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lunedì 14 aprile 2014

Lo Studiolo di Francesco I de' Medici


Il Museo di Palazzo Vecchio offre al pubblico uno dei suoi ambienti più suggestivi e ricercati: lo Studiolo di Francesco I de' Medici, straordinaria "guardaroba di cose rare et pretiose" in grado ancora oggi di restituire non solo la visione del mondo naturale nel Cinquecento ma anche tutto il fascino che questa esercitava sul Granduca, appassionato studioso delle meraviglie che potevano scaturire dall'incontro fra la Natura e l'Arte.

 La costruzione dello Studiolo, compiuta tra il 1570 e il 1575 su progetto dell’architetto e pittore di corte Giorgio Vasari e dell’erudito Vincenzo Borghini, fu commissionata da Francesco de’ Medici che nel 1564 era subentrato al padre Cosimo I nella guida del ducato toscano in qualità di reggente.
 Il piccolo ambiente faceva parte dell’appartamento privato del duca e vi si accedeva unicamente dalla camera da letto sul lato opposto a quello del colle­gamento con il Salone dei Cinquecento, aperto nel XIX secolo. 
Sia la collocazione che la conformazione rispecchiano i canoni di questa particolare tipologia di ambienti, comuni nelle regge principesche fin dal Medioevo e destinati, oltre che allo studio, ad acco­gliere gli oggetti più preziosi e di piccolo formato delle collezioni di famiglia, che i proprietari mostravano solo a ospiti speciali. 
 Francesco I infatti ne richiese la costruzione per riporvi ‘certe sue cose’ e lo ‘stanzino’, come era allora chiamato, venne concepito alla stregua di ‘una guardaroba di cose rare et preziose et per valuta et per arte, come sarebbe a dire gioie, medaglie, pietre intagliate, cristalli lavorati et vasi, ingegni et simil cose, non di troppa grandezza, riposte nei propri armadi, ciascuna nel suo genere’.
 Gli armadi si aprono nello spessore della muratura lungo il registro inferiore delle quattro pareti, dietro i dipinti di forma ovale che, insieme alle rispettive cornici, ne costituiscono gli sportelli.


Secondo l’invenzione di Borghini, ogni lato dello Studiolo era dedicato a uno dei quattro elementi della natura e raggruppava nei relativi armadi tutti gli oggetti ritenuti appartenenti a quella categoria, come le pietre o le ossa intagliate per la Terra, i distillati e i vetri e metalli forgiati con il calore per il Fuoco, i cristalli per l’Aria o le perle per l’Acqua.
 La decorazione degli sportelli e del soprastante registro in lastre di lavagna, alternate a sculture in bronzo entro nicchie, rifletteva il contenuto degli armadi con scene bibliche, mitologiche, storiche, allegoriche e di genere, allusive alle qualità degli oggetti che vi si custodivano.
 L’intero programma iconografico dello Studiolo è dunque dedicato a celebrare il rapporto tra Arte e Natura, in linea con gli interessi di Francesco I, ricordato non tanto per azioni di governo, quanto piuttosto per la sua passione per le scienze e l’assiduità con cui praticava in prima perso­na l’alchimia, lo studio dei fenomeni “occulti” e varie altre attività sperimentali, dalla fusione del vetro alla ricerca della formula della porcellana.
 Il fulcro dello schema iconografico coincide con la decorazione ad affresco della volta che mostra un cosmogramma, con al centro la personificazione della Natura che tende una pietra preziosa a Prometeo, rappresentante l’Arte come inventore delle gemme e degli anelli, e intorno le allegorie dei quattro elementi (terra, acqua, aria, fuoco), delle quattro qualità (freddo, umido, caldo, secco), dei quattro temperamenti dell’uomo (malinco­nico, flemmatico, sanguigno, collerico) e delle quattro stagioni (nelle lunette, a fianco dei ritratti dei genitori del committente).








Il particolare fascino dell’ambiente si deve sia all’originalità dell’invenzione che al felice risultato dell’unione dei contributi dei trentuno artisti diversi, quasi tutti membri della fiorentina Accade­mia del Disegno, che furono chiamati a realizzarla, in competizione l’uno con l’altro.
 Questa peculiarità fa dello Studiolo una vera e propria summa del tardo Manierismo fiorentino, comprendente opere di alcuni dei più rinomati pittori e scultori dell’epoca, tra cui lo stesso Vasari, Alessandro Allori, Giovanni Stradano, Bartolomeo Ammannati e Giambologna.

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