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mercoledì 30 settembre 2020

Il sito archeologico di Paestum tra stupore e meraviglia


 Il sito archeologico di Paestum, situato nella città campana di Capaccio Paestum poco a Sud del fiume Sele, è tra i siti meglio conservati della Magna Grecia, annoverato dal 1998 come sito patrimonio dell’UNESCO.

 Anticamente la città prendeva il nome di Poseidonia in onore del dio ellenico Poseidone

Il nome attuale deriva dalle successive dominazioni prima Lucane e poi Romane.


I ritrovamenti archeologici hanno mostrato i primi insediamenti umani fin dai tempi preistorici, organizzati in piccoli villaggi divisi nella vasta area del sito.

Storicamente il primo a parlare della fondazione della città è stato Strabone.

 Poseidonia, l’odierna Paestum, sembra essere nata come colonia commerciale nella piana del Sele, della città di Sibari, a partire dal VII secolo a.C. La possibilità di avviare commerci con le varie popolazioni italiche sia via terra che via mare, diedero vita all’incremento dei primi insediamenti, fino ad arrivare alla vera e propria città di Poseidonia.

Il massimo splendore della città è avvenuto grazie a una serie di eventi sfavorevoli per la madre patria; nel VI secolo a. C., infatti alcuni disordini tra Sibari e altre città Italiche hanno portato una massiccia migrazione di cittadini verso la colonia pestana. 

 A questo periodo storico risalgono la costruzione dei suoi tre templi; la Basilica; il Tempio cosiddetto “di Cerere” ed il Tempio cosiddetto “di Nettuno”, ancora oggi in piedi sia nei basamenti che nel colonnato.


Tra il 420 a.C. e 410 a.C. circa, i Lucani gradualmente conquistarono la città, mutandone il nome in Paistom.

 La prosperità della città continuò anche sotto il dominio lucano grazie anche alla grande fertilità del territorio e alle reti commerciali ben consolidate.

Nel 273 a.C. Roma conquistò il sito che diventa ufficialmente una colonia di diritto romano come sancisce l’ulteriore cambio del nome. I pestani e i vicini abitanti di Velia furono tra i più importanti fornitori di navi e di marinai delle flotte romane, anche durante le guerre Puniche. Questo consolidò il legame della città con Roma, garantendole sicurezza e prestigio.

La cinta muraria della città di Paestum, come oggi la conosciamo, è di origine romana, pur essendo costruita su fortificazioni più antiche. Essa è una delle fortificazioni murarie meglio conservate dell’intera Magna Grecia; conta una lunghezza di circa 4.750 metri, su questa sono visibili i resti di 28 torri di guardia con quattro punti di accesso alla città disposti seguendo i punti cardinali: Porta Marina, Porta Aurea, Porta Sirena e Porta Giustizia.

Già Strabone riportava i problemi di progressivo impaludamento a cui la città era sottoposta a causa di un corso d’acqua che scorreva vicino, fin sotto le mura.

 Oggi il fiume viene identificato come il moderno Capodifiume, nota attrazione naturalistica della zona. 

L’impaludamento della città creò un accentramento dell’abitato sul punto più alto del sito, vicino al tempio di Cerere.

La precoce cristianizzazione della città trasformò il secolare culto di Hera nella tuttora venerata madonna del Granato, emblema di fertilità e ricchezza e abbondanza nei campi.

 L’odierna statua della madonna infatti rimarca le forme e la postura delle statuette di terracotta della dea greca.

La collocazione di Paestum, ormai disabitata e impaludata, via via si è andata perdendo nei secoli.


 Il rinnovato interesse e riscoperta del sito deve attendere gli inizi del Settecento, grazie agli studiosi e letterati di tutta Europa, che inseriscono Paestum come meta del Gran Tour; visitata da personalità come Goethe, Nietzsche e Piranesi.


Piranesi realizzò varie incisioni che mostravano in chiave quasi romantico-decadente la grandezza delle forme geometriche imponenti dei templi immersi nella natura selvaggia e rigogliosa del territorio pestano.

Una delle scoperte più affascinati rinvenute nei pressi del sito è la tomba funeraria di un giovane Pestano, chiamata la Tomba del Tuffatore. 

La lastra principale raffigura infatti un giovane che si tuffa da un trampolino, probabile simbologia del momento della sepoltura come viaggio tra il regno dei vivi e quello dei morti. 

Tale manufatto insieme a molti di quelli rinvenuti nella zona archeologica è conservato ed esposto al Museo Archeologico Nazionale di Paestum, costruito come parte dell’abitato moderno sui resti interrati di parte dell’antica città.

 Questo dona un fascino di mistero e scoperta sempre vivo nei confronti di una delle antiche ricchezze della Magna Graecia.



Fonte: vanillamagazine

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