Mozzarelle e ricotte, o almeno i loro antesignani, sono vecchi di 7.500 anni: secondo una ricerca pubblicata sull'ultimo di Nature i nostri progenitori, in pieno neolitico, avevano infatti sviluppato tecnologie e competenze utili a separare la parte grassa del latte e trasformarla in formaggio.
Lo afferma Peter Bogucki, un archeologo della Princeton University, che già negli anni '80 fu tra i primi a sostenere che l'arte casearia risaliva almeno al 5.500 a.C. Bogucki aveva infatti notato, tra i reperti ritrovati in un sito archeologico polacco, alcuni vasi bucherellati molto simili nelle forme ai canestri utilizzati ancora oggi per la preparazione dei formaggi freschi.
Quasi 30 anni dopo, aiutato dalle più moderne tecnologie, l'archeologo ha trovato conferma delle sue ipotesi. L'analisi al gascromatografo delle molecole intrappolate nei pori dell'argilla di quegli antichi vasi ha permesso di affermare con certezza che si tratta di grasso del latte: sarebbe la prova definitiva delle capacità casearie degli uomini del neolitico.
La scoperta è importante perché prova l'esistenza di tecnologie relativamente complesse come quelle necessarie per produrre il formaggio già 5.500 anni prima di Cristo. Non solo: secondo Richard Evershed, chimico dell'Università di Bristol e coautore dello studio, la ricerca costringe a ripensare il rapporto tra uomini e animali in quell'epoca remota. Mucche, capre e pecore non sono più solo produttrici di latte da bere e di carne, ma anche della materia prima necessaria a fare il formaggio.
Ma come mai i nostri progenitori hanno iniziato a produrre questo alimento? Probabilmente è stata una scelta dettata... dallo stomaco. Gli uomini di allora con l'età adulta perdevano la capacità di digerire il lattosio, lo zucchero del latte. E dato che i formaggi ne contengono molto meno rispetto alla materia prima di partenza, il loro consumo divenne presto un modo per aggirare il problema.
“Questo tassello della vita quotidiana dei nostri antenati ci aiuta a capire un po' meglio i processi che hanno portato all'abbandono del nomadismo” spiega Heather Paxson, antropologa al Massachusetts Institute of Technology. Secondo la ricercatrice, i casari dell'epoca potrebbero aver utilizzato batteri trovati in natura per favorire la fermentazione del latte e produrre qualcosa di vagamente simile alla nostra mozzarella.
Fonte: Focus
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