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venerdì 9 ottobre 2015

El Dorado

La laguna di Guatavita è ritenuta uno dei laghi sacri del popolo precolombiano Muisca. Un rituale tenuto proprio presso questo lago è unanimemente riconosciuto essere alla base della famosa leggenda dell’El Dorado.



La leggenda narra che, prima dell'arrivo del conquistador Gonzalo Jiménez de Quesada che scoprì il sito, il popolo Muisca vi praticava dei riti religiosi relazionati con il culto del Sole.
In particolare lo Zipa di Guatavita si cospargeva la pelle di resina e polvere d'oro e si inoltrava fino al centro del lago con una zattera da dove si tuffava, effettuando delle abluzioni togliendosi la polvere d’oro di dosso. In seguito i fedeli gettavano nel lago altre offerte rituali, come ciondoli e monili preziosi

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Alcuni oggetti d’oro e d’argento recuperati nel fondo del lago sembrerebbero confermare la veridicità di questo rito, anche se finora le immersioni di ricerca in fondo al lago non hanno rinvenuto che un numero relativamente basso di oggetti preziosi. Da questa cerimonia, di cui il primo spagnolo ad essere informato fu Sebastian de Belalcazar, si originò il mito dell'El Dorado che deriva dalle parole in lingua spagnola El indio Dorado.



In seguito nelle alte Ande colombiane furono organizzate spedizioni nell’entroterra per depredare le ricche tombe degli Indios Sinu, e nel 1539 gli Europei penetrarono per la prima volta nel territorio dei Muisca e fondarono la città di Bogotá.
Un cronista spagnolo riportò nel 1636 il resoconto di un testimone oculare: “Il primo viaggio che dovette intraprendere fu alla grande laguna di Guatavita, dove rese offerte e sacrifici al demone che essi adoravano come loro dio e signore.

Durante la cerimonia alla laguna costruirono una zattera di giunchi, abbellendola e ornandola con i loro oggetti più belli. La poggiarono su quattro bracieri accesi in cui bruciarono molta moque, che è l’incenso di questi indigeni, oltre a resina e a molti altri profumi. La laguna era vasta e profonda, tale da poter essere navigata da un’imbarcazione dai fianchi alti carica di un’infinità di uomini e donne sontuosamente vestiti con belle piume, placche e corone d’oro… A quel punto spogliarono l’erede al trono dei suoi abiti e lo unsero con del terriccio vischioso che cosparsero poi di polve­re d’oro, ricoprendogli così tutto il corpo con il metallo. 
Lo sistemarono a bordo della zattera su cui egli restò immobile, e poggiarono ai suoi piedi un gran mucchio d’oro e di smeraldi affinché ne facesse offerta al suo dio. Insieme a lui, montarono sull’imbarcazione quattro influenti personaggi interamente abbigliati con piume, corone, braccialetti, ciondoli e orecchini in oro puro. Anch’essi erano nudi e ciascuno reggeva un’offerta. Quando la zattera lasciò la riva, ebbe inizio la musica, con trombe, flauti e altri strumenti, accompagnata da canti che facevano tremare le montagne e le valli, finché, quando la barca raggiunse il centro della laguna, essi alzarono una bandiera per imporre il silenzio. L’indio ricoperto d’oro fece poi la sua offerta, gettando tutto l’oro in mezzo al lago e i capi che lo scortavano fecero lo stesso con i loro doni. Con questa cerimonia il nuovo governante fu accolto e riconosciuto come signore e re”. British Museum

Reperti d'oro provenienti dalla laguna di Guatavita



Il tesoro del Lago Guatavita La cerimonia di “El Dorado”, l’Uomo d’Oro, diede inizio alla leggenda. Benché si fossero già impossessati di parecchie centinaia di libbre d’oro appartenenti ai Muisca e ai loro vicini, i conquistadores erano convinti che il meglio dovesse ancora venire, sotto forma dell’inestimabile tesoro giacente, secondo loro, sul fondo del Lago Guatavita.
Il primo tentativo di dragare il lago fu compiuto nel 1545, ma l’iniziativa più complessa dell’epoca fu quella intrapresa da un mercante di Bogotá, Antonio de Sepulveda, che avviò le operazioni di ricerca negli anni successivi al 1580.
Avvalendosi di una manodopera di 8000 indios, praticò una larga incisione nel bordo del lago – tuttora ben visibile – per far defluire l’acqua. Il livello si abbassò così di 20 m, dopo di che l’apertura franò provocando molte vittime. Fu abbandonato allora il progetto, benché fossero stati trovati degli oggetti preziosi: la parte di bottino spedita in Spagna al re Filippo II comprendeva una corazza d’oro, un bastone ricoperto di placche d’oro e uno smeraldo grosso come un uovo di gallina.



Ben presto la caccia alle leggendarie, inimmaginabili ricchezze si estese oltre i confini del Lago Guatavita. Già all’epoca dei conquistadores si era propagata in un baleno la voce dell’Uomo d’Oro e della mitica città di Manoa, dove persino le pentole erano d’oro.
Convinti che la località si celasse nelle foreste inesplorate del bacino amazzonico, anno dopo anno esploratori e avventurieri s’inoltrarono nella giungla e molti non ne fecero ritorno.
Con il trascorrere del tempo il ricordo dell’Uomo d’Oro si affievolì, e il nome di El Dorado finì per designare un luogo – Eldorado – ricolmo d’inconcepibili ricchezze che attendevano il loro scopritore, nascosto fra le Ande o nel folto della giungla amazzonica.
Forse uno dei più bei pezzi di Muisca e solide prove della cerimonia del El Dorado, è una zattera di lega d'oro su cui sorgono figure, uno dei quali è più grande e, indossa un copricapo, è senza dubbio la 'Gilded One'. Esso è stato scoperto in una grotta vicino a Bogotá ed era un tunjo. Il pezzo è 10 x 20 cm con la figura principale essere 10 cm di altezza e si trova ora, insieme a molti dei migliori superstiti pezzi Muisca, nel Museo dell'Oro del Banco de la República, Bogotá, Colombia.
La civiltà Muisca (o Chibcha) fiorì in Colombia antica tra 600 e 1600 CE. Loro territorio comprendeva quello che ora è Bogotá e i suoi dintorni e hanno guadagnato una fama duratura come l'origine della leggenda di El Dorado. Muisca anche hanno lasciato un patrimonio artistico significativo nella loro eccellente lavoro d'oro, gran parte di essa ineguagliabile da qualsiasi altra cultura Americas. Società & religione

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