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lunedì 7 gennaio 2013

L'isola di Poveglia

Un’isola è sempre un luogo “misterioso”. Un luogo “remoto” circondato dalle acque, soggetto alle maree. Poveglia o meglio Popilia come era chiamata nell’antichità - forse per la sua vegetazione di pioppi o più probabilmente per la vicinanza con la Popilia-Annia, una strada fatta costruire dal console romano Publio Popilio Lenate – ha la caratteristica di trovarsi nella laguna di Venezia. Un luogo misterioso da sempre collegato alle leggende del Graal e a San Marco, ai palazzi stregati e ai botteghe alchemiche. Nel VI sec dopo la distruzione di Padova ed Este, Popilia divenne uno dei rifugi delle popolazioni in fuga dalla terra ferma. Lì fu edificato un castello, e nel IX secolo, contribuì alla resistenza a Metamauco, l’allora capitale del ducato di Venezia, presa d’assedio dai Franchi. Poveglia fu ripagata dal ducato con l’esenzione dalle tasse, dal servizio militare e dall’obbligo di dover remare nelle galee. La popolazione isolana aumentò in ricchezza e prestigio al punto che proprio al Castaldo di Poveglia fu permesso di legare la propria imbarcazione a quella del duca, chiamata il Bucintoro, durante la Festa della Sensa. 1379. L’isola è minacciata dai Genovesi durante la Guerra di Chioggia e la popolazione preferisce trasferirsi in altre località lagunari. Alla fine del conflitto l’isola è distrutta. Non resta più nulla del fasto precedente. L’erosione che seguì portò a una diminuzione della sua superficie e nel 1468 furono costruiti i magazzini e i cantieri navali con lo scopo di tenere in quarantena, lontano da Venezia, navi e merci in arrivo. Ma è tra il 1793 e il 1814 che l’isola diviene sede di un lazzaretto. Venezia fu invasa dalla peste nera e in poco tempo era un cimitero più che una città.
Si decise che l’isola sarebbe diventata non solo il luogo di sepoltura per le vittime dell’epidemia ma anche il luogo adibito ad accogliere coloro che mostravano i primi sintomi di pestilenza. Una leggenda narra che nell'isola vi siano gli spiriti di coloro che venivano portati a morire a Poveglia durante gli anni della peste e chiunque si avvicini all'isola di notte può vedere le anime che vagano. L’isola pullula di cadaveri e resti umani, ancora oggi i pescatori si tengono alla larga per paura che nelle loro reti possa impigliarsi qualche macabro resto, che per qualche strano fenomeno di conservazione non si è ancora decomposto. Ma c’è anche chi afferma che si sentono anche le voci degli spiriti defunti. Soprattutto nelle sere autunnali, al calar del sole, quando una leggera nebbia avvolge l’isola è possibile sentire i lamenti di quelle anime e scorgere delle figure in processione.

E ben lo sapevano i pazienti dell’ospedale psichiatrico che sin dal 1922 risedettero sull’isola. L’edificio era enorme con una svettante torre campanaria e fra le sue pareti abitavano molti spettri... alcuni vecchi, quelli della pestilenza, ma altri “nuovi”... i poveri folli sottoposti alle cure del direttore dell’ospedale che sperimentava nuovi metodi per la cura della follia. Naturalmente nessuno era interessato ad approfondire l’argomento... Trattandosi di malati mentali non c’era da fidarsi... Fin quando, ossessionato proprio da quelle presenze, fu proprio il direttore dell’ospedale a morire.
 Salì sulla torre campanaria e, per chi crede nei fantasmi, fu spinto di sotto, per chi invece crede a una versione più “scientifica”, decise un giorno di suicidarsi perché ossessionato dal rimorso di aver torturato con ogni mezzo e ucciso i pazienti.
 In ogni caso la morte del dottore suscitò molte voci. Compresa quella che una volta arrivato al suolo, dopo la caduta, fu avvolto da una nebbia spettrale che finì per strangolarlo, mentre era moribondo. Ma ancora più sconvolgente è la storia di quella ragazza rinchiusa nell’isola, con l’accusa di essere una povera malata di mente, che diceva di essere incinta del Duce. Fu portata con la forza sull’isola e costretta a partorire lì. Lei e suo figlio vissero in quell’eremo per il resto dei loro giorni.

 Ma le atrocità non finiscono qui... La storia dell’isola è piena di sorprese inquietanti. Era un procedura comune, durante le epidemie, riaprire le fosse comuni per gettare altri corpi e puo darsi che proprio in queste circostanze fu notato che alcuni defunti avevano un rilascio di sangue, in particolare sul sudario, che serviva a coprire il volto dopo la morte. Questo alimentò la credenza che ci fossero vampiri a succhiare il loro sangue. Durante uno scavo archeologico nel 2006, sono stati rinvenuti i resti di una donna del XVI secolo. Il cranio presentava un mattone infilato tra le mandibole... Alcuni esperti dicono che quella donna doveva essere ritenuta un vampiro e per questo motivo fu usato il barbaro rituale. Infatti, molte leggende e tradizioni narrano che i vampiri si sconfiggevano conficcando loro un mattone in bocca e lasciandoli morire di fame.
L’archeologo Matteo Borrini che seguì gli scavi a Poveglia affermò "Per la prima volta abbiamo trovato prove di un esorcismo contro un vampiro." E’ chiaro quindi che anche il ritrovamento di un cadavere “anomalo” abbia continuato a suscitare scalpore e nuove leggende. Ma oggi dopo gli scavi si punta invece al recupero dell’isola che è stata inserita in un programma di ripristino e valorizzazione degli edifici storici... 
Forse far tacere la cattiva reputazione che nei secoli Poveglia si è conquistata. E se invece gli spiriti non se ne andassero?

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