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venerdì 24 agosto 2012

Storia delle catacombe


Nel primo secolo i cristiani di Roma non avevano cimiteri propri. Se possedevano dei terreni, seppellivano là i loro defunti, altrimenti ricorrevano ai cimiteri comuni usati anche dai pagani. Per tale motivo San Pietro fu sepolto nella "necropoli" ("città dei morti") sul Colle Vaticano, aperta a tutti; come pure San Paolo fu sepolto in una necropoli della Via Ostiense. 
Nella prima metà del secondo secolo, in conseguenza di varie concessioni e donazioni, i cristiani presero a seppellire i loro morti sottoterra. Ebbero così inizio le catacombe. Molte di esse sorsero e si svilupparono attorno a dei sepolcri di famiglia, i cui proprietari, neoconvertiti, non li riservarono soltanto alla famiglia, ma li apersero anche ai loro fratelli nella fede. A questo periodo si riferiscono i nomi di alcuni cimetri o catacombe che ricordano i proprietari, i benefattori, come le Catacombe di Priscilla sulla Salaria, di Domitilla sulla Via delle Sette Chiese, di Pretestato sull’Appia Pignatelli, le Cripte di Lucina sull’Appia Antica. Col passare del tempo le aree funerarie si allargarono, talvolta per iniziativa della Chiesa stessa. Tipico è il caso delle catacombe di San Callisto: la Chiesa ne assunse direttamente l'organizzazione e l'amministrazione, a carattere comunitario.

Con l'editto di Milano, promulgato dagli imperatori Costantino e Licinio nel febbraio del 313, i cristiani non furono più perseguitati. Potevano liberamente professare la fede, costruire luoghi di culto e chiese dentro e fuori le mura della città, e comperare lotti di terreno senza pericolo di confische. Tuttavia le catacombe continuarono a funzionare come cimiteri regolari fino all'inizio del quinto secolo, quando la Chiesa ritornò a seppellire esclusivamente sopratterra o nelle basiliche dedicate a martiri importanti.

Durante questo lungo periodo di tempo (400-800 circa d.C.), le Catacombe furono considerate autentici santuari dei martiri e numerosissimi pellegrini si recarono a visitarle con l’unico scopo di pregare presso le loro tombe. A questo periodo, specialmente, appartengono i devoti graffiti (brevi invocazioni di preghiere o ricordo di riti compiuti, incisi sugli intonaci delle cripte dai pellegrini) e la compilazione di alcuni itinerari (vere guide delle Catacombe).

Quando i barbari (Goti e Longobardi) invasero l'Italia e scesero a Roma, vi distrussero sistematicamente molti monumenti e saccheggiarono molti luoghi, incluse le Catacombe. Impotenti di fronte a tali ripetute devastazioni, verso la fine dell'ottavo e l'inizio del nono secolo, i papi fecero trasferire le reliquie dei martiri e dei santi nelle chiese della città, per ragioni di sicurezza.

Una volta terminata la traslazione delle reliquie, le Catacombe non furono più frequentate, anzi vennero totalmente abbandonate, ad eccezione di quelle di San Sebastiano, San Lorenzo e San Pancrazio. Col passare del tempo, frane e vegetazione ostruirono e nascosero le entrate delle altre catacombe, tanto che se ne persero perfino le tracce. Per tutto il tardo Medioevo non si sapeva neppure dove fossero.

L'esplorazione e lo studio scientifico delle catacombe iniziarono, secoli dopo, con Antonio Bosio (1575-1629), soprannominato il "Colombo della Roma sotterranea". Nel secolo scorso l'esplorazione sistematica delle catacombe, e in particolare di quelle di San Callisto, venne eseguita da Giovanni Battista de Rossi (1822-1894), che è considerato il fondatore e padre della Archeologia Cristiana.

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