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venerdì 19 settembre 2014

Aral, il lago scomparso


Cosa ci fanno delle navi arrugginite in pieno deserto? Forze paranormali? Alieni?
 No, solo uno dei più gravi disastri ambientali provocati dalla mano dell'uomo. Fino a qualche decennio fa in questa zona si estendeva il quarto lago del pianeta per superficie: il lago Aral, un lago salato di origine oceanica posto al confine tra l'Uzbekistan e il Kazakistan. 

Dal 1960 a oggi la sua superfcie si è ridotta del 75%, e dei 68.000 km quadrati originali oggi ne restano poco più del 10%. Il restante 90% è sabbia, tutto il resto dell'acqua si è prosciugato.
 Ma com'è possibile che un lago così grande da essere spesso chiamato “mare” sparisca in meno di soli 50 anni? Ai tempi della guerra fredda, per incrementare la produzione di cotone in una regione arida come l'Uzbekistan il regime sovietico attuò un progetto di deviazione dei due fiumi che si immettevano nel lago tramite l'uso di canali.
 L'acqua prelevata venne utilizzata per irrigare i campi delle neonate colture intensive delle aree circostanti. Senza i fiumi che lo alimentavano, il lago Aral si è via via prosciugato nel corso degli anni, lasciando il posto a un deserto di sabbia salata e tossica in cui sopravvivono solo gli scheletri arrugginiti delle navi che un tempo solcavano le sue acque.
 Per far posto alle piantagioni di cotone, infatti, vennero utilizzati enormi quantità di diserbanti che inquinarono irrimediabilmente il terreno circostante, tanto che ancora oggi le polveri inquinanti vengono sparpagliate ovunque dalle frequenti tempeste di sabbia, fino ai lontani ghiacciai dell'Himalaya.

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