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lunedì 31 gennaio 2022

Dall’epoca romana ad oggi un solo acquedotto non ha mai cessato di rifornire l’Urbe: l’Acquedotto Vergine.


 Voluto da Marco Vipsanio Agrippa, genero dell’imperatore Augusto, venne inaugurato il 9 Giugno del 19 a.C. e doveva rifornire le sue terme nel Campo Marzio: fu il sesto acquedotto della città in ordine di realizzazione. 

L’acquedotto era alimentato da alcune sorgenti che si trovavano nell’Agro Lucullano, a poca distanza dal corso dell’Aniene e presso l’odierna località di Salone, all’VIII miglio della Via Collatina.

 La portata giornaliera era di 2.504 quinarie (pari a 1.202 litri al secondo), delle quali, secondo Frontino, 200 venivano erogate nel Suburbio, mentre le 2.304 che giungevano in città erano distribuite attraverso 18 castella secondari in modo che 1.457 andassero per le opere pubbliche, 509 alla casa imperiale e le restanti 338 alle concessioni private.


Il percorso dell’acquedotto Vergine era lungo circa 20.471 Km, tutto sotterraneo ed entrava in città da nord, seguendo la via Collatina fino alla località di Portonaccio; qui attraversava la via Tiburtina, oltrepassava su arcate il Fosso della Marranella alla confluenza con l’Aniene, dirigendosi poi verso la Nomentana e la Salaria e quindi, piegando verso sud, attraversava le zone di Villa Ada e dei Parioli, passando sotto il ninfeo di Villa Giulia, entrava infine in città in prossimità del Muro Torto. 

Gli ultimi 2 Km circa correvano invece in parte su sostruzioni ed in parte, relativamente all’ultimo tratto attraverso il Campo Marzio, su arcuazioni continue fino ai Saepta, il grande edificio pubblico situato in prossimità del Pantheon e delle adiacenti Terme di Agrippa.

 Una piscina limaria (serbatoio di decantazione) era posta presso le pendici del Pincio, dove il condotto antico è accessibile tramite una scenografica scala a chiocciola costruita nel Rinascimento, proprio accanto alla Trinità dei Monti.


Resti imponenti sono visibili invece all’interno della “Rinascente” in via del Tritone e presso via del Nazareno, dove si conservano, parzialmente interrate, tre arcate in blocchi bugnati di travertino poste ai lati di un fornice più grande.




La leggenda vuole che una fanciulla avesse indicato ai soldati di Agrippa le sorgenti fino ad allora cercate invano e perciò da quel momento denominate della Vergine, ma in realtà sembra che “virgo” possa piuttosto riferirsi alla purezza e alla leggerezza delle sue acque, determinate dall’assenza di calcare.

 Seppur danneggiato nell’attacco di Roma dei Goti di Vitige, fu ben presto ripristinato e continuamente restaurato durante il corso dei secoli in modo da poter servire di acqua fresca e pura la città. Ancora oggi infatti molte delle fontane del centro cittadino, sono servite dall’acquedotto Vergine, come per esempio la straordinaria Fontana di Trevi



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