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domenica 13 gennaio 2013

L'altare di Pergamo

“Vi fu una città antica, all’interno della costa dell’Asia Minore, che si ergeva su una roccia immensa a centinaia di metri di altezza, stagliandosi su di essa con la perfezione dei mattini più nitidi. Una città simile ad una danzatrice: le braccia arcuate in movimento erano le cinte murarie, costruite a quote diverse, in diversi eventi della storia, e i suoi ritmici balzi erano vaste terrazze di marmo bianco, costellate di lunghi portici ombrosi, facciate di templi, mercati e palestre, scale e gallerie sotterranee, acquedotti arditi,…, e splendidi teatri, poggiati sui loro pendii come enormi conchiglie fossili. La musica della danza è stata la trama di una storia affollata di genti, battaglie, leggende e divinità, incardinate alla porta tra Asia ed Europa. Pergamo –pensata e vissuta come una seconda Atene d’Asia- rappresenta l’altro lato dell’urbanistica greca: oltre le griglie razionali.., degli impianti attribuiti ad Ippodamo da Mileto (V sec. a.C.), sorgono le invenzioni continue e le sorprendenti scenografie della successiva sensibilità ellenistica”

 Con queste parole Massimo Vidale e Andreas Steiner iniziano la loro descrizione di Pergamo, un agglomerato urbano nel quale i palazzi dei signori son ben poca cosa rispetto alla gloria divina dei templi e agli edifici dedicati alle istituzioni pubbliche.

Il mito greco attribuiva la fondazione di Pergamo a Telefo in un nodo di leggende collocabili all’età indistinta della Guerra di Troia e del Medioevo Ellenico. In quasi 1000 anni si era trasformata da piccolo insediamento arroccato, a roccaforte di un piccolo satrapo persiano (VI-V sec. a.C.), a città di conquista dei Diadochi, i successori di Alessandro Magno. Eumene I staccò Pergamo dai Seleucidi tenne a bada le mire espansionistiche dei Celti/Galati. Il suo successore Attalo I (269-197 a.C.), re di Pergamo, si alleò coi Romani e continuò la lotta coi Galati . Il periodo più fulgido si realizzò sotto Eumene II che ampliò il regno fino a Efeso e fu artefice della ristrutturazione edilizia cittadina, con la costruzione, tra l’altro, dell'Altare dedicato a Zeus e Atena e del più grande ginnasio del mondo greco e di una nuova cinta muraria. Dopo Attalo II, filo romano, Attalo III gestì una complessa transizione politica lasciando in eredità ai Romani la città che venne annessa alla Provincia d’Asia (129 a.C.). Per circa un secolo e mezzo Pergamo fu la capitale di uno dei maggiori regni ellenistici e centro culturale di primaria importanza; la dinastia degli Attalidi ne fece un capolavoro di architettura e di arte, in cui germogliò una scuola caratterizzata da virtuosismo plastico e espressività ricca di pathos. Sotto tale dinastia la città ospitò anche la più grande biblioteca del mondo antico, seconda solo a quella di Alessandria, in cui si raccoglievano 20.000 volumi. 


 L'altare

L’altare, dedicato a Zeus ed Atena, è stato scavato nel corso dell’’800 da missioni archeologiche tedesche e ricostruito al Pergamonmuseum di Berlino. L’altare edificato sull’Acropoli, collegato al vicino piccolo tempio di Atena-il più antico dell’acropoli- era aperto, come il teatro, verso i pendii occidentali del colle. Fu progettato da Eumene II (221-159 a.C.), come grande altare ellenistico dedicato a Zeus e Atena Nikephoroi (portatori di vittoria) per celebrare la propria vittoria sui Celti Galati . Venne portato a termine dal successore e fratello Attalo II, tra il 166 e il 156 a.C. L’alto podio, fiancheggiato da due avancorpi, cui si accedeva tramite una scalinata monumentale ampia una ventina di metri, era decorato da un altorilievo con Gigantomachia –la lotta dei giganti contro gli Dei- simboleggiante la vittoria della civiltà sulla barbarie. Il muro di fondo del cortile era ornato da un fregio continuo illustrante il mito di Telefo, figlio di Eracle e leggendario fondatore di Pergamo. Il fregio colossale era costituito da pannelli alti circa m. 2,30 con uno sviluppo totale di m. 110 che illustravano la sconfitta dei Giganti ribellatisi agli dei dell’Olimpo, per vendicare la sorte dei Titani da questi rovesciati e imprigionati nel Tartaro.
Il mito 

Il mito di Pergamo è orientato a legittimarne l’origine divina, facendola risalire a Eracle e al figlio Telefo, entrambi discendenti da Zeus. Le vicende che la collegano con i due eroi sono scolpite nei rilievi. Di Telefo sono narrati gli eventi prodigiosi della vita, dai presagi divini prima della nascita, al concepimento dall’unione di Eracle e Auge, fino al combattimento con i Greci e all’incursione nella città di Argo.

La figura di Eracle è al centro della Gigantomachia, in cui l’eroe combatte a fianco degli dei per sconfiggere i giganti. 
Questi esseri invincibili potevano essere uccisi solo se ad abbatterli erano contemporaneamente un essere divino e un mortale, come è infatti Eracle. 

 L’altare nel Pergamonmuseum 

La collocazione dell’altare nel museo rispecchia un gusto e le inclinazioni di un preciso momento storico-culturale dell’inizio del’900. Il museo, appositamente costruito a Berlino a inizio ‘900 per ospitare le antichità pergamene, riunisce i rilievi originali del Tempio di Zeus e Atena e numerosi reperti provenienti dagli scavi dell’area. 
Nella seconda metà del 600 d.C., in occasione di due attacchi arabi dell’area bizantina, l’altare sull’acropoli venne frettolosamente smontato per costruire con le lastre marmoree un nuovo bastione delle mura urbane, limitato alla zona dell’acropoli. Nel 1878-86, in seguito della vittoria della Prussia sulla Francia, Berlino, capitale imperiale volle dotarsi di un polo museale che potesse rivaleggiare col Louvre o il British Museum. 
Su decisione di Berlino venne smontato parte del bastione bizantino di Pergamo e portate le lastre scolpite e altri elementi architettonici a Berlino, per rimontarle.
 Il Museo di Pergamo fu progettato nei primi decenni del XX secolo e inaugurato nel 1930. L’altare, già nel progetto, doveva essere ospitato nella più vasta museale del mondo, come simbolo ultimo della perfezione della cultura ellenica, e del neoclassicismo. Per molti si tratta di una cittadella prussiana, con chiari intenti elegiaci della supremazia tedesca in Europa.

 Nel 1948 il fregio dell’altare venne confiscato dall’Armata Rossa e portato a Leningrado (S. Pietroburgo) come parte dei debiti di guerra contratti dalla Germania nazista. Nel 1958 i Russi restituirono il fregio al museo come segno di amicizia nei confronti dell’allora DDR. Nel 1990, a seguito della riunione delle due Germanie e dei rispettivi patrimoni museali, vennero avviati anche lavori di ristrutturazione del Museo. E’ in quest’epoca che inizia l’aspra polemica sulla restituzione del monumento alla Turchia, polemica che sfocia nel 2012 , nell’occupazione simbolica del Museo da parte dei militanti di Occupy Museums .

A chi appartiene l’altare? 

Negli ultimi vent’anni la Repubblica turca ha messo in atto con sostanziosi finanziamenti statali una vigorosa politica finalizzata alla restituzione delle opere d’arte sottratte tra XIX e XX secolo al morente impero ottomano: una politica giudicata aggressiva dai principali musei americani ed europei, le cui collezioni furono abilmente, e talvolta disonestamente, costituite proprio in quel periodo storico. 
Dopo alcune importanti riconsegne, recentemente i politici turchi hanno chiesto con insistenza la restituzione dell’Altare e del fregio ellenistico, raccogliendo un generale consenso in patria.
 Il problema è senz’altro spinoso perché non si tratta di restituire statue singole o bassorilievi ma un’architettura che non è stata asportata dalla sua originaria collocazione,  ma recuperata da ingegneri e archeologi tedeschi che hanno distrutto importanti murature medievali nelle quali altri ingegneri bizantini lo avevano “spensieratamente” riciclato come materiale da costruzione.
 Da parte tedesca si fa notare che oggi l’altare non è un oggetto maneggevole ma una “ricostruzione neoclassica e filellenica perfettamente integrata nel suo contenitore”, inscindibile dal Museo, frutto di un preciso momento storico.
 Come alcuni protagonisti dei “Occupy Museum” del resto han fatto notare che senso ha che un gruppo di attivisti abbia cercato di occupare nel nome di una moderna nazione islamica un antico manufatto profondamente greco per contestare un’”appropriazione inappropriata”? Tanto più che fu messa in atto da una Germania Prussiana oggi scomparsa.
 Scartata l’ipotesi di farne una copia, rimane il nodo di difficile soluzione almeno dal punto di vista scientifico e culturale.

Chiara De Santis

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