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venerdì 29 novembre 2013

Menta, cedro, cannella, ecco il vino primordiale


Nel nord di Israele, a Nahariya, un gruppo di archeologi ha ritrovato 40 anfore, all’interno della cantina di un palazzo. Risalgono a 3.700 anni fa e si tratta della scorta personale di vino di una famiglia; il migliore, adatto a cene importanti e banchetti.

All’epoca il vino era prodotto mettendo a fermentare assieme frutta diversa come susine mature, albicocche, pere, mele e alla fine uva, in modo da renderlo il più dolce possibile, e da assolvere ad una funzione antibatterica. Il risultato al palato era un mix di sapori tra cui menta, cedro, miele, resina e cannella.

Se questo tipo di vino dovesse essere paragonato ad uno attuale, il Moscato di Pantelleria sarebbe decisamente il più simile, poichè viene prodotto con la stessa tecnica, aggiungendo uva passa al vino base.

Gli assiro-babilonesi aggiungevano miele e mosto cotto, necessari per bloccare la fermentazione. Migliaia di anni fa il vino veniva trattato anche con spezie e frutti usati come conservanti e aromatizzanti o come antisettici per evitare la diffusione dei batteri.

«Era essenziale - afferma Attilio Scienza, docente di Viticoltura a Milano - dare gradevolezza al vino. A quell’epoca non era un alimento ma un liquido per i rituali, per l’estasi dionisiaca, una droga sociale, insomma»; perciò nelle anfore antiche si aggiungeva un po’ di tutto.

Inoltre in quegli anni esisteva solo il vino rosso, in quanto il bianco comparve solo nel 1300, quando a causa di un drastico abbassamento delle temperature, i vitigni che erano rossi mutarono. Il vino puro è dunque un prodotto della modernità.

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