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lunedì 5 maggio 2025

Ritrovati in Perù i resti ben conservati di una nobildonna vissuta 5000 anni fa


 Durante gli scavi nel sito archeologico di Áspero, situato lungo la costa settentrionale del Perù, gli studiosi hanno riportato alla luce i resti di una donna vissuta circa 5000 anni fa. Questo ritrovamento fornisce nuove informazioni sulla civiltà di Caral, la più antica delle Americhe, fiorita tra il 3000 e il 1800 a.C.

La donna, di età compresa tra i 20 e i 35 anni e alta circa 1,5 metri, è stata trovata avvolta in un sudario di tessuti sovrapposti e adornata con un mantello di piume di ara, simbolo di alto rango. Accanto a lei, un corredo funerario composto da un becco di tucano, una ciotola di pietra e un cesto di paglia. La presenza di questi oggetti indica il suo status elevato all'interno della società di Caral .

Secondo l'archeologo David Palomino, questa scoperta suggerisce che le donne ricoprivano ruoli significativi nella civiltà di Caral, sfidando l'idea che solo gli uomini detenessero il potere. Il ritrovamento evidenzia l'importanza delle donne nelle strutture sociali di una delle più antiche civiltà conosciute

 Áspero, parte del complesso di Caral, si trova a circa 180 chilometri a nord di Lima e a 20 chilometri dall'Oceano Pacifico. In passato utilizzato come discarica, è stato riconvertito in sito archeologico negli anni '90. La scoperta della nobildonna sottolinea l'importanza di Áspero nella comprensione delle prime società urbane delle Americhe .

Fonte: ottopagine 

venerdì 2 maggio 2025

Riapre dopo 50 anni la Grotta di Diana a Villa d’Este, gioiello del Manierismo

 

Una gemma segreta, inaccessibile da quasi cinquant’anni, riapre al pubblico dopo un importante restauro: è la Grotta di Diana di Villa d’Este, a Tivoli, gioiello del Manierismo voluto da un cardinale colto e raffinato. Sculture, ametiste, lapislazzuli, conchiglie, perle di vetro, foglie d’oro tornano a brillare all’interno del ninfeo cinquecentesco, Restituito all’antico splendore negli ultimi due anni grazie all’impegno dell’Istituto autonomo Villa Adriana e Villa d’Este con il decisivo sostegno di Fendi.
Dal 6 maggio la Grotta di Diana arricchirà il percorso di visita alla Villa, Patrimonio dell’Umanità Unesco dal 2001, con accesso dalla Passeggiata del Cardinale.
 Collocata nella parte alta del giardino, sotto la Loggia dei Venti, l’aula-ninfeo si apre su un panorama unico, dove la vista spazia dal Monte Soratte ai Castelli Romani, con la Città Eterna come fulcro e baricentro.



Luogo di meraviglia e contemplazione, dove passato e presente si incontrano in un dialogo di forme, ombre e riflessi, la Grotta fu costruita tra il 1570 e il 1572 come un “fantasmagorico antro all’antica”, su progetto del bolognese Paolo Calandrino e ispirazione di Pirro Ligorio, l’architetto napoletano a cui si devono la Villa e il suo straordinario parco. Ma la mente all’origine di tanta bellezza è quella del raffinato padrone di casa, il cardinale Ippolito d’Este, figlio di Lucrezia Borgia e Alfonso d’Este, che in questo luogo condensò il meglio della cultura cinquecentesca italiana e francese. “Le delizie della casa estense nascono a Ferrara, si nutrono dell’esperienza della corte francese a Fontainebleau e Tivoli raggiungono l'apice qui a Tivoli”, racconta Andrea Bruciati, direttore dell’Istituto Autonomo Villa Adriana e Villa d’Este. Uno spettacolo che a quei tempi suscitò stupore e ammirazione, sfidando la magnificenza di monumenti antichi come la Domus Aurea e affermandosi come modello per grotte e ninfei nei giardini di tutta Europa. 

Cariatidi con cesti di frutta danno il benvenuto ai visitatori del gioiello ritrovato, adorno di nove bassorilievi policromi ora perfettamente leggibili. Le divinità del mare e le Metamorfosi di Ovidio sono i temi principali della decorazione della Grotta, completamente rivestita da un enorme mosaico di conchiglie, frammenti di pietra, paste vitree e pietre preziose, mentre sul pavimento in terracotta invetriata brillano aquile, pomi e gigli estensi. “La Grotta di Diana è concepita per evocare l’eterna sfida tra la natura e l’uomo, i materiali naturali e l’artificio, proiettando l'ospite in un'altra dimensione che rivela il gusto estense nel rispetto del territorio tiburtino”, racconta ancora il direttore: “Diana è figura che ben si attaglia alla mentalità della corte di Ippolito II: cacciatrice e simbolo di virtù, è una donna moralizzatrice ma anche di sottile libertà laica che rimanda al potere intellettuale”. 

“Il restauro della Grotta di Diana è per Fendi un atto d’amore, il più recente di un percorso di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale italiano, che culmina quest’anno con la celebrazione del nostro centenario”, afferma Silvia Venturini Fendi, direttore artistico Accessori e Collezioni Uomo della casa di moda: “Profondamente radicata a Roma, dove dal 1925 risiedono le fondamenta e il cuore creativo della nostra maison, quest’opera rappresenta per noi un ulteriore investimento sul futuro che parte dalla memoria del passato: un impegno volto a preservare la bellezza e la storia del nostro paese, consegnando questo prezioso monumento alle generazioni a venire”. 
Fonte: arte.it



mercoledì 30 aprile 2025

Villa Palagonia, la strana storia della villa dei mostri di Bagheria


 La straordinaria Villa Palagonia sorge a Bagheria, suggestiva realtà della Sicilia. Più precisamente si trova in Piazza Garibaldi ed è lì dall’ormai lontanissimo 1715 ad ammaliare chiunque vi passa davanti. Edificata per volere di Francesco Ferdinando Gravina Alliata, principe di Palagonia, è divenuta quello che è oggi per mano di Ferdinando Francesco II, che scelse di aggiungervi stravaganti decorazioni che le valsero persino il soprannome di “Villa dei Mostri“.

Parliamo quindi di un luogo sorprendente, che si caratterizza per una peculiare aura misteriosa e decadente che l’ha resa oggetto di leggende e racconti 


Chiunque decida di visitare la misteriosa Villa Palagonia non può che rimanere incantato dalle sue stranezze e dal distintivo carattere eccentrico, caratteristiche che la rendono unica nel panorama del barocco siciliano. Si presenta quindi come un vero e proprio enigma architettonico e artistico al quale, per alcuni aspetti, è quasi impossibile trovare risposte.


Le statue “mostruose” della villa sono tantissime, opere grottesche che popolano il giardino e il muro di cinta. Sono principalmente creature deformi, animali fantastici, uomini con teste sproporzionate, gobbi, nani ed esseri ibridi. Molte di loro sembrano, apparentemente, non avere alcuna logica, ma non mancano di certo studi che sostengono che, in fondo in fondo, siano lì a simboleggiare una vera e propria critica sociale: si ipotizza che Ferdinando Francesco II di Palagonia volesse prendere in giro l’aristocrazia siciliana, trasformandola in una sorta di corte di deformità.

Ci sono anche altri esperti che ritengono che queste sculture abbiano invece un significato esoterico, richiamando antichi simboli alchemici.


Dal fascino irresistibile è il Salone degli Specchi, ovvero una stanza piena di specchi deformanti che creano giochi di riflessi e illusioni ottiche. Si sostiene che alla base di questa scelta ci sia stata la volontà di distorcere le proporzioni di chi vi si riflette, proprio per disorientare e dare, contemporaneamente, un senso di confusione e inquietudine.

È molto facile, infatti, ritrovarsi all’interno di tale salone e percepire un effetto di labirinto visivo, vivendo la sensazione che la stanza sia più grande e confusa. Un’idea, quella degli specchi ingannevoli, che è stata poi ripresa in film e romanzi gotici e surrealisti.

Non mancano di certo gli affreschi dal significato enigmatico, molti dei quali raffigurano scene non facili da immaginare in quella che, in passato, era una dimora nobiliare. Anche in questo caso ci sono creature fantastiche e ibride, volti enigmatici dalle espressioni ambigue (pare quasi che osservino il visitatore), simboli misteriosi e molto altro ancora.

Persino gli arredi di Villa Palagonia hanno le loro stranezze perché, pur trattandosi di una dimora dalle atmosfere grottesche, si distinguono per la loro qualità, in quanto sono incredibilmente lussuosi. La villa è infatti piena di marmi policromi, soffitti decorati in oro con dettagli finemente scolpiti e mobili con intarsi pregiati.

Ad aleggiare intorno alla bellezza mistica di Villa Palagonia ci sono numerose leggende e curiosità. Innanzitutto, si narra che Ferdinando Francesco II di Palagonia, creatore delle stranezze della villa, fosse convinto che circondandosi di mostri e di deformità sarebbe stato protetto dagli spiriti maligni e dal malocchio.

Nel folklore siciliano, inoltre, Villa Palagonia è spesso chiamata “Il Palazzo del Diavolo“. Il motivo? In passato erano tutti convinti che solo una mente diabolica potesse concepire un luogo così bizzarro e unico nel suo genere. A tal proposito c’è anche una leggenda locale, che narra che il principe avrebbe stretto un patto proprio con Lucifero “in persona” per costruire la villa più strana del mondo, il quale in cambio gli chiese di sacrificare la sua sanità mentale.

Fonte: siviaggia


mercoledì 2 aprile 2025

Il Pozzo di San Patrizio di Orvieto


 Il Pozzo di San Patrizio di Orvieto è ciò che il suo nome racconta: un pozzo, un banalissimo pozzo per raccogliere l’ acqua. E perché quindi dovrebbe essere uno luogo cosi speciale e misterioso? Beh, perché non è un pozzo qualunque. Non è il buco profondo in cui si getta il secchio agganciato alla corda, e non è nemmeno dotato di vecchi rubinetti a pompa per far salire l’ acqua.

 Nel Pozzo di San Patrizio ci si scende dentro, per ben 53 metri verso le viscere della Terra


Il Pozzo di San Patrizio di Orvieto è stato fatto costruire da Papa Clemente VII, giunto ad Orvieto in fuga da Roma durante il sacco della città del 1527. Il Papa cercava un posto in cui nascondersi e trovò in Orvieto un luogo adeguato: non troppo lontana da Roma, piccolina e costruita su una rupe di tufo, in posizione dominante sulla valle orvietana e difficile da attaccare. Orvieto aveva solo un difetto: per prendere l’acqua bisognava scendere ai fiumi che scorrevano a valle della rupe. Troppo rischioso …Quindi Papa Clemente VII fa costruire un pozzo in modo da rendere Orvieto totalmente indipendente.

A questo scopo chiama l’ architetto fiorentino Antonio da Sangallo il Giovane, che crea un progetto di ingegneria davvero avveniristica per i tempi: quello da cui nasce il Pozzo di San Patrizio.

Il pozzo viene scavato prima nel tufo e poi nell’ argilla, fino a raggiungere la falda acquifera sottostante. Si tratta di un gigantesco cilindro, profondo 53 metri e largo 13. La particolarità del Pozzo di San Patrizio di Orvieto sta nel possedere due scale elicoidali che non si incontrano mai, servite da due porte diverse in superficie, in modo che chi scende non incontra mai chi sale. Ciò era indispensabile quando era utilizzato come pozzo, e per il trasporto dell’ acqua si utilizzavano gli animali da soma. In questo modo non ci si intralciava.

 Arrivati sul fondo del pozzo, le due scale sono messe in comunicazione da un piccolo ponte, che attraversa la cavità.


Anche l’ illuminazione è spettacolare: completamente naturale, la luce attraversa tutto il pozzo e illumina le scale grazie a 70 finestroni. Per la sicurezza dei turisti sono state aggiunte delle luci guida lungo le scale, ma dalle foto vi renderete conto che quella che illumina il cammino è proprio la luce che filtra dall’alto. 


Ma diamo ancora i numeri, e aggiungiamo il più importante da conoscere se si vuole visitare il Pozzo di San Patrizio: i gradini di ogni scala elicoidale sono ben 248, per un totale di 496 scalini da percorrere calcolando la discesa e la risalita.

Come tutti i luoghi misteriosi, anche intorno al Pozzo di San Patrizio di Orvieto ruotano miti e leggende.

Come abbiamo detto, il pozzo fu voluto da Papa Clemente VII, che pensò di dedicarlo a San Patrizio. San Patrizio era un vescovo cristiano in Irlanda, fondamentale nel processo di evangelizzazione Irlandese 

La leggenda narra che fu Gesù Cristo in persona ad indicare a San Patrizio, demoralizzato per le difficoltà che incontrava nel diffondere la fede cristiana, una grotta sulla piccola Station Island (Contea di Donegal), dove i pagani avrebbero avuto potuto vedere con i propri occhi il Purgatorio. Così doveva immaginarselo Papa Clemente VII, che non vide mai il pozzo terminato, ma volle dedicarlo al santo.


lunedì 31 marzo 2025

Scoperto in Albania il lago sotterraneo termale più grande del mondo


 Era il 2021 quando un gruppo di speleologi della Repubblica Ceca, impegnato in un’esplorazione nelle zone montuose dell’Albania, notò qualcosa di insolito: una colonna di vapore caldo che si innalzava dal terreno. Seguendo la scia, gli scienziati si trovarono di fronte a un abisso profondo oltre 100 metri e, sul suo fondo, un’enorme distesa d’acqua calda.

All’epoca, però, mancavano gli strumenti per effettuare rilevazioni precise e determinare l’entità della scoperta. Solo nel 2025, con l’ausilio di una tecnologia avanzata come lo Scanner Lidar 3D, il team è riuscito a mappare con precisione l’area e a confermare l’incredibile realtà: Neuron è il lago termale sotterraneo più grande del mondo.

Il suo nome non è casuale: è un omaggio alla fondazione che ha finanziato la spedizione e reso possibile questo traguardo scientifico.


Il Lago Neuron si trova vicino a Leskovik, una località albanese non lontana dal confine con la Grecia. Quest’area è da sempre nota per la sua intensa attività geotermica, ma nessuno immaginava che nel sottosuolo si celasse un bacino di tali proporzioni.

Le misurazioni hanno rivelato che il Lago Neuron vanta caratteristiche impressionanti:

  • Lunghezza: 138 metri
  • Larghezza: 42 metri
  • Perimetro totale: oltre 340 metri
  • Volume d’acqua: 8.335 metri cubi, pari a circa 3,5 piscine olimpioniche

Ma non è solo la sua grandezza a rendere straordinaria questa scoperta. Le acque del lago sono ricchissime di sali minerali e vengono continuamente riscaldate da fenomeni idrotermali naturali. Questo ambiente, unico nel suo genere, potrebbe offrire risposte cruciali sulla distribuzione del calore sotterraneo e sulle dinamiche geotermiche della Terra.


Il Lago Neuron non è soltanto un’affascinante meraviglia naturale, ma rappresenta una fonte inestimabile di informazioni scientifiche.

  • Dal punto di vista geotermico, potrebbe fornire nuove indicazioni su come sfruttare in modo sostenibile le risorse termali per la produzione di energia.
  • La sua composizione minerale stabile lo rende un soggetto di studio ideale per la ricerca medica e per le terapie termali, con possibili implicazioni nel trattamento di alcune patologie.
  • La sua posizione all’interno di un ambiente speleologico unico lo rende un laboratorio naturale perfetto per studiare gli ecosistemi sotterranei e le interazioni tra acqua e rocce.

Gli speleologi e gli scienziati di tutto il mondo hanno già mostrato un grande interesse per questa scoperta. Il Lago Neuron potrebbe svelare segreti sulla Terra ancora sconosciuti, aprendo nuove prospettive di ricerca nel campo della geologia, dell’energia rinnovabile e della medicina naturale.

Fonte: greenme.it

giovedì 27 marzo 2025

Tempio di Kailasa, un’opera monumentale scolpita nel cuore della roccia


 È tra i più grandi edifici scavati nella roccia, ma non è questo l’unico motivo che rende il Tempio di di Kailasa uno dei luoghi più incredibili da visitare in Asia. Molti lo conoscono con il nome di Kailasanatha e attira ogni anno tantissimi visitatori per il suo interesse religioso e artistico. 

L’opera, tra le più straordinarie del mondo antico, si trova all’interno del complesso delle grotte di Ellora nella zona occidentale dell’India. La sua particolarità? È scavato in un unico blocco di roccia basaltica e rappresenta il sacro monte Kailash, dimora del dio Shiva secondo la tradizione induista.


Durante il regno del sovrano Rashtrakuta Krishna I, il tempio Kailasa ha iniziato a prendere forma. Siamo nel VIII secolo e rappresenta una delle più complesse strutture monolitiche mai create.

Si trova presso la grotta numero 16 del vasto complesso delle grotte di Ellora, sito riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità in India.

Cosa rende la costruzione così straordinaria? 

Sicuramente la tecnica costruttiva. Se negli edifici tradizionali si lavora a blocchi o mattoni, qui la struttura viene scolpita nella roccia. Gli artigiani hanno scavato dalla cima proseguendo poi verso il basso con la tecnica dello scavo verticale dando vita ad una struttura interamente monolitica con dettagli incredibilmente raffinati e una precisione geometrica sbalorditiva. Le stime parlano di circa 400.000 tonnellate di roccia rimosse nell’arco di meno di vent’anni, un’impresa che sfida ogni logica per l’epoca.


Il Tempio di Kailasa fu concepito come un omaggio al dio Shiva, una delle divinità principali del pantheon induista. L’intera struttura simboleggia il Monte Kailash, considerato la dimora degli asceti e la sede spirituale di Shiva.

Il cortile del tempio, a forma di U, è circondato da un porticato a colonne disposto su tre livelli mentre al centro si trovano due elementi principali: il Mandapa (la sala esterna pilastrata) e il santuario centrale con il Linga, il simbolo fallico associato a Shiva. Di fronte al santuario è posizionata la statua di Nandi, il sacro toro cavalcato dalla divinità.

L’opera è gigantesca: si estende per circa 50 metri di lunghezza, 33 di larghezza e 30 di altezza. Alla base sono scolpiti elefanti in pietra che sembrano sorreggere la struttura regalandole un aspetto ancora più maestoso. Possiamo notare come l’architettura dravidica, tipica dell’India meridionale sia testimoniata dall’uso di torri a piramide, portoni decorati e bassorilievi complessi.

Fonte: siviaggia

martedì 25 marzo 2025

Charco de los Clicos è un lago tutto verde, un qualcosa di surreale


 Se città come Barcellona e Madrid sono mete predilette degli appassionati d’arte e Ibiza è l’isola del divertimento e delle good vibes estive, Lanzarote è invece la destinazione che preferiscono i viaggiatori più avventurosi.

Parliamo infatti di un’isola selvaggia, dalle mille sfaccettature, dove la natura scolpisce scenari quasi irreali e ricchi di luoghi incredibili. Tra le meraviglie più sorprendenti di Lanzarote c’è senza ombra di dubbio il Charco de los Clicos, un piccolo lago verde smeraldo incastonato nel cratere di un antico vulcano, a pochi passi dall’oceano. 


Il Charco de los Clicos è ciò che resta di un antico cratere vulcanico parzialmente eroso dall’oceano. Le sue acque, di un verde intenso e brillante, devono il loro colore alla presenza di un’alga microscopica che prospera in condizioni di elevata salinità. Questo fenomeno, che si unisce poi anche alla profondità del lago stesso e alla luce che si riflette sulla superficie, crea un effetto ottico straordinario, rendendo per l’appunto le acque verdissime.


Tale meraviglia si trova sulla costa occidentale dell’isola, vicino al villaggio di El Golfo, un sito che è stato dichiarato Riserva Naturale per la sua unicità e il valore ecologico, diventando una delle attrazioni più spettacolari dell’isola.

Il contrasto tra il nero della sabbia vulcanica, il blu profondo del mare e il verde brillante delle acque del Charco de Los Clicos mettono in mostra uno scenario da sogno, quasi alieno, che attira visitatori da tutto il mondo.

Per godersi al massimo questa meraviglia naturale di Lanzarote, il punto di partenza ideale è il belvedere di El Golfo, un posto perfetto per ammirare il panorama e scattare foto incredibili. Da qui si ha una vista spettacolare sul lago verde, sulla spiaggia di sabbia nera e sull’oceano che si estende all’orizzonte. Il momento migliore per andarci? Al tramonto, senza dubbio, quando il cielo si infiamma di rosso e arancione. Il paesaggio, infatti, diventa magico e la luce crea riflessi incredibili sull’acqua del lago e sulle rocce vulcaniche circostanti.

Se si ha voglia di esplorare da vicino questo scenario incredibile della Spagna, invece, dal belvedere si può imboccare il sentiero panoramico che scende fino alla spiaggia. Qui si può camminare sulla sabbia vulcanica, osservare le particolari formazioni rocciose modellate dal vento e dal mare e sentire l’energia primordiale di questo posto unico.

A soli 100 metri dal lago, inoltre, ci si può godere i raggi del sole e prendere un po’ di tintarella lungo il tratto di spiaggia che si chiama Playa de El Golfo, un pezzo di litorale di sabbia nera formata da frammenti di lava solidificata. Qui il paesaggio sembra realmente essere uscito da un’altra dimensione: la scogliera rossa e nera che circonda il lago racconta milioni di anni di storia geologica, testimoniando la potenza delle eruzioni che hanno plasmato questa splendida isola delle Canarie.

Fonte: siviaggia

giovedì 20 marzo 2025

El Capricho di Gaudí: il gioiello nascosto della Cantabria


 Antoni Gaudí è stato uno degli artisti più straordinari del periodo a cavallo tra il Diciannovesimo e Ventesimo Secolo, conosciuto anche come il “plasmatore della pietra, del laterizio e del ferro”. Quando si parla di lui la mente vola subito a Barcellona, dove sette delle sue opere rientrano nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO: la Sagrada FamiliaCasa BatllóCasa Milà e il Parco Güell.

Ma in pochi sanno che nel nord della Spagna, a Comillas, si trova un’altra meraviglia firmata dal famoso architetto catalano. El Capricho di Gaudí è il gioiello nascosto della Cantabria, regione autonoma e provincia della parte settentrionale del Paese.

L’opera è stata realizzata tra il 1883 e il 1885 per l’avvocato Máximo Díaz de Quijano, un grande appassionato di musica. Proprio da questa passione prende il nome della costruzione: “capriccio” è un termine musicale, infatti, che indica una composizione libera e fantasiosa. Questa stessa idea di creatività si riflette proprio nel design di Gaudí, che rese El Capricho un’opera unica nel suo genere.


  Si distingue per il suo stile eclettico, dove si notano influenze orientali, gotiche e naturalistiche. Insieme al palazzo e ai padiglioni Güell e alla casa Vicens, El Capricho è una delle opere del periodo orientalista di Gaudí, durante il quale l’architetto ha esplorato forme decisamente audaci per le sue opere, utilizzando materiali in combinazioni mai viste prima.

Visitare El Capricho di Gaudí è un’esperienza culturale unica. Non si tratta di una semplice villa, ma di una scoperta visiva e sensoriale senza precedenti. La torre cilindrica, ricoperta di piastrelle verdi e gialle, ricorda un minareto, in grado di donare un tocco esotico alla struttura, mentre le decorazioni a girasole riescono a donare luminosità alla facciata e gli interni, simboleggiando anche l’armonia che l’opera ha con la natura, con materiali come pietra, mattoni, ferro e ceramica, che creano un gioco di texture e colori unico. Insomma, un’opera di visitare, ma assolutamente da fotografare!


Per chi ama l’architettura, l’arte e la natura, una visita a El Capricho di Gaudí è un’esperienza da non perdere, un tesoro nascosto della Cantabria che permette di ammirare il genio di Gaudí in un contesto davvero affascinante e lontano dalle solite mete turistiche.

Fonte:siviaggia.it

domenica 2 marzo 2025

Una nuova scoperta a Pompei rivela una megalografia, un grande affresco di rara bellezza che dà uno spaccato unico sui culti misterici del I secolo a. C.




Una scoperta eccezionale riporta alla luce un nuovo capitolo della storia di Pompei: una sala affrescata di straordinaria bellezza, battezzata "Casa del Tiaso", dove il mito di Dioniso prende vita attraverso scene di iniziazione e cortei bacchici. A più di un secolo dalla scoperta della celebre Villa dei Misteri, un nuovo tesoro archeologico getta luce sui culti misterici dell'antichità.

Nel cuore dell'antica città, durante gli scavi nella Regio IX, è emersa una "megalografia", un fregio a grandezza naturale che decora le pareti di una "sala per banchetti". Le immagini raffigurano il corteo di Dioniso, con baccanti danzanti e cacciatrici feroci, satiri che suonano il flauto e scene di sacrificio. Al centro della composizione, una donna, simbolo dell'inizianda, si prepara a essere introdotta ai misteri del dio del vino, in un rituale notturno.
Le figure del fregio, dipinte su piedistalli come statue, appaiono sorprendentemente vive, grazie alla resa dei movimenti, della carnagione e degli abiti. Un secondo fregio, più piccolo, raffigura scene di caccia, con animali vivi e morti, aggiungendo un ulteriore elemento ai rituali dionisiaci.
l fregio, risalente al I secolo a.C., offre uno spaccato unico sui culti misterici dell'epoca, dove l'iniziazione prometteva una nuova vita. La Casa del Tiaso, con i suoi affreschi carichi di simbolismo, si affianca alla Villa dei Misteri come testimonianza eccezionale di questi riti.

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