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martedì 14 maggio 2019

La cittadella fortificata di Milazzo: storia , leggende e curiosità


Se è forse normale che nei luoghi dove le dominazioni e le stratificazioni storiche si susseguono l'una dopo l'altra, abbondino anche leggende e misteri, è vero anche che Milazzo raccoglie racconti sepolti in epoche lontane e gesta di eroi recenti.
 Una città che sa cosa vuol dire legarsi alle proprie tradizioni, rispettarle e tramandarle negli anni per farsi custode di un'identità precisa.


La città fortificata di Milazzo, comunemente nota come 'il Castello', sorge sui luoghi dei primitivi insediamenti greci, romani, bizantini, musulmani, ma i primi documenti risalgono al periodo normanno (XI-XII sec.) quando viene edificato il Mastio. 

Federico II di Svevia Hohenstaufen (XIII sec.) grazie all'ingegno di Riccardo da Lentini, amplia la fortificazione attorno al Mastio. Dopo un breve periodo sotto la dominazione Angioina, subentrano gli Aragonesi; sotto Alfonso il Magnanimo il castello viene ristrutturato e alla fine del '400 per volontà di Ferdinando il Cattolico, viene costruita la 'Cinta aragonese', che ingloba la struttura federiciana. 

Si ritiene che nei primi decenni del 1500 inizino i lavori per la costruzione della 'Cinta spagnola', struttura che include il vecchio abitato medievale che in quest'area si era sviluppato nel corso dei secoli e che è in parte visibile negli scavi all'interno. 

Tra il '600 e il '700, qui erano presenti vari edifici civili come il Palazzo dei Giurati situato di fronte al Duomo Vecchio. 

Nel 1860 dopo la conquista di Garibaldi, l'esercito borbonico abbandona il presidio che aveva nel castello.
 Dal 1880 al 1959 la struttura viene adibita a carcere. 

Dopo un lungo periodo di abbandono e incuria, tra il 1991 e il 2002, e tra il 2008 e il 2010, il complesso è stato oggetto di due importanti restauri. 


 Tra le leggende più antiche c'è quella che risale al secondo poema epico di Omero, l'Odissea. 
Sembra, infatti, che i racconti omerici, che parlano di Polifemo e della cattura di Ulisse dopo il nubifragio, collochino la grotta del ciclope proprio a Milazzo: Polifemo governava gli armenti del dio Sole nella terra detta Chersoneso d'oro, Aurea Chersonesus, cantata dai greci come terra bella, fertile e dal clima ideale. 

Poco importa che gli studiosi siano meno convinti, e che questa terra dei Ciclopi sia a volte collocata vicino ad Aci Trezza, altre volte presso le isole Egadi, altre ancora sulle rovine della città antica di Erice, il fatto è che a Milazzo, sotto la Rocca e il Castello, c'è una spelonca veramente grande tanto da ospitare un gigante come Polifemo, tanto da essere stata sede di un locale famoso negli anni Settanta e tanto da essere ora abbandonata e non visitabile.


Se il fantasma di Polifemo ancora stenta a mostrarsi, sembra che quello del Castello compaia nelle "serate buie e tempestose". 

Si tramanda che una ragazza dovesse prendere i voti, ma si fosse innamorata di un soldato. 
Venne scoperta insieme all'amato e costretta a entrare in un convento di clausura, ma questo non bastò a fermare il loro amore. L'epilogo di questa storia non poteva che essere tragico: gli amanti furono sorpresi insieme anche dopo la clausura, la ragazza subì una punizione infernale, poiché venne murata viva all'interno del Monastero.
 Tuttavia dei suoi resti non si ebbe notizia fino al 1928 quando venne ritrovato un cadavere da alcuni detenuti (il castello è stato anche un carcere per molti anni). 
Analizzato, si scoprì che non era il cadavere di una donna, ma quello di un soldato disertore irlandese. 

E se il fantasma di questa giovane donna si aggirasse ancora per farci scoprire dove si trovano le sue spoglie?


C'è qualcuno o "qualcosa" che da anni scruta l'orizzonte verso Oriente.

 Lungo le mura medievali si stagliano due occhi realizzati in pietra lavica: alcuni invece riconoscono uno scarabeo con le sue ali e le sue antenne.
 La simpatica decorazione è davvero singolare poiché ad oggi non si conosce la sua funzione. 

Alcuni lo vedono come una sentinella, altri come semplice decorazione, altri come simbolo di rinascita o di imbattibilità.

 Negli ultimi anni qualche studioso milazzese ha pensato di legare le ali dello scarabeo a dei quadranti solari e ne sta osservando e registrando "il comportamento" rispetto alla luce solare. 

Vedremo dove porterà quest'affascinante interpretazione, intanto continuiamo a fantasticare. 

 Fonte: travel.fanpage
            etnaportal.it

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