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venerdì 22 febbraio 2013

S.Maria in Trastevere

 La basilica di S.Maria in Trastevere, che sorge sulla omonima piazza, fu probabilmente il primo luogo ufficiale di culto cristiano edificato a Roma e sicuramente il primo dedicato al culto della Vergine. Secondo la leggenda la chiesa fu eretta da S.Giulio I nel 340 sull'oratorio fondato da papa Callisto I nel III secolo, quando il Cristianesimo non si era ancora diffuso, tanto che la chiesa fu chiamata titulus Calixti fino al VI secolo, quando poi fu dedicata a Maria. Un fatto antico e mistico la contraddistingue dalle altre chiese: S.Maria sorge sul luogo dove, nel 38 a.C., dal terreno fuoriuscì uno zampillo di olio minerale, la divina fons olei, poiché i cristiani vi videro il segno premonitore della venuta di Cristo, l'Unto del Signore (il punto dove sgorgò è ancora indicato su un gradino del presbiterio). La chiesa fu ricostruita quasi completamente da Innocenzo II nel XII secolo, in gran parte con i travertini ed i marmi provenienti dalle Terme di Caracalla. Nel 1702 papa Clemente XII incaricò Carlo Fontana della costruzione del portico esterno, costituito da cinque arcate inquadrate da due paraste e quattro colonne di granito, al di sopra delle quali una balaustra sorregge le statue di 4 pontefici: S.Callisto, S.Cornelio, S.Giulio e S.Calepodio. Nel portico, fino alla fine dell'800, si potevano vedere, a lato del Crocifisso del Cavallini, coltelli e spiedi (un'arma antica, poco più corta di una lancia) perché quando un "bullo" decideva di cambiare vita, appendeva l'arma del mestiere in S.Maria in Trastevere; oggi vi sono conservate una raccolta di epigrafi cristiane, frammenti di fregi, resti di plutei dell'antica basilica,sarcofagi, affreschi e pietre tombali

 Bellissimo il campanile  costruito nella prima metà del XII secolo, all'interno del quale vi sono quattro campane datate 1580, 1600, 1667 e 1772; la facciata custodisce invece un grande orologio risalente al XIX secolo e, sulla sommità, un tabernacolo con un mosaico raffigurante la Vergine con il Bambino  La struttura è costituita da un alto basamento sul quale si impostano i quattro ordini superiori; di base quadrata, il campanile ha il primo piano scandito da trifore a pilastro, il secondo ed il terzo da doppie bifore su colonnine, il quarto da trifore su colonnine. Nel 1860 la chiesa fu restaurata per volontà di Pio IX dall'architetto Virginio Vespignani, il quale ricreò anche, sul pavimento interno, i mosaici pavimentali cosmateschi caratteristici del XIII secolo. L'interno, è ricchissimo di opere d'arte e conserva sepolture illustri: i cardinali Pietro Stefaneschi, Osio e d'Alençon, parente di Carlo V, Altemps di Gallese, Armellini e anche quella di papa Innocenzo II, che Pio IX fece trasferire qui dal Laterano. Degna di menzione è la Cappella Avila (nella foto 3), la quinta a sinistra dell'ingresso, che, seppure è stata definita "uno dei più complessi e singolari monumenti romani" viene a malapena menzionata nelle guide della città. Pietro Paolo Avila affidò, nel 1678, il compito di restaurare la cappella di famiglia al pittore reatino Antonio Gherardi, il quale, chissà per quale motivo, decise di improvvisarsi architetto. Sfruttando la conoscenza dei due principali protagonisti del barocco romano, Bernini e Borromini, realizzò qualcosa di straordinario: una sorta di "teatrino sacro" liberamente ispirato alle opere dei suoi maestri. Al centro della parete di fondo collocò una specie di piccola galleria prospettica a mo' di presbiterio, che ingigantisce il quadro di S.Girolamo, il santo a cui è dedicata la cappella, dipinto da lui stesso nel 1686. Le nicchie poste ai lati contengono gli eleganti sepolcri dei membri della famiglia, inseriti in edicole dalla struttura fortemente plastica, composte da coppie di colonne dai capitelli ionici. In cima, al centro del timpano, si trova un'aquila che tiene tra gli artigli due rami di palma incrociati, emblema degli Avila. Ma l'invenzione più incredibile è costituita dalla cupoletta al centro della volta, dalla quale fuoriescono quattro angeli che sembrano portare in volo una lanterna, composta da sottili colonnine di stucco, su cui posa un secondo cupolino, più alto, con al centro la colomba dello Spirito Santo. Questa volta ha la funzione di ottenere un effetto luminoso straordinario, creato dal contrasto tra la penombra della cappella e la luce naturale proveniente dall'esterno. Le 22 colonne in granito che inquadrano le tre navate della chiesa provengono probabilmente dalle Terme di Caracalla. Una curiosità è rappresentata da una piccola nicchia in fondo alla navata destra, dove vi sono conservati alcuni strumenti di morte e di tortura utilizzati per numerosi martiri, come catene, pesi di ferro e pietre, fra le quali, secondo la leggenda, anche quella che fu legata al collo di S.Callisto per annegarlo nel pozzo ancora conservato nella vicina chiesa di S.Callisto.

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