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venerdì 8 febbraio 2013

Lo smeraldo nell'antichità


Le più antiche notizie sull'uso di smeraldi in gioielleria, datano all'antico Egitto. Sebbene alcune fonti sostengano che lo smeraldo fosse già noto ai tempi dei Faraoni della 12° dinastia (1900 a.C.), in realtà è noto con certezza che lo smeraldo era ampiamente diffuso in epoca tolemaica (300-30 a.C.), in epoca romana (30 a.C. - 400 d.C.) e presso i Bizantini (400 - 650 d.C.). Durante il regno della regina Cleopatra (primo secolo a.C.), ebbero grande sviluppo i traffici commerciali tra Roma e L'Egitto.
 Pietre preziose, così come marmi ed altri materiali da costruzione, furono importati nei territori dell'impero romano a fini artigianali. Le miniere di smeraldi attive in quel periodo erano quelle di El Zabara ed El Sikait sulle rive del Mar Rosso nell'Alto Egitto. Esse furono intensamente coltivate per molti secoli fino al regno del Sultano Al-Kamel (~ 1200 D.C.). Nonostante la loro ampia diffusione, le gemme prodotte da queste miniere non erano di elevata qualità a causa delle loro ridotte dimensioni, della non accentuata colorazione verde e delle numerose inclusioni fluide e solide presenti al loro interno. Tuttavia si può ritenere con buona approssimazione, che la maggior parte degli smeraldi rinvenuti in area romana era di origine egiziana.

Sia i Romani che gli Egiziani attribuirono numerose proprietà divinatorie alle gemme verdi che venivano ritenute di buon auspicio per la fertilità. Lo scrittore greco Teofrasto, un discepolo di Aristotele (371-287 A.C.) ci ha tramandato notizie sull'uso di smeraldi in epoca greco-romana. Egli considerava i minerali soprattutto dal punto di vista della loro utilità. Nella sua opera "Peri Lithon" sono raccolte informazioni su giacimenti di oro, argento, piombo, rame, stagno, mercurio e sui minerali e rocce che li contengono. Sono interessanti ancora alcuni commenti, anche se frammentari e confusi, sull'origine dei minerali e sulle loro proprietà terapeutiche. Topazio, smeraldo ed acquamarina, rubino e granato erano richiesti sia per la loro bellezza che per i poteri magici loro attributi da influenze astrali. In particolare si riteneva che lo smeraldo, osservato intensamente, avesse la capacità di migliorare la vista. Lo scrittore romano Plinio il Vecchio confermò questa ipotesi, che potrebbe essere alla base degli occhiali oggi usati per correggere alcuni difetti visivi. Plinio (23 - 79 d.C.) è rimasto famoso fino ai nostri giorni come il primo enciclopedista della Storia. Le sue straordinarie conoscenze sono raccolte nei 37 volumi dell'opera "Naturalis Historia", una vasta raccolta (finita nel 77-78 d.C.) che partendo dalla "centralità" dell'uomo dà informazioni su tutto ciò che esiste in natura, sulla medicina e sulle arti. Nel libro dedicato ai minerali è presente un'ampia discussione sullo smeraldo e sulle diverse miniere attive ai suoi tempi che potrebbero essere state l'origine degli smeraldi rinvenuti in siti archeologici dell'Impero Romano. In termini di valutazione economica, Plinio pone lo smeraldo al terzo posto dopo i diamanti e le perle. Nonostante la bellezza e l'interesse per le gemme, Plinio critica la smodata passione della società romana per l'oro e le pietre preziose. Tra le altre annotazioni raccolte, lo scrittore romano segnala 12 varietà di smeraldi di cui egli aveva notizie. Esse corrispondono a 12 località nelle quali venivano coltivati smeraldi. Le più importanti miniere erano senz'altro quelle della Scizia, oggi corrispondenti ai depositi situati sui Monti Urali che dividono la Russia europea dalla Siberia. Altre citazioni comprendono la Batriana, odierno Afghanistan, l'Egitto, l'isola di Cipro, l'Etiopia, la Macedonia, la Persia, la Grecia, l'India ed il Pakistan. 
Oggi sappiamo che Plinio includeva tra gli "smeraldi," anche altre pietre che in realtà non hanno nulla a che vedere con le famose gemme verdi. Tra di esse ricordiamo il turchese, un fosfato di rame, usato in gioielleria per le sue belle sfumature dal verde chiaro al celeste vivo, coltivato in alcune delle località menzionate quali Cipro, la Macedonia, la Grecia e la Persia. 
Nonostante le inesattezze l'opera di Plinio resta di fondamentale importanza per coloro che vogliano orientarsi nelle attività minerarie del suo tempo. Una ricerca come quella che si sta impostando presso i Laboratori della Sezione di Roma dell'IGG-CNR sulla origine degli smeraldi archeologici ha trovato un gran numero di informazioni utili per la localizzazione delle miniere attive in epoca romana. Unica reale lacuna dell'opera di Plinio è la totale mancanza di informazioni sulla miniera di Habactal, situata in Austria vicino Salisburgo. La miniera più vicina a Roma non era nota allo scrittore romano così attento nelle sue citazioni!!! Del resto, secondo alcune fonti, si ritiene che questa miniera fosse già nota ai Celti, una popolazione indo-europea che si era insediata nella zona centro-occidentale dell'Europa nel 4° secolo a.C. Probabilmente si può pensare che i messi inviati da Plinio per raccogliere informazioni sulla miniera potrebbero non essere tornati in tempo per includere i loro dati nell'opera o, più verosimilmente, che la miniera non fosse attiva nel primo secolo d.C.

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