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giovedì 12 settembre 2013

Tribù che ancora sopravvivono nel mondo grazie al loro rifiuto della (civiltà) e dell'uomo bianco



Ai tempi delle prime esplorazioni europee, i popoli indigeni erano tradizionalmente tribù semi-nomadi che vivevano di caccia, pesca ed agricoltura.
Molte delle circa 2000 tribù che esistevano furono sterminate con gli insediamenti degli europei, mentre molte altre furono assimilate al popolo brasiliano.
La popolazione indigena è stata in gran parte uccisa dagli spagnoli ai tempi della colonizzazione delle Americhe, passando da una popolazione pre-colombiana stimata in milioni a circa 300.000 (1997), raggruppati in circa 200 tribù: probabilmente uno dei maggiori genocidi nella storia dell'umanità.
Alcuni antropologi hanno evidenziato come molti nativi americani discendano da popoli provenienti dal nord dell'Asia (Siberia) che hanno attraversato lo stretto di Bering in almeno tre ondate migratorie differenti.
In Brasile, in particolare, molte tribù native sono considerate discendenti della prima ondata che avrebbe attraversato la Beringia attorno al 9000 a.C., al termine dell'ultima era glaciale.
L'ipotesi siberiana è stata recentemente messa in discussione dal ritrovamento di alcuni resti umani nel sud America, considerati troppo vecchi per questa ipotesi (circa 20.000 anni). Altri recenti ritrovamenti (soprattutto lo scheletro di Luzia in Lagoa Santa) sono risultati morfologicamente distinti dal genotipo asiatico e molto più simili ai popoli africani e australiani.
Questi "aborigeni americani" sarebbero poi stati assorbiti dai gruppi provenienti dalla Siberia.
I nativi della Terra del Fuoco potrebbero essere gli ultimi discendenti di questi indigeni.
Questi gruppi avrebbero raggiunto le coste americane attraversando l'oceano su barche o attraversando le zone a nord lungo lo stretto di Bering molto prima delle ondate ipotizzate dalla maggioranza degli antropologi.
Questa teoria è confutata da molti esperti perché il viaggio attraverso i mari è considerato troppo difficoltoso per l'epoca.
Altre teorie propongono una migrazione attraverso l'Australia e la Tasmania, procedendo per le Isole Sub-Antartiche, quindi lungo le coste dell'Antartide fino all'estremità meridionale del Sud America durante l'Ultimo massimo glaciale.
Resti archeologici[modifica 
Popolo Terena
Praticamente tutti i ritrovamenti archeologici in Brasile risalgono a periodi successivi alle ondate migratorie siberiane.
Gli indiani brasiliani, a differenza di quelli del Mesoamerica e delle Ande occidentali, non hanno lasciato tavole scritte o monumenti, ed il clima umido e torrido, tipico delle foreste amazzoniche, ha distrutto la quasi totalità delle tracce della loro cultura, inclusi lavorazioni in legno e ossa umane.
Tutto quello che si conosce sulle tribù prima del 1500 è quindi frutto di deduzioni logiche e di ricostruzioni basate su ritrovamenti archeologici, come lavorazioni primitive in pietra.
Una testimonianza forte dell'esistenza di gruppi tribali in epoca molto precedente all'arrivo degli europei è il ritrovamento in grosse quantità di scarti di crostacei e molluschi (sambaquís) lungo le coste dell'Atlantico, zone considerate abitate per almeno 5.000 anni; inoltre ci sono i ritrovamenti di depositi di terra preta in molti luoghi lungo il corso del Rio delle Amazzoni.
Recenti scavi su questi depositi hanno portato alla luce i resti di grandi insediamenti, comprendenti decine di migliaia di abitazioni, indicanti complesse strutture sociali ed economiche.

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