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lunedì 28 ottobre 2013

Sauri delle Dolomiti

Fino a trenta anni fa, nessun paleontologo avrebbe mai pensato di trovare tracce di dinosauri nell'area dolomitica.
L´apparente mancanza di dinosauri sul territorio fu spiegata con la ricostruzione paleoambientale che collocava l´area dell'odierna Italia in un vasto mare (la Tetide), in parte profondo, in cui crescevano barriere coralline e si depositarono marne e limi - però nessuna estesa terraferma che poteva ospitare dinosauri.

Ma nel 1941 il paleontologo tedesco Friedrich von Huene descrisse una piccola impronta tridattila (lunga 6-7cm) ritrovata in sedimenti di delta fluviale sui Monti Pisani presso Agnano (Toscana), datata a 230 milioni di anni.
Huene chiamo l´icnospecie appropriatamente Coelurosaurichnus toscanus e la attribuì a un ceratosauride di piccole dimensioni. L´icnofossile fu esposto nel Museo di Geologia e Paleontologia di Firenze e si dovette aspettare fino al 1985 per ampliare questa prima collezione di dinosauri italiani.

Ma negli ultimi decenni le rocce delle Dolomiti hanno restituito una incredibile varietà di resti di vertebrati - infatti sono state scoperte le più antiche orme di anfibi delle Alpi, le più lunghe camminate di dinosauri di tutta Europa ed i più antichi rettili volanti del mondo.

Nel 1985 il naturalista amatoriale Vittorino Cazzetta scopre su un masso di frana ai piedi del Monte Pelmetto - nelle Dolomiti orientali (Belluno) - 100 orme che formano 5 diverse piste di dinosauri. Tre piste presentano orme lunghe 6-7 centimetri attribuite a dei piccoli teropodi, una quarta pista di orme lunghe da 10-12 centimetri è stata attribuita a un ornitischio bipede e l´ultima pista, con le maggiori dimensioni fino a 15 centimetri, potrebbe essere stata lasciata da un pro sauropode di piccole dimensioni.
Una ricerca condotta nel detrito di frana e ghiaione del Monte Pelmetto ha restituito altri blocchi con delle impronte di dinosauri e tecodonti.
Anche uno dei siti di maggiori dimensioni nelle Dolomiti fu scoperto per caso in un pomeriggio di primavera del 1988 in un´area di frana caduta nel medioevo - paesaggio cosi impervio è strano che è citato perfino da Dante Alighieri nella sua Divina Commedia.
Oggi i Lavini di Marco nei pressi di Rovereto comprendono diverse centinaia di orme visibile su un strato scoperto dalla frana, le più belle impronte possono essere trovate nel "Colatoio Chemini", dedicato al scopritore del sito Luciano Chemini.

Nel 1992 in un altro singolo blocco di frana ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo furono scoperte due grandi orme tridattile lunghe 30 centimetri e nel 1994 l´icnologo Giuseppe Leonardi segnala la presenza di orme tridattile presso Cima Puez (Bolzano).
Tra il 1994 e il 2000 altri naturalisti amatoriali continuano a scoprire impronte nei limiti del "Parco delle Dolomiti Friuliane", situato tra i paesi di Andreis, Claut e Cimolais (Pordenone).
Questi icnofossili comprendono tracce di teropodi, anche di dimensioni molto grandi, inoltre prosauropodi e tecodonti.
Ricerce piú o meno sistematico hanno rilevato siti negli Alti Lessini veronesi (Valle di Revolto), sul Monte Pasubio, Lessini settentrionali, Beco di Filadonna e Valle del Sarca.
Quasi tutte le piste e impronte di dinosauri conosciuti nelle Dolomiti sono state rinvenute nella formazione della Dolomia Principale (Triassico superiore) o nella formazione dei Calcari Grigi (Giurassico inferiore).
Entrambe le formazioni sono rocce carbonati massicce di colorazione grigia.
Esse si sono depositate in una vasta zona intra- e supratidale

Una eccezione particolare è una grande impronta tridattile (lunga 35 centimetri) notata per caso nel 1994 da un geologo su un grande blocco usato nella costruzione dei moli di Ravenna.
Ricerche successive sono riuscita a determinar la provenienza del blocco a una cava situata ai piedi dell´Altopiano del Cansiglio (Pordenone), dove vengono estratte rocce carbonatiche del Cretacico.
Le moderne ricostruzioni dell´antica regione delle Dolomiti
(e l´Italia) basate sulle impronte di animali vedono un ampio arcipelago d'isole anche di grandi dimensioni, con sufficiente biomassa per garantire la sopravivenza di popolazioni di dinosauri erbivori con tanto di predatori, collegati tra di loro da vaste zone tidali, che rendevano possibile una migrazione dei dinosauri tra le terre emerse e la conservazione delle loro piste nei fanghi e limi carbonatici depositati

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