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lunedì 6 ottobre 2014

Il falsario che ingannò Mussolini. E non solo


Uno studio dell’Istituto per i beni archeologici e monumentali del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibam–Cnr) ha svelato l’identità del falsario di alcuni vasi e terrecotte del Museo di Archeologia dell’Università di Catania, avanzando sospetti sull’autenticità di altre opere ospitate in vari musei nazionali ed esteri e in collezioni private. 
Secondo i ricercatori si tratta di Antonino Biondi, lo stesso autore che riprodusse sette ritratti policromi di stile ellenistico, donati a Mussolini nel 1939.


“In vista della pubblicazione della collezione del Museo archeologico dell’Università di Catania, Giacomo Biondi, archeologo classico dell’Ibam–Cnr che coordina lo studio, ha avviato una campagna di analisi con metodologie non distruttive (Xrd e Pixe-alpha) su alcune opere”, spiega Daniele Malfitana, direttore dell’Istituto. “Contemporaneamente, Edoardo Tortorici dell’Università, in collaborazione con Graziella Buscemi, ha studiato il carteggio tra gli archeologi dell’epoca in contatto con Centuripe, cittadina siciliana sede in quegli anni di un’agguerrita ‘scuola’ di falsari: provvidenziale si è rivelato il taccuino di Biondi, noto falsario-ricettatore sul quale sin dall’inizio delle ricerche ricadevano i maggiori sospetti.
 In alcuni schizzi, infatti, si riconosce la mano che ingannò il responsabile della collezione catanese e addirittura Benito Mussolini”.


I ritratti dipinti su tondi in terracotta furono infatti personalmente consegnati al Duce da un non disinteressato mecenate che li aveva acquistati per una somma considerevole sul mercato antiquario, dietro intermediazione e consulenza del senatore Pietro Fedele, presidente del Poligrafico dello Stato e della Consulta Araldica e accademico dei Lincei.
 Nel 1939 furono poi donati, con un’apposita cerimonia, dal ministro all’Educazione nazionale Giuseppe Bottai al Museo di Napoli, ritenuta degna sede delle nuove acquisizioni. 
Dopo la pubblicazione delle opere nella serie dei ‘Monumenti della pittura antica scoperti in Italia’, nel 1940, uno studioso ne mise però in dubbio l’autenticità causando una vivace disputa accademica, chiusa dalle successive analisi chimico-fisiche che appurarono la modernità dei ritratti, verosimilmente dipinti su supporti antichi e provenienti dall’ambiente centuripino.


Ora è stato scoperto un altro ‘colpo’ dell’abile contraffattore. 
“Le analisi chimiche e fisiche hanno inoltre permesso di distinguere pigmenti antichi e moderni, difficili da individuare in ritocchi e integrazioni di pitture originali con un semplice esame autoptico”, prosegue Malfitana. 
“L’esame dell’epistolario dei collezionisti Paolo Orsi e Guido Libertini ha consentito di ricostruire alcuni retroscena del periodo, in cui nuove leggi vietarono scavi e compravendita di materiali da parte di privati, leciti fino ad allora”.
 Grazie a indagini in loco, infine, sono state rintracciate statuine in terracotta ricavate da matrici appartenute allo stesso Biondi e usate dai discendenti per produrre lecitamente copie destinate ad appassionati e turisti. 
“L’esame delle repliche moderne di statuette fittili ellenistiche, conosciute anche grazie a foto d’epoca, ha permesso di risalire al falsario-ricettatore, il quale, una volta venduta l’opera originale, smerciava vari falsi ricavati con la tecnica del surmoulage”, conclude Malfitana. 
“Il caso più emblematico è una maschera di sileno, autentica, venduta negli anni ’30 al Museo archeologico di Siracusa. 
Una replica è esposta nel Museo di Centuripe, che la acquistò negli stessi anni e altre prodotte lecitamente circolano ancora”.

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