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mercoledì 19 settembre 2012

Cuevas de los Tayos

Nella regione amazzonica ecuadoriana chiamata Morona Santiago esiste una caverna molto profonda, detta in spagnolo Cueva de los Tayos. La caverna, che si trova ad un’altezza di 800 metri sul livello del mare, viene denominata Tayos, dal nome di caratteristici uccelli quasi ciechi che vivono nelle sue profondità. Nel 1969 però, un ricercatore ungherese naturalizzato argentino, di nome Juan Moricz, esplorò a fondo la caverna, trovando molte lamine d’oro che riportavano delle incisioni arcaiche simili a geroglifici, statue antiche di stile mediorientale, e altri numerosi oggetti d’oro, argento e bronzo: scettri, elmi, dischi, placche.
Quando la notizia dello strano ritrovamento di Moricz si sparse nel mondo, molti studiosi ed esoteristi decisero di esplorare la caverna con spedizioni private. Una delle prime e più ardite spedizioni fu quella condotta nel 1976 dal ricercatore scozzese Stanley Hall alla quale partecipò l’astronauta statunitense Neil Armstrong, il primo uomo che mise piede nella Luna, il 21 luglio 1969.



Secondo Baraldi gli arcaici geroglifici incisi nelle lamine d’oro della Cueva de los Tayos, richiamavano all’antico alfabeto degli Ittiti, che secondo lui avevano viaggiato e parzialmente colonizzato il Sud America diciotto secoli prima di Cristo. Baraldi notò che in molte placche e lamine d’oro erano ricorrenti vari segni: il sole, la piramide, il serpente, l’elefante. In particolare la placca dove venne incisa una piramide con un sole nella sua sommità venne interpretata da Baraldi come una gigantesca eruzione vulcanica che avvenne in epoche remote. Quando Carlo Crespi morì, nell'aprile del 1982, la sua fantasmagorica collezione d’arte antidiluviana fu sigillata per sempre, e nessuno poté mai più ammirarla. Vi sono molte voci sulla sorte dei preziosissimi reperti raccolti pazientemente durante lunghi decenni dal religioso milanese. Secondo alcuni furono semplicemente inviati in segreto a Roma, e giacerebbero ancora adesso in qualche cavó del Vaticano. Bisogna però distinguere tra alcuni reperti dove sono stati intagliati degli apparenti geroglifici e altri che sono rappresentazioni d’arte Sumera, Assira, Egizia, Ittita. Sono convinto che prima del diluvio i popoli che vivevano nella terraferma corrispondente all’attuale piattaforma continentale del continente africano (poi sommersa), avessero frequenti scambi con i popoli che, già da sessanta millenni prima di Cristo, vivevano nell’attuale Brasile. A prescindere dalla localizzazione fisica attuale dei reperti archeologici di Padre Crespi, restano le fotografie e le numerose testimonianze di molti studiosi a prova della loro veridicità.

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