web

giovedì 21 aprile 2016

La bussola integrata delle farfalle monarca


Ogni anno in autunno milioni di farfalle monarca (Danaus plexippus) di Canada e Stati Uniti affrontano un volo di oltre 3000 km per andare a svernare in una piccola valle del Messico centrale. È un viaggio di due mesi, il più lungo per un insetto, e come facciano i lepidotteri a non perdersi durante la lunga migrazione non era ancora del tutto chiaro, pur essendo noti da tempo gli elementi che entrano in gioco


Il sistema di navigazione delle monarca si basa su due meccanismi: i neuroni azimut degli occhi seguono la posizione del Sole rispetto all'orizzonte; le antenne ospitano invece una sorta di orologio interno, basato sull'espressione ritmica di alcuni geni che, come per il nostro ritmo circadiano, scandiscono i tempi della giornata. 

Rimaneva da capire come le farfalle ricevessero e integrassero le informazioni.
 Lavorando con alcuni colleghi biologi, Eli Shlizerman, matematico dell'Università di Washington, ha registrato i segnali nervosi che dagli occhi e dalle antenne delle farfalle viaggiano verso il cervello. I dati sono stati poi inseriti in un modello matematico, per vedere se questi input potessero portare a una navigazione verso sudovest.


Nel modello, due meccanismi, uno inibitore e l'altro eccitatorio, controllano i segnali delle antenne e degli occhi.
 L'equilibrio tra questi segnali aiuta le farfalle a prendere la direzione giusta, e a correggere la rotta quando serve.
 La stessa bussola biologica, in primavera, funziona in modo opposto e speculare.

 È la prima spiegazione coerente e completa di come diverse generazioni di farfalle riescano sempre a trovare la strada di casa. 

 Fonte: focus.it

mercoledì 20 aprile 2016

Sardegna, l'antico borgo colorato di Bosa


Bosa è un borgo antico della provincia di Oristano, in Sardegna ed è caratteristico per le sue case tutte colorate che da lontano, creano un effetto davvero suggestivo.


Qualche anno fa, Bosa si era aggiudicata il secondo posto come borgo più bello d’Italia dopo Gangi in Sicilia, durante il concorso nazionale lanciato dalla trasmissione tv, Il Kilimangiaro. 

 Abitata fin dall’epoca fenicia, Bosa ha avuto diverse dominazioni fino alla colonizzazione romana ed è famosa oltre che per il suo bel paesaggio che sorge sul Temo, l’unico fiume navigabile sardo, anche per la lavorazione di tessuti, di ricami di filet e di cesti intrecciati.






Facendo una passeggiata è possibile notare una varietà sconfinata di piante e alberi della macchia mediterranea, stesso discorso vale dal punto di vista faunistico, a Bosa nidificano, infatti, 58 specie tutelate, tra cui l’avvoltoio grifone.


Bosa è stata rinominata "Città del Sole", il suo borgo antico Sa Costa è in parte arroccato sulle pendici del colle di Serravalle, in cima al quale si trova il castello omonimo, edificato dalla famiglia toscana dei Malaspina tra il XII e il XIII secolo.

 Secondo la leggenda, esisterebbe un sentiero sotterraneo che dal castello porta alla cattedrale e che era usato dalla giovane castellana poiché il marito, estremamente geloso non le permetteva di uscire. Quindi, per potersi recare a pregare doveva passare da qui.
 Sempre secondo i racconti antichi, lo stesso marchese uccise la moglie per rabbia, tagliandole tutte le dita delle mani.
 Si dice che lo spirito della giovane sposa sia rimasto imprigionato nel castello, dove ancora oggi si può avvertire la sua presenza.


Anche gli amanti del mare e delle spiagge non rimangono delusi da Bosa perché essa offre calette meravigliose. 
La spiaggia di Bosa marina si è aggiudicata cinque vele nelle guida blu di Legambiente.




Dominella Trunfio

Ottanta scheletri ammanettati: inquietante scoperta archeologica in Grecia


Due fosse comuni sono state rinvenute nella regione del Delta Falirikon del sud di Atene, con gli scheletri di 80 giovani uomini, molti ammanettati a mani e piedi, e datati tra il 675 e il 650 aC. 
 A giudicare dai loro resti, gli archeologi pensano possa trattarsi dei seguaci di Cylon, un antico gruppo di greci olimpionici che ha cercato di impadronirsi della capitale ellenica oltre tremila anni fa. Quando le tombe sono state scoperte, gli archeologi hanno trovato gli scheletri tutti allineati, alcuni sulla pancia, e altri sulle loro spalle. 80 in totale, 36 sono stati ammanettati con arnesi in ferro.
 I loro denti sono stati trovati in buone condizioni, il che indica che i giovani erano uomini sani.
 Due piccoli vasi decorativi posti a fianco degli scheletri hanno permesso ai ricercatori di risalire all’età dei resti umani abbastanza accuratamente, a circa la metà del tardo 7 ° secolo aC – “un periodo di grande agitazione politica nella regione”, ha dichiarato il Ministero della Cultura di Atene alla stampa .

 Le tombe sono state scoperte in un antico cimitero alla periferia costiera di Atene durante i lavori di costruzione della nuova Biblioteca Nazionale di Grecia. 
 Tenuto conto della “grande importanza di questa scoperta”, il ministero ha annunciato che le autorità locali avvieranno ora un’istruttoria per verificare se si debba o meno analizzare l’area integralmente.


Dal momento che, all’epoca della morte, si trattava di uomini giovani, gli archeologi che hanno trovato gli scheletri ipotizzano che si trattasse dei seguaci di Cylon, i quali guidarono un fallito colpo di stato ad Atene come riportato dagli antichi storici Erodoto e Tucidide. 
 L’ipotesi avrebbe senso considerato il periodo storico della vicenda, che combacia con quello riportato dall’operazione di datazione. 
 Sembra che Cylon aspirasse a divenire un grande leader tiranno di capitale, ma che non tutti gli Ateniesi fossero d’accordo.
 Per questo l’aspirante dittatore chiese aiuto alla vicina città di Megara. 
 Analizzando l’Acropoli, durante il Festival di Zeus nel 632 aC , le cose sono andate molto male per Cylon, e mentre lui riuscì a scivolare fuori con il fratello e fuggire nell’oscurità, i suoi seguaci di Megaran furono messi con le spalle al muro dagli Ateniesi, e costretti a rifugiarsi nel tempio di Atena.
 Sono rimasti qui fino a quando si sono resi conto che non avevano cibo e, infine, affrontarono i nove arconti – o magistrati – di Atene. “Megacle, il capo archon, promise ai combattenti di risparmiar loro la vita, ma non appena questi si allontanarono dal tempio, egli ordinò la loro morte”, scrive lo storico Mary MacGregor . 
 Questi 80 scheletri potrebbero essere i resti di quei giovani soldati, che fino ad ora, non era stato contabilizzati. 

Fonte: globochannel.com

martedì 19 aprile 2016

Da quando c'è la pagella?


Inventata dall’imperatore d’Austria Giuseppe II nel 1783, la pagella fece il suo debutto in Italia circa un secolo dopo, ma venne introdotta ufficialmente in tutte le scuole italiane, adottando un unico modello, solo in epoca fascista, con il regio decreto del 20 giugno 1926. 
Ogni famiglia era tenuta ad acquistarla dal tabaccaio al costo di 5 lire (circa 4 euro odierni). 

 Le prime pagelle (nella foto una del 1941-42) avevano sul frontespizio lo stemma sabaudo e le valutazioni venivano espresse in giudizi (sufficiente, buono, lodevole) ; tra le materie figuravano religione (prima della lista), canto, bella scrittura, lettura espressiva, lavori domestici e manuali. 

 La pagella divenne anche uno strumento di propaganda: il fascismo se ne servì per veicolare la sua idea di gioventù fisicamente sana, istruita e formata per una società sempre più militarizzata. 
Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale la pagella italiana fece anche propaganda bellica, con l’immancabile motto mussoliniano “Vincere”. 

 Pagella è il diminutivo del latino pagina, ovvero “colonna di scrittura”, “facciata scritta di libro o quaderno”. 
Pagella, dunque, è l’equivalente latino di “piccola pagina”.

 Più di un ragazzo ha tentato di farsi passare, di fronte a una pagella non proprio entusiasmante, per un “genio incompreso”. Magari snocciolando il nome di qualche grande del passato sottovalutato dalla scuola. 
Come Giuseppe Garibaldi, che confessò di essere portato “più al divertimento che allo studio”. O come Albert Einstein: al Politecnico di Zurigo fu bocciato agli esami di ammissione e costretto a riparare in tutte le materie tranne matematica e fisica nelle quali, contrariamente a quanto si dice talvolta, eccelleva. Benito Mussolini fu invece retrocesso dalla quarta alla seconda (studiava dai Salesiani) perché ferì un compagno con un coltello durante una rissa. 
Problemi di condotta, ma anche di rendimento, segnarono la carriera scolastica di Adolf Hitler: nel 1904 e nel 1905 dovette affrontare gli esami di riparazione mentre il suo comportamento gli costò l’esclusione dalla prestigiosa scuola di Linz (Austria). 
 Anche Winston Churchill non se la passava meglio: fu più volte rimandato. 
«La tua pagella è molto brutta. Il tuo modo di lavorare è un insulto all’intelligenza» gli scriveva la madre. 
A salvarlo dalle bocciature pare fosse solo la straordinaria memoria. 

 Fonte: focus.it

Le Fonti del Clitunno


L’Umbria offre moltissimi scenari nei quali è possibile godere di calma e tranquillità, fuori da tutto il caos metropolitano o cittadino a cui siamo ormai abituati. 
Tra questi, troviamo le Fonti del Clitunno, che si estendono su una superficie di quasi 10.000 mq lungo la via Flaminia fra Spoleto e Foligno, nel comune di Campello sul Clitunno. 

 Alimentate da acque sorgive sotterranee che sgorgano da fenditure nella roccia che, anticamente, con la loro copiosità, formavano un fiume navigabile fino a Roma, lungo le cui sponde sorgevano sacelli, ville e terme; hanno un aspetto suggestivo con il laghetto popolato di nasturzi acquatici, nontiscordardime della palude, cigni e anatre, fanerogame, code di cavallo acquatiche, mestolacce, brosche increspate ed ancora carpe, tinche, trote ed altri pesci d’acqua dolce.
 Tutt’intorno al lago, un labirinto di rigagnoli, cascatelle, ponti e sentieri, salici piangenti e pioppi cipressini che si specchiano sulla superficie dell’acqua.
Molti sono i pittori, i poeti e gli scrittori che, fin dall’antichità, rimasero colpiti dalla bellezza di questo posto, tra cui Plinio il Giovane, Virgilio, Corot, Byron e Giosuè Carducci, che le consacrò nella sua celebre Ode.








Il fiume Clitunno, anticamente detto Cleoton, Cleo o Cliton, nell’antichità era rinomato per i buoi, allevati lungo le sue rive, molto apprezzati dagli antichi Romani quali vittime sacrificali per i trionfi bellici.
 La crisi sismica del 446 d.C., ridusse di molto la portata sia del fiume Clitunno, sia di altri corsi d’acqua che un tempo dovevano essere navigabili e che ora non lo sono più.


Era il 1852, quando il conte Paolo Campello volle ridonare alle Fonti del Clitunno l’impianto scenografico-paesaggistico narrato da Plinio, che possiamo oggi ammirare. 
Da non perdere il Tempietto di Clitunno, iscritto Il 25 giugno del 2011 nella lista “Longobardi in Italia: i luoghi del potere” facente del patrimonio mondiale dell’Umanità UNESCO. 

 Caterina Lenti

venerdì 15 aprile 2016

Ganesha, il dio elefante: cosa rappresenta il suo simbolismo


Una delle divinità induiste più conosciute e venerate è Ganesha, figlio di Shiva e Parvati. 
Nella sua rappresentazione simbolica, Ganesha identifica e racchiude alcuni aspetti e virtù dello yoga, motivo per cui viene conosciuto anche da chi pratica questa disciplina.
 Una testa di elefante con grandi orecchie per ascoltare meglio, occhi piccoli per essere più concentrato e bocca piccola per parlare poco. 

Viene rappresentato con una sola zanna. 
Secondo una leggenda, Ganesha mentre scriveva il Mahābhārata, uno dei più noti poemi epici indiani, spezzò la stilo con cui scriveva. Per continuare la stesura del poema, sotto dettatura del saggio Vyasa, si spezzò una zanna e continuò a scrivere con questa, preferendo la saggezza alla bellezza.

 Ha quattro braccia.
 In una possiede il loto, fiore di purezza che rappresenta il buon agire.
 Il loto è il fiore che nasce dal fango e si mostra in tutta la sua bellezza, allo stesso modo rappresenta la purezza del nostro cammino supportato da Dharma. 
Anche per questo fiore simbolico che possiede, Ganesha viene identificato come simbolo di buon auspicio e buon augurio e simboleggia la capacità di superare gli ostacoli, infatti viene spesso invocato all’inizio di un’attività, come aiuto per superare ogni difficoltà.
 Con due mani regge l’Ankusha, attrezzo che i conduttori di elefanti usano per guidarli.
 Nella mano di sinistra possiede dei dolcetti, i “siddhi”: i risultati di una buona pratica. 
 Nella proboscide Ganesha ha l’Amrita, il nettare degli dei, in grado di generare uno stato di Ananda, ovvero di gioia suprema. 

 Ai piedi di Ganesha c’è il topolino Aku che simboleggia l’astuzia, la velocità. 
Secondo alcuni testi rappresenta, invece, il desiderio e la necessità di tenerlo sotto controllo per evitare che prenda il sopravvento.

 Fonte: greenme.it

L'iguana Godzilla delle Galapagos


Una versione ridotta di Godzilla, perfettamente a proprio agio in ambiente acquatico: l'aspetto "mostruoso" di questa iguana marina delle Galapagos (Amblyrhynchus cristatus), nera come la lava sulla quale spesso si distende, colpisce da sempre i visitatori dell'arcipelago amato da Darwin, che per primo definì il sauro, "disgustoso e goffo".




Ha colpito anche Steve Winkworth, autore di questo video che ritrae il rettile mentre si sposta sul fondale del Pacifico con un'andatura degna di Gollum, si nutre di alghe marine e nuota con la destrezza di un delfino.
 Il filmato realizzato al largo della costa settentrionale dell'isola Isabela e postato lo scorso ottobre, ha recentemente attirato l'attenzione della Rete dopo essere stato postato su Reddit.

 

Il colore di questa iguana, l'unica lucertola davvero marina, ha un ruolo preciso nella termoregolazione. 
Il mare è la principale fonte di cibo per i sauri, che nutrendosi di alghe raggiungono gli 1,2 metri di lunghezza.
 Ma nelle fredde acque delle Galapagos la velocità di movimento dei lucertoloni, incapaci di regolare autonomamente la temperatura, si riduce notevolmente, rendendoli vulnerabili ai predatori; il colore scuro aiuta a immagazzinare calore più facilmente quando si trovano sulla terraferma.

 Fonte: focus.it
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...