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sabato 23 marzo 2013

Dian Fossey l'amica dei gorilla



Le intrusioni umane assillavano la ricercatrice Dian Fossey, una contemporanea della Goodall che lavorava tra i Monti Virunga, nell'Africa Centrale. Al pari della Goodall, la Fossey, una terapista di professione, che si occupava di bambini, non aveva alcuna esperienza precedente di lavoro sul campo. 
Dian Fossey desiderava lavorare con gli animali, e fu Louis Leakey a offrirgliene la possibilità. Volendo avviare uno studio prolungato sui gorilla, i più grossi primati, Leakey si diede subito da fare per assicurarle il supporto da parte della Society e, alla fine, riuscì anche a organizzarle un periodo di studio a Cambridge per ottenere il dottorato.
 Nel 1967, la Fossey installò il suo accampamento su un freddo e nebbioso vulcano nella Repubblica Democratica del Congo.

Pochi mesi dopo, tuttavia, a causa di disordini politici fu costretta a spostarsi al di la del confine, in Rwanda, e a ricominciare da capo tra le ampie radure paludose del Parco Nazionale dei Vulcani, che divenne la sua casa per i successivi diciott'anni. 
Lì fondò il centro di ricerche Karisoke, le cui capanne di lamiera continuamente battuta dalla pioggia avrebbero attirato studenti, scienziati e all'aumentare della fama della Fossey, troupe cinematografiche e giornalisti di tutto il mondo.
 Le meticolose e dettagliate osservazioni ricavate in tanti anni di studio dalla Fossey avrebbero fruttato una conoscenza accurata e approfondita sui gorilla di montagna, una specie più numerosa e perfino più riservata di quella dei gorilla di pianura.
 La Fossey considerava i gorilla "le creature più diffamate della Terra" e lottò per mostrare al mondo un vegetariano gentile e intelligente, totalmente diverso dal King Kong senza cervello che si batteva il petto rappresentato sugli schermi. Prima del lavoro della Fossey, una tra le cause della scarsità di informazioni accurate su questi esseri risiedeva nella loro innata timidezza.
 A Karisoke, questa ritrosia si univa a un giustificato timore verso i bracconieri. Per far abituare i gorilla alla sua presenza, la Fossey rifiutò "le istruzioni dei testi...cioè: sedersi e osservare". Al contrario, ebbe successo cominciando ad agire esattamente come i gorilla, quando si trovava in loro presenza, ripulendosi e grattandosi, sgranocchiando sedano selvatico, battendosi il petto e ruttando rumorosamente. Raffinò anche i suoi vocalizzi, imparando da alcuni piccoli gorilla in cattività portati al suo campo.

Non appena i gorilla cominciarono a rilassarsi intorno a lei, la Fossey si diede da fare a tracciarne gli alberi genealogici, e arrivò a contare oltre duecento individui in quasi tre dozzine di gruppi "fluidi", ognuno dei quali era tenuto insieme da un maschio dal dorso argentato.
 I gruppi rappresentavano comunità molto complesse, caratterizzate da ordinamenti instabili, trasferimenti da un gruppo all'altro, profondi legami affettivi e, occasionalmente, brutalità e infanticidi. Eppure la Fossey ebbe modo di osservare spesso maschi adulti molto affettuosi e premurosi verso i più giovani, come quando vide, addirittura, un esemplare solleticare un compagno con un fiore.
 I gorilla, imparò tragicamente la Fossey, combattono con ferocia per proteggere i membri della loro comunità. Un solo tentativo di catturare un loro piccolo per uno zoo o per un parco può significare la morte di molti altri.

Alla vigilia del 1977, il gorilla chiamato dalla Fossey "il mio caro Digit" cercò di resistere a sei cacciatori e ai loro cani, in cui si era imbattuto con il suo gruppo mentre gli uomini ispezionavano le trappole che avevano allestito per catturare le antilopi.
 Tredici esemplari del gruppo fuggirono, ma l'arrabbiatissimo Digit fu ferito mortalmente nella lotta. In una scena finale di crudeltà spaventosa, gli assassini amputarono la testa e le mani di Digit, per i collezionisti di "curiosità".

 "Da quel momento in avanti", scrisse più tardi la Fossey, "mi ritirai a vivere in una parte isolata di me stessa".
 Digit tuttavia fu solo una delle molte vittime dei cacciatori: molti altri gorilla morirono a causa dell'infettarsi delle ferite provocate da trappole per antilopi.
 Nel 1981, la popolazione dei gorilla di montagna del Virunga era scesa ad appena 239 individui. La Fossey si dedicò con sempre maggior impegno a liberare Karisoke dai cacciatori di antilopi e dai mandriani, il cui bestiame rovinava inesorabilmente l'habitat dei gorilla nella foresta pluviale, ogni giorno più esiguo.
 I suoi collaboratori arrivarono a rimuovere fino a 2000 trappole in un solo anno, il 1984, liberando molti gorilla rimasti bloccati. Per la fine dell'anno seguente, poco prima di morire, la Fossey ebbe la soddisfazione di vedere le trappole illegali quai completamente eliminate, anche se nella zona si aggiravano diversi bracconieri: Questi però cacciando con l'arco, risparmiavano i gorilla.
 La Fossey perseguì i cacciatori di frodo in prima persona. Le tattiche non la interessavano: la sopravvivenza dei gorilla di montagna, esposti al rischio di estinzione, rappresentava tutto per lei. 

 Nel dicembre del 1985, un ignoto assassino, l'omicidio è tuttora insoluto, penetrò nella baracca della Fossey e le inferse sei colpi mortali al capo con un machete. La ricercatrice fu sepolta tra le tombe dei gorilla assassinati come lei: una sessantina di persone scalò le pendici del vulcano e affrontò la foresta per partecipare al suo funerale. 

Nel 1989, anno in cui venne effettuato l'ultimo censimento, il numero dei gorilla di montagna era salito a 310 individui.

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