La questione nasce nel momento in cui i governi occidentali hanno ceduto la facoltà di creare la moneta ai banchieri, i quali, sotto le mentite spoglie di istituti di diritto pubblico (cioè di proprietà dei cittadini), hanno creato le cosiddette Banche Centrali, istituti bancari che, grazie ad un gioco di scatole cinesi, sono di proprietà privata.
Per esempio, l'azionariato della BCE (http://www.ecb.int/ecb/orga/capital/html/index.it.html) è composto dalle Banche Centrali sia dei paesi dell'area euro, che da altri paesi.
Fin qui tutto bene.
Ma se andiamo a vedere chi sono gli azionisti delle Banche Centrali Nazionali, scopriamo una serie di istituti bancari privati che di “diritto pubblico” non hanno proprio nulla.
Nel caso dell'Italia, l'azionariato della Banca d'Italia, uno dei maggiori soci della BCE, è composto da istituti di credito che hanno come oggetto sociale il profitto e non il bene della comunità nazionale (http://www.bancaditalia.it/bancaditalia/funzgov/gov/parte...).
Ciò significa che ogni volta che la BCE presta denaro all'Italia, l'interesse applicato al prestito servirà a creare un utile che verrà diviso tra i vari azionisti. Ecco, allora, che una parte delle tasse pagate al governo servirà ad arricchire i banchieri che partecipano al capitale delle Banche Centrali. Diabolico!!
Ma il problema è molto più profondo e richiede di esaminare almeno due conseguenze estremamente nefaste di questo assurdo sistema monetario: l'incongruità tra il valore materiale e valore nominale della moneta, e l'inestinguibilità del debito pubblico.
1. Incongruità tra valore materiale e valore nominale
Attualmente, la materia di cui è fatto il denaro è di tipo cartaceo per le banconote e di metallo per le monete.
Per come è concepito attualmente il sistema monetario, il valore del denaro non è determinato dal tipo di materiale utilizzato per il conio, ma dal valore nominale, cioè dal numero di crediti segnato sulla banconota o sulla moneta. Per esempio, una banconota vale 5 euro non per la quantità e la qualità della carta utilizzata per fabbricarla, ma per il numero “5” scritto su di essa.
In passato, invece, il valore del denaro era determinato dal materiale utilizzato per coniare le monete, solitamente oro o argento, metalli riconosciuti unanimemente come “preziosi”.
La rottura del legame tra “valore materiale” e “valore nominale” del denaro è avvenuta nel 1971, con il definitivo superamento degli accordi di Bretton Woods.
Operazione estremamente diabolica. Perchè?
Mettiamo che il governo italiano, per far quadrare il bilancio del 2013, abbia bisogno di 100€.
Non potendolo emettere autonomamente, lo chiede in prestito alla BCE.
La BCE, dopo aver chiesto per l'ennesima volta le riforme strutturali per garantire il ritorno del debito, decide di concedere il prestito di 100€ all'Italia, con un aggravio di interesse pari al 2%.
La BCE, magia delle magie, creerà dal nulla i 100€, stampandoli (così come avrebbe potuto fare il governo).
Per stampare la banconota da 100€, la BCE spenderà tra carta, inchiostro, elettricità, trasporto e manodopera circa 0,01€ (un centesimo di euro). Essendo un ente privato, ci si aspetta che la BCE venda la banconota all'Italia ad un prezzo ottenuto dalla somma del costo di produzione (0,01€), più un lecito ricarico di guadagno (un altro 0,01€, per esempio). Quindi, in un mondo logico e sano, la banconota costerebbe all'Italia 0,02€.
Invece, la BCE che fa? Ecco la diabolicità dell'operazione: la Banca Centrale Europea scriverà nelle voci in uscita del suo bilancio “100€” e non “0,01” come ci si aspetterebbe. Mentre nelle voci in entrata scriverà “102€” e non “0,02€” come sarebbe giusto.
Ciò significa che i banchieri, a fronte di una banconota costata 0,01€, guadagneranno la bellezza di 101,99€. Sì, perchè l'Italia si indebiterà per il valore nominale della banconota, invece del suo valore materiale.
Infatti, a fine anno, l'Italia dovrà sborsare 102€ reali spremendo i suoi cittadini con le tasse.
Questo meccanismo, in termini tecnici, si chiama “Signoraggio Bancario”, mentre in termini sociali si chiama “truffa”!
Tratto - da Il Navigatore curioso
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