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sabato 19 gennaio 2013

L’ultimo volo di Amelia Earhart

2 luglio 1937 Isole Howland , Sud Est di Honolulu. 

Un aereo è in viaggio per raggiungere la guardia costiera Itasca; a bordo ci sono due persone, Amelia Earhart e Fred Noonan.
 Sono le 19.30 e la voce di Amelia risuona, per l’ultima volta via radio: “Khakk chiama Itasca. Dovremmo essere sopra di voi, ma non riusciamo a vedervi. Il carburante sta finendo…” Da quel momento le comunicazioni si interrompono, e di Amelia e Nolan nessuno avrà mai più notizie.

 Amelia Earhart era una celebrità; era stata la prima donna ad attraversare in aereo l’Atlantico, nel 1928, a bordo di un Fokker che in sole 21 ore era decollato dall’America per planare in Galles. Un’impresa che le era valsa fama internazionale ed encomi solenni da parte dell’amministrazione Coolidge; non è sola, ha un equipaggio che lavora per lei, così nel 1932 decide di rifare la traversata in solitaria. Ci riesce, e batte numerosi record:diventa la prima donna nella storia dell’aviazione ad attraversare l’Atlantico, la prima a non effettuare scali, impiega il tempo più basso nel coprire il percorso.
 Ha 35 anni, Amelia; è una donna non bella, ma che sprigiona un fascino incredibile.

Ha carattere da vendere, è coraggiosa e soprattutto non deve nulla a nessuno in quello che è riuscita a fare nel corso della sua vita.
 Ha solo 23 anni quando inizia a volare, e sceglie di lavorare per pagarsi le spese di volo, con il sogno di possedere, un giorno, un aereo tutto suo. Sogno che si avvera di li ad un anno, quando, grazie anche all’aiuto della madre, ha i soldi necessari per acquistare un biplano usato, un Kinner Airster dall’improbabile color giallo. 
Nel 1926, dimostrando capacità imprenditoriali, crea un piccolo aeroporto con aerei in nolo, ad uso esclusivo femminile;un’iniziativa di grande successo, che le permise di accumulare ore su ore di pratica e di risparmiare soldi che sarebbero serviti per le sue imprese successive.

Nel 1937 Amelia decide di esser pronta per la sua impresa più grande, l’unica che manca al suo eccezionale curriculum; la traversata del mondo.
 Così, il 1 giugno del 1937, parte con l’amico Nolan da Miami, con l’intento di coprire le quasi 30.000 miglia del globo terrestre. L’aereo con i due a bordo compie una traversata di oltre 22.000 miglia, e il 2 luglio, ripartiti dalla Nuova Guinea, devono fare soltanto le ultime 7.000 miglia prima di compiere l’impresa. Ma, come abbiamo visto, al largo delle isole Howland l’aereo con Amelia e Ted interrompe le trasmissioni.

 Il presidente Roosvelt, amico personale di Amelia, diede ordine di organizzare una gigantesca ricerca del mezzo scomparso, a cui parteciparono 9 navi e una settantina di aerei. Tutto inutile; dell’aereo di Amelia non venne ritrovata alcuna traccia e il 20 luglio le ricerche terminarono. 

La scomparsa di Amelia suscitò grande emozione, non soltanto in America; era diventata un simbolo, quello della donna emancipata, libera, capace di riuscire in imprese ritenute fuori dalla portata del mondo femminile. 

Da quel momento iniziarono a circolare le più svariate voci sulla misteriosa scomparsa; di ipotesi ne vennero fatte moltissime, ma tutte in difetto di riscontri oggettivi.
 La prima, quella più diffusa e ancor oggi l’unica ufficiale, riguarda un errore di rotta di Ted Nolan, che viaggiava con mappe alle volte lacunose. Un errore che lasciò l’aereo senza carburante, con il risultato drammatico di farlo ammarare al largo della costa.
 Ci sono poi teorie della cospirazione, ovvero legate ad un presunto ruolo di spia di Amelia. Nel 1937 c’era già molta tensione tra il governo Usa e quello nipponico,e gli Stati uniti cercavano di documentarsi sulla reale consistenza militare delle forze giapponesi. C’è chi sostiene che la missione di Amelia, in realtà, fosse solo una copertura,e che l’aviatrice fosse stata incaricata di svolgere un vero e proprio lavoro di spionaggio. 
Cosa naturalmente assolutamente vietata, all’epoca; lo spionaggio era considerato come un atto di guerra, e qualora questa ipotesi sia vera, è comprensibile come il governo americano abbia tenuto il silenzio più assoluto sulla vicenda. 
Secondo queste ipotesi, la Earhart simulò tutto, facendo credere di essere rimasta senza carburante, per eludere le intercettazioni dei giapponesi, che disponevano di un sofisticato sistema di controllo delle comunicazioni. Amelia sarebbe finita quindi volontariamente fuori rotta, ma intercettata dai giapponesi, sarebbe stata fatta prigioniera, e trasferita nella prigione di Garapan sull’isola di Saipan. Qui venne sottoposta a processo con Ted, giudicata colpevole di spionaggio e condannata alla decapitazione.

Nella prigione di Garapan, sono state ritrovate tracce di graffiti che potrebbero essere riconducibili a qualche prigioniero americano, ma da questo a stabilire che siano stati incisi dalla Earhart ce ne corre;va detto che ci sono due testimonianze di donne che coincidono tra loro.
 Sono quelle di due giapponesi, una delle quali ha raccontato di aver scambiato anche qualche parola con Amelia, l’altra che sostiene di aver assistito al’esecuzione della stessa.
 C’è poi la testimonianza di un soldato americano che raccontò di aver trovato, a Saipan, una cassaforte giapponese sopravissuta ai bombardamenti;quando il militare la fece saltare, convinto che all’interno ci fossero oro o gioielli, restò di stucco nel constatare che all’interno c’erano solo mappe e un passaporto. Intestato ad Amelia Earhart.
 Versione non suffragata dai fatti, in quanto, secondo il soldato, un superiore fece sparire i documenti. 

 C’è un’altra versione dei fatti che ha trovato un certo credito almeno tra la stampa e gli appassionati di mistero.
 Nel 1970 due giornalisti, Gervais e Klaas avanzarono l’ipotesi che la Earhart, compiuta la missione, sia tornata negli Usa sotto copertura, utilizzando l’identità della signora Irene Craigmile Bolam; per avvalorare questa tesi, fornirono due fotografie delle due donne. In effetti la somiglianza tra Irene ed Amelia era davvero notevole, ed un professionista, Tod Swindell, disse che le due fotografie coincidevano totalmente, fino alla curvatura dei dotti lacrimali. A sua volta Kevin Richlin, criminologo, fece la stessa comparazione, rilevando alcune differenze sostanziali in un neo assente in Irene e nelle efelidi che costellavano il volto di Amelia, assenti in quello di Irene. 

 La sorella di Amelia, Muriel Morrissey, dichiarò che Irene non era, senza alcun dubbio, sua sorella. Qualche anno dopo la signora Irene, che in vita aveva sempre rifiutato qualsiasi legame con la Earhart morì, e venne cremata. Divenne quindi impossibile qualsiasi incrocio tra il Dna di Amelia e il suo.

 Nel 1991 una squadra di ricerca, la Tighar, che indagava sul mistero della scomparsa di Lady Lindy, come era ormai soprannominata da tempo Amelia, in omaggio al primo trasvolatore dell’oceano, Lindhergh, scoprì a Gardner dei resti umani, compatibili con uno scheletro femminile. Accanto ai poveri resti c’erano una suola di scarpe, una bottiglia di liquore sicuramente americano e una scatola che probabilmente serviva a contenere un sestante.
 Rimaneva comunque il mistero del ritrovamento di un solo scheletro, visto che di quello di Ted non c’era alcuna traccia. Il mistero, comunque, non venne risolto in alcun modo. E la storia di Amelia, l’eroina tanto amata dagli americani, rimane un mistero impenetrabile. 

Nonostante tutto, ancora oggi c’è chi è disposto a perlustrare le zone del probabile ammaraggio alla ricerca di un indizio che possa svelare dove Lady Lindy terminò i suoi giorni

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