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giovedì 30 gennaio 2014

'Napolitano boia', M5S accusato di vilipendio



Si parla di vilipendio, nel diritto penale italiano, in riferimento ad alcuni reati che consistono in manifestazioni di disprezzo verbale rivolte a determinati soggetti (particolarmente le istituzioni dello Stato, ma anche le confessioni religiose o i defunti).
Il termine deriva dalla lingua latina vilipendĕre, composto da vilis, vile, e pendĕre, stimare: considerare vile

Disciplina normativa
I delitti di vilipendio politico erano già noti al Codice Zanardelli del 1889.
Il Codice Rocco (1930) li mantenne come delitti contro la personalità dello Stato, entro il sistema penale dello Stato fascista. Con l'avvento della Repubblica e della nuova Costituzione, i delitti di vilipendio apparvero reati di mera opinione, contrari alla libertà di manifestazione del pensiero e, per giunta, a contenuto indeterminato: non è facile, infatti, stabilire quale e quanto grave debba essere l'offesa verbale alle istituzioni per ritenere commesso il reato.(non ha citato l'istituzione)
Nonostante le pressioni di una dottrina giuridica generalmente abrogazionista, la Corte costituzionale rigettò la questione di legittimità dell'art. 290, chiarendo che il bene del prestigio delle istituzioni non solo meritava tutela, ma aveva rilievo costituzionale. In questo modo i reati di vilipendio trovavano la loro giustificazione anche nel nuovo regime democratico.
Nel 2006, con la riforma dei reati di opinione, le sanzioni detentive già previste per i delitti di vilipendio riguardanti gli articoli 291, 292, 299, 403-404 furono sostituite da pene pecuniarie.

NB. Il Signor Giorgio Sorial non cita la carica istituzionale ma solo il cognome della persona 

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