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giovedì 15 novembre 2012

Il 12% della popolazione mondiale usa l’85% dell'acqua

 Dall’Africa Subsahariana all’America Latina, dal Bangladesh al Medio Oriente, il mondo ha sete.

Il 12% della popolazione mondiale usa l’85% del bene più prezioso del pianeta.
Se uno statunitense usa al giorno 425 litri di acqua, un italiano 237 e un francese 150, in Madagascar non supera i 10 litri la disponibilità media giornaliera pro capite di questa risorsa.
Un bambino nato in un paese industrializzato consuma acqua da 30 a 50 volte più di un bambino di un paese in via di sviluppo.
Si disegna uno scenario fatto di sprechi inauditi da un lato, e penurie incolmabili dall’altro.
Sono 1,6 miliardi le persone nel mondo che non hanno accesso all’acqua potabile; 2,6 miliardi non hanno accesso ai servizi igienico-sanitari di base; 2,4 miliardi di persone – più di un terzo della popolazione mondiale – non hanno a disposizione impianti fognari adeguati, 5 milioni muoiono ogni anno per malattie legate all’acqua, di cui 1,8 milioni sono bambini (4.900 al giorno, in 8 mesi tutti i bambini d’Italia).
Se queste cifre fanno paura, le previsioni per il futuro sono ancora meno rassicuranti.
Secondo diversi studi, entro il 2025 è destinato a salire a 3,5 milioni il numero di persone che non avranno accesso alla risorsa più preziosa del millennio, generando una crisi idrica di proporzioni enormi. Il che vuol dire una disponibilità pro capite annua inferiore a mille metri cubi.
Al di sotto di 500 metri cubi pro capite la sopravvivenza della popolazione è gravemente compromessa.Diverse le cause, tutte, però, più o meno riconducibili allo sfruttamento dell’uomo: la devastazione ecologica; l’inquinamento (nei paesi in via di sviluppo il 90% dell’acqua di scarico viene riversata direttamente nei fiumi, provocando ogni anno 250 milioni di malati); la diminuzione delle precipitazioni (nel 2009 circa il 20% in meno rispetto alle medie degli anni precedenti, conseguenza del climate change); la deforestazione e conseguente desertificazione; le privatizzazioni; gli sprechi (domestici e non).
Si calcola che il 65% dei consumi totali di acqua siano imputabili all’agricoltura, l’attività più idrovora in assoluto, anche più dell’industria (per produrre una tonnellata di cereali servono mille tonnellate di acqua).In Europa.
A gennaio 2010 il Forum di Davos, a proposito dell’acqua, giungeva a conclusioni lapidarie: il nostro è un “mondo che sta fallendo”.
Dall’Africa alla Cina, dagli Stati Uniti all’Europa nessun luogo è immune dalla crisi idrica.
Come fa notare l’Ierpe (Institut européen de recherche sur la politique de l'eau) non è un problema di penuria fisica, bensì economica.
Una delle ragioni principali del non accesso all’acqua per miliardi di persone non è, infatti, la mancanza di questa risorsa nelle regioni dove abitano, ma la povertà. L’impossibilità di accedere alle tecnologie che permetterebbero di disporre di questo bene.
La carenza di risorse idriche coinvolge dunque il sud del pianeta quanto il nord. L’occidente, però, è anche soggetto di uno strano controsenso, il cosiddetto “paradoxe de l’eau”: pur essendo una risorsa vitale ed esauribile, si continua a sprecarla.Il 16% della popolazione europea non ha accesso all’acqua potabile, l’11% di essa e il 17% dei suoi territori sono stati affetti da scarsità.
Negli ultimi trent’anni la siccità è costata agli stati europei 100 miliardi di euro.
In tutta Europa, il 44% dell'acqua estratta viene utilizzato per la produzione di energia, il 24% per l'agricoltura, il 21% per l'approvvigionamento idrico pubblico e l'11% per l'industria.
In Europa la gestione delle acque è legata a una serie di questioni mai risolte. La più importante è la mancanza di un'autorità riconosciuta, che possa realmente governare la politica dell'acqua a livello di bacino idrografico, ripartendo in modo sostenibile la risorsa per ogni uso. Occorrerebbe – secondo il Cipsi - ridare autorevolezza alle autorità di bacino, gli enti deputati al governo dell'acqua.
Secondo un’indagine Eurobarometro i cittadini europei sono consapevoli del problema; circa il 68% pensa che la qualità dell'acqua nei loro paesi sia un problema grave. I più preoccupati sono i Greci (il 90% del paese), i più sereni gli Austriaci (solo il 26%). Per il 37% degli europei la qualità dell'acqua nel paese di appartenenza è deteriorata negli ultimi 5 anni, contro il 27% che percepisce un miglioramento
L'inquinamento chimico (75%) ed il clima (50%) sono percepiti come le principali minacce alle risorse idriche, su cui secondo una percentuale altissima (85%) avranno effetto anche i cambiamenti climatici.

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