneggiare l’antichissima struttura ha richiesto loro un grande sforzo per poter proseguire le indagini.

 Grazie al progetto Scanpyramids, volto ad utilizzare tecniche non invasive per studiare le piramidi d’Egitto, gli esperti hanno potuto finalmente scoprire cosa fosse quello spazio vuoto. Ebbene, si tratta di un cunicolo segreto lungo ben 9 metri e largo 2, con un’altezza di circa 2,3 metri.


Per poter osservare il tunnel da vicino, è stato necessario introdurre un piccolissimo endoscopio attraverso una fessura minuscola. La scoperta, che è stata descritta in un articolo pubblicato su Nature, è stata annunciata alla stampa proprio davanti alla Piramide di Cheope, da alcuni degli esperti che vi hanno lavorato. A che cosa serviva questo lungo cunicolo? È possibile che il suo scopo fosse quello di bilanciare il peso dell’enorme struttura spostandolo su un’area più grande, anziché far sì che gravasse unicamente sull’ingresso principale. Tuttavia, c’è un’altra teoria molto più affascinante.

Secondo gli archeologi, il cunicolo potrebbe sovrastare alcune camere ancora inesplorate, nascoste all’interno della Piramide di Cheope. 

Durante la conferenza stampa, Mostafa Waziri (direttore del Consiglio Supremo delle Antichità d’Egitto) ha annunciato che verranno effettuate ulteriori indagini: "Continueremo la nostra scansione, per capire cosa possiamo scoprire al di sotto del tunnel o alla fine di esso". C’è ancora qualche segreto da svelare, oltre questo passaggio misterioso che per anni ha ossessionato gli scienziati?

"Crediamo che qualcosa sia nascosto sotto di esso" – ha rivelato l’archeologo Zahi Hawass.

 Di che cosa potrebbe trattarsi? Forse, una camera segreta cela nientemeno che la tomba del faraone Cheope, inutilmente cercata per tantissimi anni e mai rinvenuta. E, con il sepolcro, magari anche tanti altri tesori preziosissimi che aspettano da millenni di tornare alla luce. Se così fosse, questa sarebbe senza dubbio la scoperta del secolo. Ma dovremo attendere ancora un po’, affinché le indagini proseguano in tutta sicurezza per preservare la maestosa piramide.

venerdì 3 marzo 2023

La cascata pietrificata è il capolavoro più grandioso di Madre Natura


 Esistono luoghi impregnati di così tanta bellezza da non sembrare veri. Assomigliano a paesaggi cinematografici e fantascientifici, a capolavori artistici dipinti da un pittore, a illustrazioni uscite da un libro di fiabe, e invece sono reali e per questo ancora più straordinari.

A creare questi scenari di immensa bellezza è Madre Natura che, come un sapiente artigiano, plasma il mondo che abitiamo rendendolo un posto meraviglioso. Come è successo a Oaxaca, in Messico, dove esiste quella che è, con tutta probabilità, la visione più incredibile e strabiliante di sempre.

Proprio qui, infatti, esiste una maestosa e imponente cascata pietrificata. E non ci sono dubbi per noi: è questo il capolavoro più grandioso mai creato da Madre Natura.


Ci troviamo a Oaxaca, in Messico.

È qui che, spostandoci dal nucleo urbano, possiamo raggiungere una cascata che non assomiglia a niente di tutto ciò che abbiamo visto fino a questo momento. Non ci sono lo sgorgare continuo dell’acqua e gli zampilli che con impeto si tuffano in ogni dove, ma rocce, bianche e dure, che caratterizzano in maniera univoca l’intero paesaggio.

Il suo nome è Hierve el Agua, che tradotto letteralmente vuol dire “acqua che bolle”. Eppure, ancora una volta, né il nome né l’immagine stessa che si apre davanti agli occhi dei viaggiatori che si spingono fino a qui restituisce la vera natura di questo sito. A primo impatto, infatti, l’immobilità che caratterizza questo monumento naturale rimanda immediatamente a tutte le cascate ghiacciate, quelle che si gelano con l’arrivo del freddo e con le basse temperature. Ma anche in questo caso, la realtà è ben lontana da quello che gli occhi ci suggeriscono.


Sì perché Hierve el Agua, in realtà, è un agglomerato di formazioni rocciose dal colore biancastro che con il tempo si sono unite e modellate, formando la caratteristica forma di cascata che oggi vediamo. 

A levigarle è stato lo scorrere incessante delle acque provenienti dalle sorgenti situate sulla cima del monte, ricche di calcio e di altri minerali. Sono state proprio loro ad aver schiarito le rocce, conferendogli le caratteristiche tinte che ricordano il ghiaccio e la neve.


La magia non finisce qui, però, perché in cima a Hierve el Agua ci sono due piccoli laghi di acqua calda dove i visitatori amano fare il bagno in ogni stagione. Da qui, poi, fuoriescono dei piccoli rivoli lenti ma copiosi che scivolano giù, fino ai piedi della montagna, rendendo il paesaggio incantato.

Fonte: siviaggia.it

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