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martedì 15 aprile 2014

L'aquila delle Filippine


Conosciuta anche con il nome di aquila delle scimmie è un uccello della famiglia degli Accipitridae, ed è una delle specie di rapaci più rari al mondo. 
Questo grande volatile raggiunge e supera il metro di lunghezza.


La sua dieta è composta da topi, scoiattoli volanti, piccoli uccelli fino a giungere a grosse prede come pappagalli, pipistrelli, gufi, serpenti e anche piccoli cervi; si ciba invece molto raramente delle scimmie di cui è celebre mangiatrice.
E' estremamente forte e agile, e cattura le prede grazie a micidiali voli radenti.

 l'Aquila delle Scimmie è in rischio di estinzione , e l'ultima stima parla di meno di 500 esemplari in tutte le Filippine, a causa della rapida distruzione del suo habitat e per la caccia; ultimamente però si stanno attivando numerosi progetti di riproduzione della specie in cattività, per poi reintrodurle in natura.


Storia e status 

Le Filippine: uno sterminato arcipelago costituito da oltre 7100 isole di cui solo 2770 hanno un nome e poco meno di 900 sono abitate. In quattro di queste isole (Luzon, Samar, Leyte e Mindanao) sopravvive un uccello bellissimo, dal portamento straordinariamente fiero.
 È l'aquila delle Filippine, una volta definita aquila delle scimmie, termine che poteva attribuirgli l'identità di una divoratrice di scimmie (fatto che in natura si verifica in modo non frequente) e che è stato mutato con una ordinanza del governo della repubblica filippina nel maggio 1978 appunto in aquila delle Filippine. 
Gli studiosi la considerano seconda nella graduatoria delle aquile più robuste del mondo, superata solo dall'altrettanto affascinante arpia (Harpia harpyja) del Centro e Sud America. Quest'ultima giunge a pesare intorno ai 9 chilogrammi mentre l'aquila delle Filippine raggiunge gli 8 kg. 
Particolarmente caratteristico in questa specie è il becco, molto alto ed abbastanza stretto, nonché la "corona" di penne che le incorniciano la sommità del capo.

 L'aquila delle Filippine è stata sempre una specie abbastanza rara; sebbene fosse collezionata nell'arcipelago sin dal 1703, solo nel 1896 fu resa nota alla scienza dalla scoperta che ne fece il naturalista inglese John Whitehead nell'isola di Samar.
 La specie fu descritta dal naturalista Ogilvie Grant che ne diede comunicazione ad una riunione del British Ornithologist's Club a Londra il 16 dicembre 1896. 
 Le fu dato il nome scientifico di Pithecophaga jefferyi. Il nome del genere Pithecophaga deriva dal termine greco pithekos che vuol dire scimmia e da phagos che vuol dire mangiatore, mentre il nome della specie jefferyi le fu dato in onore del padre di John Whitehead, Jeffery.


Lo status e le abitudini di questa specie furono sconosciute per molto tempo, almeno fino agli anni sessanta del secolo scorso. 
Fu in quell'epoca che il prof. Dioscuro S. Rabor, un noto studioso che aveva trascorso buona parte della sua vita nelle foreste dell'arcipelago, lanciò l'allarme sul precario stato di sopravvivenza in cui si trovava l'aquila delle Filippine.
 Rabor nel 1968 comunicò che il totale degli esemplari ancora viventi di questo falconiforme non doveva essere, con ogni probabilità, superiore ai cento.
 Il problema principale per la sopravvivenza di questa specie era facilmente individuabile nell'incalzante e progressiva distruzione del suo ambiente naturale: la foresta tropicale.
 Negli anni cinquanta e sessanta la distruzione delle foreste da parte di molte industrie del legname raggiunse vertici spaventosi. 
Questo rapido tasso di distruzione dell'ambiente, diretto e brutale, si andava ad aggiungere all'incremento numerico della popolazione umana dell'arcipelago, che ovviamente aveva bisogno di terre da coltivare e di villaggi. 

Oltre a queste cause non andava ignorato l'elemento del bracconaggio nei confronti di questa magnifica aquila, vista come un trofeo di caccia per molti e come animale da impagliare e mostrare nelle proprie case.
 Inoltre alcuni esemplari venivano catturati vivi per zoo, collezioni private ecc. 
L'appello di Rabor, che all'inizio non fu molto ascoltato nel suo paese, ebbe notevole eco all'estero, soprattutto negli ambienti internazionali della conservazione della natura, quali il World Wildlife Fund. 
Uno dei consiglieri mondiali del WWF di allora, Charles A. Lindbergh, l'indimenticato primo trasvolatore dell'Atlantico, prese molto a cuore le sorti di questo splendido volatile e si recò numerose volte nelle Filippine tra il 1969 ed il 1972 per promuoverne la concreta protezione. 
Lindbergh definì l'aquila delle Filippine "il più nobile volatore dell'aria" e promosse, con il coinvolgimento dell'Ufficio Parchi e Fauna Selvatica diretto da Jesus B. Alvarez e dallo stesso presidente Marcos, il programma di conservazione sull'aquila delle Filippine.


Con finanziamenti del WWF e della Frankfurt Zoological Society, fu avviata una prima indagine nel 1969.
 A condurla fu Rodolfo B. Gonzales della Silliman University di Dumaguete, che elaborò un rapporto sullo stato del rapace nell'isola di Mindanao. 
Durante il periodo dell'indagine furono osservati solo quattro individui. 
Gonzales riteneva che nell'isola fossero presenti meno di 50 individui di aquila delle Filippine mentre nel 1910 dovevano esserci almeno 600 coppie della specie.
 Gonzales fu anche il primo a studiare la riproduzione dell'aquila poiché riuscì a trovare un nido ed a seguirne il ciclo riproduttivo. Già nel 1970 nell'ambito del programma di conservazione fu istituito a Davao nella zona di Baracatan, nel Parco Nazionale di Monte Apo (sempre sull'isola di Mindanao) un centro per il mantenimento in cattività di questa specie, per tentarne successivamente la riproduzione e poi la reintroduzione in natura. 

Nel frattempo il presidente Marcos faceva passare una legge (il Republic Act n. 6147) che decretava la totale protezione della specie su tutto il territorio filippino, ed il divieto assoluto di caccia o mantenimento in cattività della specie pena la prigione o severe multe. 
 Ulteriori ricerche condotte a Mindanao nel 1972 indicavano presente una popolazione aggirantesi tra i 200 ed i 400 esemplari. La stima maggiormente accreditata oggi fornisce la cifra di meno di 500 individui di aquila delle Filippine ancora viventi nelle loro aree di distribuzione in natura.


Le ultime e più avvincenti ricerche su questo animale si devono, sempre nell'ambito del programma di conservazione che le autorità governative conducono in collaborazione con il WWF, a Robert S. Kennedy, un ricercatore americano che ha studiato la specie già negli anni settanta e che dal luglio 1980 conduce i progetti di ricerca del WWF sull'aquila delle Filippine. 
Kennedy ha anche filmato la vita di questo rarissimo rapace con i colleghi Neil L. Rettig, Wolfgang A. Salb e Alan R. Degen (che hanno già realizzato uno splendido film sull'arpia e sul suo ciclo riproduttivo) e che insieme hanno costituito il FREE (Films and Research for an Endangered Environment). 
Kennedy trovò il primo nido di aquila delle Filippine il 6 dicembre 1977 a Tudaya nel Parco Nazionale di Monte Apo, su di un albero di Shorea polysperma.

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