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martedì 21 febbraio 2017

Una strage di cui nessuno parla, quella degli Indiani d'America


Accanto al dramma della Shoah entrato tristemente nei libri di scuola esiste un altro massacro, quello di cui nessuno parla, quello che ogni anno non viene celebrato, quello che non restituisce dignità alle vittime.
 E’ l’olocausto degli Indiani d’America, lo sterminio di tutte le etnie indie che popolavano il continente prima dell’arrivo degli occidentali.
 E’ conosciuto anche come i “500 anni di guerra”, perché furono uccisi quasi 100 milioni di esseri umani in nome della colonizzazione. 
 Non morirono solo i nativi, ma anche le loro tradizioni, la cultura e venne distrutto per sempre un habitat naturale incontaminato. 

 La scoperta dell’America fu per i nativi l’inizio della fine perché quella data segnò l’avanzata del massacro che si concluse solo nella Prima guerra mondiale. 
 Intere comunità vennero sterminate all’interno dei loro villaggi dagli eserciti regolari, alcuni morirono perché gli occidentali portarono con sé vaiolo e altre malattie, altri di fame dopo la devastazione di piante e animali.


L’intero continente americano fu trasformato dopo l’arrivo di Colombo e gli occidentali non fecero altro che quello che Hitler attuò nei campi di concentramento.
 In numerosi testi storici, viene raccontato che il dittatore nazista per la sua idea folle di sterminio degli ebrei a favore della razza ariana, si ispirò proprio all’Olocausto dei nativi americani.

 Per l’olocausto americano, gli occidentali si appellarono al fatto che i nativi non avevano intenzione di sottomettersi al popolo bianco, cedendo le loro terre ancestrali e incontaminate, a uso e consumo degli occidentali. 
 L’atteggiamento, già dalla scoperta dell’America, era chiaro: i colonizzatori si erano eretti a entità superiori giudicando i nativi come “selvaggi e da civilizzare”. 
 Ci sono tantissimi motivi alla base anche se tutto è legato da un unico filo conduttore, quello di impossessarsi di terre e ricchezze dei nativi, spesso però guerre e uccisioni vennero giustificate da motivi ideologici. 
 Nel corso del XVI a decimare i pellerossa ci pensarono anche vaiolo, influenza, varicella, morbillo, tutte patologie sbarcate assieme agli occidentali. 
 Malattie inesistenti in America, per questo mentre le popolazioni europee avevano sviluppato anticorpi, gli indiani si ammalarono e morirono senza cure. 
Si stima che circa un decimo dell'intera popolazione mondiale fu decimato.


Durante la guerra di secessione americana, tra gli episodi da non dimenticare, c'è il massacro Sand Creek del 29 novembre 1864, avvenuto durante la guerra del Colorado. 
Un episodio tragico in cui 600 nativi americani membri delle tribù Cheyenne meridionali e Arapaho, vennero attaccati da 700 soldati comandati dal colonnello John Chivington, nonostante i trattati di pace stipulati con i capi tribù locali.


Un massacro senza precedenti di donne e bambini che sfociò in diverse investigazioni da parte dell'esercito statunitense. 

 Purtroppo una situazione che continua anche oggi, la storia qualcuno direbbe, non ci ha insegnato nulla. E parliamo di tutte le volte che gli indigeni del Sud America vengono picchiati, sfrattati, uccisi per fare spazio a dighe e piantagioni di olio di palma.


 Dominella Trunfio

In Britannia sono stati ritrovati fiori di 1500 anni fa incredibilmente ben conservati


Felci e fiordaliso, semi di primule, ranuncoli e carici conservati benissimo. Cresciuti rigogliosi, 1500 anni fa. 
È l’incredibile ritrovamento degli archeologi vicino alla città di Pewsey, nella contea di Wiltshire, di alcuni fiori che hanno resistito al tempo e gettano una nuova luce sulla Britannia del 500 d. C. e del secolo successivo, l’ultimo periodo romano nella futura Inghilterra, prima della ritirata, per difendere l’Europa continentale. Le piante sono state rinvenute all’interno di pentole di rame, nascoste con tutta probabilità a regola d’arte per impedire loro di cadere nelle mani dei predoni anglosassoni. 
Si sono conservate praticamente intatte, come un mazzo di fiori essiccato, che ne dimostra ancora la rigogliosità, in otto vasi imballati.

 La datazione al radiocarbonio fissa il periodo della sepoltura del tesoro tra il 380 e il 550 d. C., nel momento in cui i romani si stavano ritirando e gli anglosassoni hanno espanso i loro insediamenti nella zona meridionale e orientale. 

 «La sopravvivenza dei fiori è davvero molto speciale», ha dichiarato al quotidiano britannico The Times Richard Henry, membro del Portable Antiquities Scheme, un programma del governo per incoraggiare i volontari a denunciare i piccoli ritrovamenti archeologici nelle campagne. 
«È difficile dire se si trattava di un ex-voto. Sembra che il bottino sia stato interrato in fretta, durante una fuga della popolazione, forse pensando di ritornare. Ma è veramente interessante la zona in cui sono stati seppelliti, al confine tra i romani e gli angli. Quella era una frontiera significativa, in un periodo di grandi cambiamenti sociali».


Dalle analisi risulta che il tesoro è stato confezionato con fiori recisi durante la metà dell’estate, in un ambiente che includeva pascoli e campi coltivati. 

Il materiale vegetale è sopravvissuto a causa della felice posizione dei vasi, che hanno formato una cavità sigillata. 
Questa tecnica, probabilmente involontaria, ha permesso il materiale organico nel corso del tempo si rivestisse di sali di rame. Il ritiro romano dalla Gran Bretagna è datato circa 410 d. C., quando l’imperatore Onorio ordinò alle legioni di lasciare. I cittadini britannici romani, probabilmente, temevano raid da parte degli anglosassoni. 

I fiori e il vasellame sono stati donati al museo Wiltshire a Devizes. Non sono stati considerati, ai sensi della legge, tesoro nazionale, perché non erano inclusi metalli preziosi come oro e argento, anche se all’operazione di ritrovamento ha partecipato anche il Dipartimento Antichità del British Museum. 

Fonte: lastampa.it
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