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venerdì 10 aprile 2015

Il culto della dea Mefite nella valle dell'Ansanto (AV)

Qui si mostra un’orrenda spelonca e gli spiragli del crudele Dite… Questa è la Mefite, una delle porte dell’Inferno”. 
Virgilio, Eneide, VII.


Nell’immaginario degli antichi numerose zone della Campania, per la loro natura vulcanica, furono associate al mondo degli Inferi. 
 C’è un luogo in particolare che, ancora oggi, rende facile capire come questo sia stato possibile: la valle dell’Ansanto descritta anche da autori come Cicerone, Diodoro Siculo e Dante Alighieri. In questo luogo è possibile vedere un lago di acque sulfuree da dove fuoriescono velenose emissioni di gas.


Mefite era una divinità adorata dagli italici perché propiziava buoni raccolti.
 Era però considerata anche una specie di tramite tra la vita e la morte, assumendo su di sé gli aspetti di altre divinità come Venere e Cerere. 

 In genere i luoghi di culto di Mefite si trovavano vicino a sorgenti d’acqua come nel caso di Tivoli.
 Forse, dopo la conquista da parte dei Romani delle zone dell’area osco-sabellica, Mefite fu associata solo alla presenza delle acque sulfuree che potevano avere proprietà curative. 
 A Roma un tempio dedicato Mefite fu eretto sull’Esquilino nel III sec. a. C. all’interno di un bosco sacro.

 Nella valle dell’Ansanto Mefite fu venerata dal IV sec. a. C., fino alla prima età imperiale, come dimostrato dai ritrovamenti di ex voto e monete lasciate nel fiume. 
 Famosi ex voto sono gli xoana e si datano al V sec. a. C. Si tratta di statue di legno perfettamente conservate, ma se ne ricorda in particolare una, asessuata, ma dotata di una particolare espressività.


Con l’avvento del Cristianesimo il culto fu abbandonato a favore di quello dedicato a Santa Felicita. 

 Chi oggi volesse visitare il lago della Mefite deve farlo con grande cautela a causa delle esalazioni venefiche e trattenersi il meno possibile.

 fonte: antika.it

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