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martedì 4 dicembre 2012

Il segreto di Celestino v

Un eremita che fu insieme un Santo e un Papa ma non volle andare a Roma: forse per custodire un grande segreto… E lo fece in una città decisamente particolare… Si dice infatti che L’Aquila, nata a metà del 1200, sia stata costruita facendo riferimento alla pianta di Gerusalemme e fin dal ‘600 si è ipotizzato che le mappe delle due città in origine fossero sovrapponibili. Così Dante, a detta di molti, avrebbe definito Celestino V nella Divina Commedia. Ma Pietro da Morrone, un eremita divenuto Papa suo malgrado, era veramente un vile oppure ha difeso fino in fondo un segreto più prezioso dello stesso papato? Pietro da Morrone è nato vicino ad Isernia nel 1215. Giovanissimo entrò nel convento dei benedettini, dal quale tre anni uscì per raggiungere Roma e chiedere al Papa il permesso di vivere da eremita. Tornato dalle parti di Sulmona, decise di ritirarsi sul Morrone, in una piccola chiesa, ma la fama della sua santità si era già sparsa. Per sfuggire alla presenza in massa dei fedeli cerca la solitudine sulla Maiella, in uno fra i più impervi dirupi, proprio qui, a S. Spirito dove poi edificherà questo monastero, che diventerà il cuore della Congregazione dei Celestini.
Resterà per lunghi anni sulla Maiella, sempre in fuga dai fedeli che insidiavano la sua solitudine, e sempre alla ricerca di nuove e più irraggiungibili caverne, perché i pellegrini poveri, infermi e disperati, lo raggiungevano ovunque. Pietro da Morrone visse, a parte alcuni viaggi, più di quarant'anni, in assoluta segregazione e in stato di perpetua penitenza ed autofustigazione della carne. La Comunità dei Fratelli di Santo Spirito a Maiella andava sempre più ingrandendosi, nel 1264 Pietro penso’ di darle una Regola e di chiederne il riconoscimento. Così nel 1274, ormai sessantenne, fece un’impresa quasi leggendaria per quei tempi: si reco’ a piedi in pieno inverno a Lione, dove Gregorio X aveva indetto un concilio, riuscendo ad ottenere il riconoscimento e la protezione del Papa, senza la quale rischiava di essere considerato eretico. Ma come ha fatto a compiere questo viaggio? Forse ad aiutarlo furono i Templari, che come compito avevano proprio quello di proteggere i pellegrini e che lo ospitarono a Lione e lo fecero ricevere dal Papa. I Templari ricorreranno spesso nella vita di quello che è stato dipinto un povero monaco eremita con poco coraggio. Di ritorno da Lione, si trovo’ a passare la notte a L'Aquila. In sogno, la Vergine Maria gli comando’ di erigerle una basilica sul ColleMaggio. La costruzione, che in una città appena nata costituiva una novità a livello sociale, fu lunga e complessa. Ma fu veramente un sogno o furono piuttosto i Templari a volere la costruzione di s. Maria in Collemaggio?
L’influenza templare è forte nella basilica: nelle forme ottagonali che ricorrono e nei suoi due colori, espressione del dualismo cosmico rappresentato dai due cavalieri su un solo cavallo del loro sigillo. Nel 1293 finalmente si ritiro’ nell’eremo di Sant'Onofrio sperando di vivere in solitudine gli ultimi tempi della sua vita. Qui, però, l’anno seguente, sali’ a parlargli Carlo d'Angiò re di Napoli, preoccupato per la situazione della Chiesa che da due anni attendeva che i cardinali riuniti a Perugia, eleggessero un nuovo papa. Spinto dal re, il vecchio eremita scrisse una lettera di esortazione per i padri conciliari i quali, ricevutala, lo elessero a capo della Chiesa cattolica il 5 luglio 1294. La notizia, che intanto si era propagata per tutta l'Italia, giunse da lui il 22 luglio. All'abbazia di Santo Spirito arrivarono il re di Napoli e suo figlio Carlo Martello, re d'Ungheria, sul fare dell'alba, giunsero a Sant'Onofrio i cinque legati del Conclave. Le testimonianze raccontano che il primo impulso di Fra' Pietro fu quello di fuggire e che solo dopo essersi ritirato in preghiera accetto’ di diventare Papa con il nome di Celestino V.. Ma da qui, da quest’eremo, lui non andò a Roma.. La sera del 24 luglio, cavalcando un asinello e avendo accanto i due re, Celestino V mosse verso L'Aquila dove 3 giorni dopo, giunse sul piazzale di Collemaggio. Davanti ad una folla di dignitari e ambasciatori, tra cui per il governo di Firenze c'era anche Dante Alighieri, fu incoronato Papa.
In quell'occasione Celestino V istitui’ la Perdonanza ossia la remissione dinanzi a Dio della pena temporale dei peccati, legata a particolari condizioni religiose e penitenziali. Il suo successore, Papa Bonifacio VIII , istituì sulla scia della Perdonanza di Celestino, il primo Giubileo della storia. Si dice che vivesse piu’ da eremita che da papa, lasciando il governo della Chiesa ad un collegio di tre cardinali, ma in realtà fece una serie di azioni a tutela degli ordini che vivevano secondo il Vangelo, come i francescani, fino ad allora mal visti dalla Chiesa. Fino a quando il 13 dicembre, si reco’ al concistoro indossando la cappa rossa e gli ornamenti papali solenni, fece atto di rinuncia e rivesti’ il saio da eremita. Il 24 Dicembre venne eletto papa il Cardinale Gaetani, che prese il nome di Bonifacio VIII. Celestino V era tornato finalmente sul Morrone, dove pero’ fu costretto prima a nascondersi e poi a fuggire, per sottrarsi agli ordini del nuovo papa che aveva annullato tutti i suoi provvedimenti da Papa, ma gli emissari di Bonifacio VIII lo prelevarono e lo condussero ad Anagni. Celestino V fu confinato nella rocca di Fumone, in una piccola cella, sottoposto ad una carcerazione terribilmente dura. E il 19 maggio del 1296, il vecchio Papa eremita morì
I misteri accompagnano Celestino V anche nella tomba. Nel 1630 l’Abate Generale della Congregazione dei Celestini, denuncia l'assassinio del papa: un’ipotesi, osteggiata dalla Chiesa, che si è fatta strada fino ad oggi. Anzi, i dubbi si sono accresciuti proprio negli ultimi anni quando la salma del santo è stata addirittura trafugata. Nel 1988 le spoglie di Celestino per circa 24 ore furono in balia di sconosciuti che le fecero ritrovare nel cimitero di Rocca Passa, in provincia di Rieti. Un episodio mai chiarito a cui ne è seguito un altro altrettanto oscuro. Infatti, le autorità ecclesiastiche, subito dopo, disposero una ricognizione chimico-tossicologica dei resti e una tac, anche per chiarire una volta per tutte le circostanze della morte. Di quegli esami, autorizzati dalle autorità ecclesiastiche, non rimane traccia, come ha ammesso anche il vescovo dell’Aquila. Forse perché il diritto canonico vieta ogni esame di questo genere sui corpi dei Papi? .

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