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martedì 12 febbraio 2013

Angers – Il castello dell’Apocalisse


La poderosa fortificazione fu eretta tra il 1228 e il 1238 da Bianca di Castiglia, reggente per conto di Luigi IX.
 Con le sue cortine rinserrate da 17 grandi torrioni cilindrici doveva proteggere la regione da un possibile ritorno degli inglesi.
 Il castello è oggi noto soprattutto per i suoi meravigliosi arazzi dedicati alle storie dell’Apocalisse.

 In conformità con una disposizione del padre, nel 1246 Luigi IX cedette la contea d’Anjou, compresa la capitale Angers, al fratello Carlo. Venne così fondata la seconda dinastia dei conti di Angiò, che dal 1360 conquistò il titolo ducale. I suoi esponenti acquisirono con il tempo le corone di Sicilia, di Napoli, della Polonia, dell’Ungheria, oltre a quella di Gerusalemme, teorica, perché la Palestina era occupata dai musulmani, ma di grande prestigio.
 Nel 1481, per lascito ereditario, l’Anjou tornò alla corona francese, e precisamente a re Luigi XI. Da quel momento in poi il titolo di duca d’Angiò divenne appannaggio del principe più giovane della casa reale.

 L’imponente recinto fortificato, appoggiato alla riva del fiume Maine, racchiude all’interno il “Logis Royal”, l’appartamento reale, fatto allestire nel 1402 da Luigi II d’Angiò e da sua moglie Jolanda d’Aragona, una cappella e lo “Chàtelet”, un piccolo castello appartenuto, verso la metà del Quattrocento, al duca Renato I il Buono. Quest’ultimo fece anche sistemare all’interno un giardino, che oggi si è cercato di ripristinare. Ne nacque un complesso assai peculiare, di impianto approssimativamente pentagonale, con una poderosa cinta esterna e una serie di edifici residenziali, di aspetto assai delicato e ‘civile’ all’interno.

La più saliente caratteristica del castello sono le sue poderose torri a terminazione piatta. Ma queste non furono costruite così. Sono il risultato di un inizio di demolizione del complesso. 
Quando, nel 1584, morì l’ultimo discendente in linea diretta del re Enrico II, si creò una situazione assai pericolosa: l’erede al trono del sovrano di allora, Enrico III, che non aveva figli, diventò l’esponente di un’altra dinastia, Enrico di Navarra. Quest’ultimo era ugonotto, cioè protestante: prospettiva inaccettabile per l’aristocrazia del regno, riunita nella cosiddetta Lega cattolica. Pressato dalla corte, Enrico III decise nel 1585 di scendere in campo contro la fazione ugonotta. 
Poiché esisteva il rischio che gli avversari si arroccassero nei castelli esistenti sul loro territorio (era il caso di Angers, con le sue mura formidabili), il sovrano impartì l’ordine che venissero rasi al suolo. Tre anni dopo, tuttavia, Enrico III cambiò fronte e si alleò con gli ugonotti contro la Lega cattolica. I lavori di demolizione vennero quindi sospesi quando erano stati abbattuti solo i dieci metri superiori dei torrioni, lasciando il castello nella situazione in cui si presenta oggi, con le torri sostanzialmente allineate alle cortine: un’immagine possente e affascinante, ma certo non corrispondente a quella iniziale, di tipo più ‘consueto’, cioè con le torri più alte delle cortine. I secoli successivi segnarono l’inizio della decadenza del castello che, con Luigi XIV, divenne prigione del Stato fino all’Ottocento. Solo nel 1875 fu dichiarato ‘monumento nazionale’; dal 1945 iniziarono i lavori di restauro.

Nel tardo medioevo non si difendevano i castelli dalle cortine, bensì attraverso il tiro radente degli arcieri posizionati nelle torri. Questo modo di combattere è particolarmente evidente ad Angers, dove i brevi tratti di cortina esistenti sono racchiusi tra maestose torri cilindriche, che sono il vero punto di forza della difesa. Un’opera particolarmente impressionante, di una solidità a tutta prova.

 Nel 1375 Luigi I d’Angiò commissionò la rappresentazione, su sette giganteschi arazzi, degli episodi salienti dell’Apocalisse. L’opera, eseguita dal più celebre tessitore dell’epoca, il parigino Nicolas Bataille, su cartoni del pittore Hennequin di Bruges, è una delle maggiori creazioni artistiche del medioevo. La parte giunta sino a oggi (70 delle più di 90 scene originali, un’enorme fascia di 107 m di lunghezza e 5,50 m di altezza) costituisce il ciclo più grande e importante che esiste al mondo. 
Viene conservata in un edificio costruito appositamente all’interno del castello.

Raffinato il “giardino ad aiole”, creato in epoca moderna, ma sulla falsa riga di quello un tempo esistente in luogo.

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