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sabato 13 ottobre 2012

L'affare Dreyfus

Persa la Guerra Franco - Prussiana (1871), la Francia della Terza Repubblica si trova con un governo al cui interno è presente un forte contrasto tra i repubblicani e i monarchici. Incombe la minaccia di un colpo di stato: il tentativo arriva nel 1877 da parte del generale Patrice de Mac-Mahon, allora presidente della repubblica francese, appoggiato dall'esercito e dal clero. 
Sventato il colpo di stato salgono al potere i repubblicani moderati (1879-1899). Le forze reazionarie intanto si riorganizzano attorno al ministro della Guerra Georges Boulanger. 
Il caso Dreyfus scoppia nel 1894, in seguito al presunto tradimento di Alfred Dreyfus (nato a Mulhouse il 9 ottobre 1859), ufficiale di artiglieria dell'esercito francese, ebreo alsaziano. 
Dreyfus è accusato di spionaggio a favore della Prussia: viene arrestato e mandato ai lavori forzati. 
Il caso verrà poi riaperto nel 1896 dal colonnello Georges Piquart, nuovo capo dell'ufficio informazioni dello Stato Maggiore, il quale presenta ai suoi superiori una relazione nella quale dimostra l'innocenza del capitano e accusa del fatto il maggiore Ferdinand Walsin-Esterházy, nobile di antichissima origine oberato dai debiti di gioco. 
Il colonnello Piquart verrà rimosso dall'incarico e spedito in zona di guerra. Picquart riesce comunque ad avvertire il vicepresidente del senato Auguste Scheurer-Kestner dell'accaduto ed in contemporanea lo scrittore ebreo Bernard Lazar, amico di famiglia di Dreyfus, il quale sarà promotore di un'intensa campagna stampa a favore del prigioniero. 
Molti intellettuali radicali (come ad esempio Octave Mirbeau) aderiscono alla campagna innocentista: l'episodio più famoso è quello dello scrittore Émile Zola che pubblica il 13 gennaio 1898 sulla rivista letteraria "Aurore" (testata del leader radicale Georges Clemenceau) una famosa lettera al Presidente della Repubblica Félix Faure, intitolata "J'accuse!". 
Lo Stato Maggiore risponde facendo arrestare Piquart, processando Zola per vilipendio delle forze armate e scatenando sui giornali nazionalistici una violenta campagna contro ebrei, democratici e liberali. 
Nel 1898 Ferdinand Walsin-Esterházy viene allontanato dall'Esercito e confessa di aver contraffatto i documenti del caso seguendo ordini superiori; la stessa ammissione viene anche da un alto ufficiale, il colonnello Hubert J. Henry, prima di suicidarsi.
Dopo un ulteriore processo militare a Rennes, svoltosi in un'atmosfera preceduta da forti pressioni e minacce a giudici ed avvocati, Dreyfus viene condannato a dieci anni per la bizzarra accusa di tradimento con attenuanti. 
In realtà nel corso del processo viene ampiamente dimostrata l'infondatezza delle accuse contro di lui, ma la Corte Militare è "pressata" dallo Stato Maggiore (seriamente compromesso da tutta la vicenda) affinché non annulli la condanna precedente. 
Per risolvere l'ingiustizia che è palesemente sotto gli occhi di tutta l'opinione pubblica, il Presidente del Consiglio propone a Dreyfus l'escamotage della presentazione della Domanda di Grazia (che implica però un riconoscimento di colpevolezza, nel caso specifico assolutamente infondato). 
Dreyfus con il benestare dei suoi avvocati accetta. 
Nel settembre 1899 Alfred Dreyfus viene graziato dal Presidente della Repubblica Émile Loubet: viene però pienamente riabilitato solo nel 1906. Esce dall'esercito l'anno seguente per poi essere richiamato durante la Prima Guerra Mondiale, periodo durante il quale giunge fino al grado di Colonnello. Tra gli eventi legati in modo presunto all'affare Dreyfus vi è la morte di Émile Zola (1902), per qualcuno provocata da una manomissione della sua canna fumaria. 
Dreyfus subisce un attentato (rimane solo leggermente ferito) nel 1908, in occasione della cerimonia di spostamento delle ceneri di Zola al Panthéon. Mentre in Germania sta salendo al potere il nazionalsocialismo, Alfred Dreyfus muore a Parigi il 12 luglio 1935.

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