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mercoledì 19 settembre 2018

L'isola di Sal, paradiso dei surfisti a Capo Verde


L’Isola di Sal fa parte dell’arcipelago di Capo Verde, che si trova di fronte alle coste del Senegal, nell’Oceano Atlantico.

 Il nome Isola di Sal deriva dalla presenza di depositi di cloruro di sodio, il comune sale da cucina; precedentemente l’isola era chiamata Ilha Plana, l’isola piatta, per l’assenza di importanti rilievi.


Oggi Ilha do Sal è una ambita meta turistica che offre ai suoi visitatori spiagge di sabbia bianca, un mare cristallino e il vento ideale per praticare numerosi sport acquatici come il surf, il windsurf o il kitesurfing.

 L’isola di Sal ha un’estensione totale di 216 chilometri quadrati ed è l’isola più antica dell’arcipelago: questo spiega l’assenza di rilievi importanti. 

L’isola è di origine vulcanica, ma solo nella regione settentrionale vi sono i residui di antichi vulcani, oggi semplici colline.
 Il punto più alto dell’isola è il Monte Grande con i suoi 400 metri di altezza.

 La città principale dell’isola di Sal è Espargos; qui si trova l’aeroporto “Almicar Cabral di Espargos” che ha reso l’isola una meta facilmente accessibile anche ai viaggiatori provenienti da lontane destinazioni.
 L’aeroporto è stato infatti fondamentale per lo sviluppo del turismo dell’isola di Sal, oggi conosciuta e amata a livello internazionale, e di Capo Verde. 
Mentre gli scali portuali vivevano un periodo di crisi, lo scalo aereo di Espargos è diventato la porta d’ingresso dell’intero arcipelago. 

Tra le delle attrazioni dell’isola di Sal da visitare, vi suggeriamo di iniziare dalle antiche saline di Pedra de Lume, situate sulla costa orientale a circa 5 chilometri dal capoluogo. 
Il villaggio Pedra de Lume sorge su di un’area desertica ed è principalmente famoso per la produzione di sale marino, avviata nel XVIII secolo e terminata alla fine del XX secolo.


Le saline si trovano nel cratere spento di un antico vulcano, sulle cui pendici nel 1804 fu costruita una galleria per agevolare l’estrazione del sale.
 All’interno del cratere, che, trovandosi in prossimità della costa al di sotto del livello del mare, presenta infiltrazioni d’acqua, si è creato un lago salato.
 L’evaporazione dell’acqua marina lascia sul terreno sale e minerali che con le loro mille sfumature colorate regalano ai visitatori uno spettacolo affascinante. 
È anche possibile fare il bagno nelle piscine di sale: l’acqua tiepida è 35 volte più salata di quella del mare e vi farà galleggiare senza alcuno sforzo, un’avventura simile a quella che si può vivere nel Mar Morto. 

 Sulla costa ovest dell’isola di Sal, nella regione settentrionale, si trovano le piscine naturali di Buracona.
 Non dovete assolutamente perdere l’occasione di effettuare un’escursione in questo luogo straordinario dove l’acqua ha scavato grotte e cavità nella roccia vulcanica. 
È possibile fare il bagno e tuffarsi in queste insenature protette, vere e proprie piscine naturali dove gli appassionati di snorkeling potranno ammirare pesci coloratissimi. 
Inoltre, è qui che si può ammirare il fenomeno dell’Occhio Blu: nelle ore centrali del giorno i raggi solari che filtrano nell’acqua forma al centro della piscina naturale una zona di acqua cristallina che crea un contrasto affascinante con il blu profondo del mare.




Proseguendo verso sud si incontra il caratteristico porto di Palmeira.
 Qui, oltre alle barche dei pescatori, arrivano le navi con gli approvvigionamenti per l’isola di Sal. 
Il villaggio è composto da piccole case di pescatori e negozi di souvenir. 
Attraversando l’isola di Sal si percorre parte del deserto di Terra Boa formato da sabbia chiara e da roccia vulcanica nera.
 Non esiste alcuna sorgente o fiume nell’isola; se avvistate un lago d’acqua state semplicemente scorgendo un miraggio causato da particolati condizioni climatiche, tra cui la presenza di un limpido cielo azzurro.

 

Un’altra località dove fare una sosta nel corso del vostro tour è la Baia di Murdeira, ma la meta da non perdere è la zona costiera di Santa Maria.
 L’attrazione è principalmente costituita dalla grande spiaggia di sabbia bianca, ma anche l’antico paese merita di essere visitato per il suo colorato e dinamico mercato dove oltre alla merce locale si trovano numerosi prodotti africani, principalmente senegalesi.


Una delle caratteristiche che ha reso l’isola di Sal una delle mete più amate dai surfisti è il vento. 
Anche altre isole dell’arcipelago offrono onde spettacolari e sono meta di numerosi appassionati, ma l’isola di Sal, grazie ai venti che soffiano tutto l’anno, ha decisamente quel qualcosa in più.
 Si possono praticare diversi sport emozionanti come il windsurf, il kitesurfing o il tradizionale surf.





Fonte: siviaggia.it

martedì 18 settembre 2018

Trovati un cucciolo di lupo e un caribù dell'era glaciale incredibilmente ben conservati


Un cucciolo di lupo mummificato e uno di caribù sono stati rinvenuti nelle miniere di Yukon, in Canada. 

Una scoperta sensazionale.
 Le due creature si sono conservate molto bene e risalgono all'era glaciale.
 Individuati nei pressi di Dawson City, gli animali erano quasi intatti, con tanto di testa, coda, pelliccia e tessuto muscolare. Dissotterrati dal permafrost, essi erano stati individuati nel 2016 ma adesso grazie alla datazione al radiocarbonio è stato possibile saperne di più sul loro conto.

 Le novità sono state annunciate nei giorni scorsi dall capo di Tr'ondëk Hwëch' Roberta Joseph, dal premier Sandy Silver e dal ministro del turismo e della cultura Jeanie Dendys. 
 Gli antichi esemplari risalenti a oltre 50.000 anni, sono stati riportati alla luce dal Programma di Paleontologia Yukon per la ricerca e l'analisi.

 Il piccolo di caribù mummificato è stato trovato all'interno della miniera d'oro di Paradise Hill il 3 giugno 2016.
 Dell'esemplare fossile è rimasta quasi intatta l'intera metà anteriore, compreso il busto, la testa e due arti anteriori, oltre a pelle, muscoli e peli.
 Il caribù è stato scoperto in un sito che contiene un letto di cenere vulcanica che risale a circa 80.000 anni fa, facendo di questo il più antico tessuto mummificato al mondo.


Il cucciolo di lupo invece è stato scoperto circa un mese dopo, il 13 luglio 2016. 
L'esemplare è eccezionalmente ben conservato. 
Anch'esso presenta testa, coda, zampe, pelle e peli.


Per via del loro grande valore scientifico, entrambi saranno ospitati dal Canadian Conservation Institute e rimarranno in mostra a Dawson per il resto del mese. 
 "Insieme al Tr'ondëk Hwëch'in siamo entusiasti di condividere queste scoperte significative che mostrano la storia unica scientifica e culturale di Yukon.
 Questi campioni aiuteranno gli scienziati a conoscere meglio le antiche specie di mammiferi che vagavano per la Beringia, aumentando le nostre conoscenze e la capacità di condividere le storie di questa terra perduta e antica" sono le parole del premier Sandy Silver. 

 Si tratta di animali molto rari, la cui scoperta potrà fornire informazioni inedite sulla storia dell'era glaciale aiutando gli scienziati a capire come queste creature scomparse vivessero nel loro ambiente naturale. 


Francesca Mancuso

Nuove scoperte al Tempio di Kom Ombo: tornano alla luce una sfinge e due stele


L’area archeologica di Kom Ombo continua a regalare sorprese! 


Durante i consueti lavori per la riduzione delle acque della falda freatica che scorre sotto il Tempio di Kom Ombo, ad Assan, la missione archeologica egiziana ha portato alla luce una sfinge in pietra arenaria.
 La sfinge, probabilmente risalente al Periodo Tolemaico, sarà oggetto di approfonditi studi da parte della missione archeologica con la speranza di avere presto maggiori informazioni su di essa. 

La figura leonina con testa umana è stata trovata nel lato sud-orientale del tempio di Kom Ombo, ovvero nella stessa area in cui circa due mesi fa erano state scoperte due stele in arenaria risalenti al regno di Tolomeo V.


In merito alle due stele recentemente trovate è da evidenziare che a seguito degli studi eseguiti nei laboratori del NMEC (National Museum of Egyptian Civilization) ubicato a Fustat, nella vecchia Cairo, le epigrafi incise sia in geroglifico che in demotico hanno permesso di identificare con maggiore chiarezza il periodo storico a cui risalivano. 
Infatti, le stele in un primo momento erano state erroneamente attribuite al regno di Tolomeo XII Aulete (80-51 a.C.), quando una più attenta lettura dei segni ha permesso di stabilire che il documento era stato redatto nell’anno 23 del regno di Tolomeo V, ovvero nel 182 a.C.

 La prima stele ha una lunghezza di 2,53 m per una larghezza di 1 m e uno spessore di 24 cm.


Sulla lunetta sormontata dal disco solare alato vi è rappresentato Tolomeo V nell’atto di colpire con una mazza un prigioniero bloccato con l’altra mano, il tutto alla presenza di sua moglie Cleopatra I, di sua figlia e della triade venerata nel tempio di Kom Ombo; mentre l’iscrizione è composta da 29 righe di testo in scrittura geroglifica.

 La seconda stele, molto simile alla prima per rappresentazione, misura 2,80 m x 1,20 m con uno spessore di 35 cm.
 Qui vediamo Tolomeo V compiere lo stesso gesto rituale di colpire i suoi nemici, ma è accanto ad altre due figure femminili. L’iscrizione vede incisi due testi: uno è di 34 linee in geroglifico e l’altro è composto da 33 linee di demotico.

 Le due stele andranno presto ad arricchire la collezione egizia esposta al museo della civiltà egiziana. 

 Fonte: mediterraneoantico.it

lunedì 17 settembre 2018

I misteri del fico, il falso frutto killer di vespe


Dall’impollinazione all’anatomia del suo fiore, la pianta di fico è ricca di misteri che molto spesso diamo per scontati. 
Capire come i suoi fiori potessero essere raggiunti dagli insetti impollinatori non è stato semplice, ma alla fine si è scoperto che tutto il processo è un perfetto esempio di mutualismo obbligato. 

Vespa e fico non possono sopravvivere l’uno senza l’altro, ma è l’insetto, nel complesso ma necessario procedimento, a subire il destino più crudele.

 Per capire cosa ci sia di tanto complicato nell’impollinazione del fico bisogno cominciare col dire che il suo frutto non è un frutto. Quella deliziosa dolce e carnosa polpa che assaporiamo una volta sbucciato non è altro che un fiore, anzi, un involucro contenente decine e decine di fiori, protetti da ogni agente esterno. 
 Ma se i fiori sono così protetti, come fa a compiersi quella scena che tutti noi abbiamo bene in mente, dell’insetto impollinatore che va di stelo in stelo per depositare il polline raccolto? 
Qui entra in gioco il concetto di mutualismo obbligato, un rapporto fatto di vita e morte che vede protagonista la minuscola Blastophaga psenes, meglio conosciuta come vespa del fico.


Tutto ha inizio con la vespa del fico fecondata: l’insetto individua un fico non ancora maturo e si introduce al suo interno attraverso un piccolo foro alla base del particolare fiore. 

Questo buco, per quanto possa sembrare una soluzione banale, in realtà ha una funzione fortemente selettiva: solo l’insetto delle giuste dimensioni riuscirà ad introdursi al suo interno.
 Ma il costo per percorrere lo stretto passaggio è alto: le vespe finiscono quasi ogni volta col perdere ali e antenne durante il faticoso ingresso, costrette ad arrancare fino al centro del frutto deboli e ferite. 

 Una volta all’interno l’unica cosa che rimane loro da fare è deporre le uova, che troveranno protezione e nutrimento all’interno del fiore, più precisamente alla base dei pistilli.
 E la vespa che le ha dato alla luce, che fine fa? 
Potrà sembrare macabro, ma ormai priva di forze l’insetto muore. Il suo corpo, aggredito dagli enzimi del fiore, si scioglie completamente e viene sfruttato a sua volta come nutrimento.


Si calcola che questo rapporto sia rimasto bene o male inalterato per gli ultimi 34 milioni di anni, fattore assicurato dalle piante di fico, in grado di sanzionare le vespe che non si comportano a dovere durante la fase di impollinazione.
 Basti pensare che, in caso di mancata impollinazione, il frutto contenente le larve della vespa ha molte probabilità di essere abortito, condannando a morte la prole così faticosamente deposta. Così questi insetti sono incentivati a fare il gioco del fiore, guadagnando la sopravvivenza della propria progenie. 

Al costo della propria vita. 

 Fonte: innaturale.com

venerdì 14 settembre 2018

Giraffe nella neve: ecco cosa accade quando la Savana si imbianca


Nevica in Sudafrica e gli animali apprezzano il fresco e i paesaggi innevati.
 A immortalarli nella loro selvaggia bellezza è stata Kitty Viljoen. E le foto stanno facendo il giro del web e dei social. 

 Giraffe, antilopi, rinoceronti ed elefanti: siamo abituati a immaginarli nel caldo della savana, in mezzo a paesaggi ampi e brulli ma ancora una volta la Natura ci mostra le sue infinite sfaccettature. 

 Siamo alla fine dell'inverno australe.
 Via i luoghi comuni. L'Africa non è solo calda ma sa anche essere glaciale. Accade infatti che in Sudafrica, in inverno ossia in questo periodo, si raggiungano temperature molto basse. E le foto scattate da Viljoen non hanno fatto altro che mostrarlo al mondo.
 Questa volta i cambiamenti climatici non c'entrano. L'inverno a quelle latitudini può essere molto rigido.

 Le foto di Kitty Viljoen ritraggono elefanti che si godono la neve nello Sneeuberg (Snow Mountain) sul Western Cape del Sud Africa, dove la neve si è depositata alla fine della scorsa settimana.
Ha anche fotografato le giraffe che emergono tra le cime innevate degli alberi, nella regione semi-desertica di Karoo.


Anche l'antilope, immortalata nella riserva di Glen Harry Game a Graaff-Reinet, a ovest di Città del Capo, è stata colta nella sua etera bellezza, circondata da una vegetazione ghiacciata.


Tutto il Sudafrica è nella morsa del gelo.
 La scorsa settimana il Ministero dei trasporti è stato costretto a chiudere le strade della zona orientale della capitale.
 La neve ha colpito anche il Western Cape, dove le temperature sono scese sotto lo zero. 
 Sono previste altre nevicate nel corso del weekend in tutta la città ma anche nello stato di Kwazulu-Natal. In alcune aree si aspettano oltre 25 cm di neve in tre giorni.

 Intanto gli animali passeggiano in questo paradiso bianco, ignari di essere stati immortalati e di aver raggiunto con la loro bellezza ogni angolo del mondo.

 Francesca Mancuso
 Foto: Kitty Viljoen

giovedì 13 settembre 2018

Addio allʼara di Spix: si è estinto il pappagallo blu protagonista di "Rio"


Brutte notizie dal mondo della Natura - ed ancora una volta tra i responsabili c'è l'Uomo. 
L'ara di Spix, il magnifico pappagallo blu divenuto una star internazionale grazie al fortunato film d'animazione "Rio", si è infine estinta.

 A confermarlo BirdLife International - consorzio internazionale di ONG impegnate nella conservazione degli uccelli - a seguito di una ricerca pubblicata su Science Direct, e che, nonostante il risultato, deve servire a "ispirare un raddoppiamento degli sforzi per prevenire altre estinzioni”.


Ad affermarlo è Stuart H.M.Butchart, capo scienziato di BirdLife International ed alla guida del team di ricercatori che hanno condotto lo studio. 
 "Le estinzioni continuano e accelerano oggi", avverte Butchart. "Storicamente il 90% delle estinzioni di uccelli sono state piccole popolazioni su isole remote. 
Le nostre prove dimostrano che c'è un'ondata crescente di estinzioni che si riversano nel continente a causa della perdita di habitat da agricoltura, drenaggio e disboscamento non sostenibili ". 

Infatti quattro delle otto estinzioni di uccelli appena identificate si sono verificate in Brasile, di cui era originaria l'ara di Spix. Malgrado i tentativi di preservarne la specie, questo pappagallo - lungo 55 - 57 cm e celebre per le varie sfumature di blu del piumaggio - si è estinto a causa in primis della caccia e della deforestazione.


Commerciata per 150 anni prima che venissero scoperte popolazioni selvatiche, nel 1985 furono trovati tre esemplari di ara di Spix in Amazzonia: due vennero catturati illegalmente, e i tentativi di allevare il terzo fallirono. 

L'ultimo avvistamento di ara di Spix in natura risale al 2000. 

 La storia dell'ara di Spix deve essere di insegnamento, secondo Butchart : "Se alcune di queste specie se ne sono andate, dobbiamo reindirizzare queste risorse a quelle che rimangono ".
 A questo proposito, nel medesimo studio, sono state sottoposte ad una nuova valutazione le 51 specie più minacciate delle 26.000 presenti nella lista rossa dell'IUCN - l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura -. 
+A questo scopo si è fatto ricorso ad un nuovo metodo statistico per analizzare e valutare gli sforzi di ricerca e la validità degli avvistamenti di specie sull'orlo dell'estinzione, rendendole più efficaci e precise.


Speriamo dunque che la ricerca ed una nuova consapevolezza generale dell'importanza della biodiversità impediscano l'estinzione di ulteriori specie animali.

 Fonte: curioctopus

Trovata una porta medievale sotto un castello in Scozia. Ecco il segreto che nasconde da secoli


Una porta segreta sotto un antico castello. 
Cosa ci può essere di più affascinante? 

Siamo in Scozia, al cospetto del castello di Culzean, che sorge sulla costa occidentale dell'isola, a sud-ovest di Glasgow. E lungo le fondamenta di questo maniero, gli archeologi del National Trust of Scotland hanno scoperto, all'interno di una grotta usata come una stalla, una porta dimenticata.


Leggende narrano che quelle grotte siano infestate dai fantasmi, ma anche utilizzate da contrabbandieri e fuggiaschi.
 Ma nessuno avrebbe mai pensato di trovare, nascosta nella pietra, dietro una porta di origine medievale, una cantina con decine di bottiglie di vino rimaste chiuse lì dal Settecento. 

 Prima che fosse costruito l'attuale castello, esisteva un altro maniero chiamato House of Cove o Coif Castle, proprio in onore alle antiche grotte sottostanti, risalenti all'età del ferro.
 E' dal Trecento che quei rifugi in pietra venivano utilizzati per conservare il cibo, vino incluso.
 Poi sono stati convertiti in stalle, e il vino è rimasto lì sigillato sino a oggi.




Non si sa se quelle bottiglie siano state semplicemente dimenticate dal personale di corte, oppure nascoste dai contrabbandieri che frequentavano la zona, certi che nessuno sarebbe andato lì a cercare il bottino. 

 Il castello di Culzean è una delle attrazioni turistiche più popolari della Scozia, ma in pochi sanno che è stato costruito sopra un labirinto di caverne. 
Solo una piccola porzione oggi è visitabile. E quando anche tutta quest'altra parte interessata dagli scavi sarà messa in sicurezza, il Trust desidera aprirla al pubblico: «Ci sono così tante storie da raccontare qui e condividere con i nostri visitatori», ha fatto sapere Ian Cornforth.

 Fonte: lastampa.it

mercoledì 12 settembre 2018

Aperta a Saqqara una delle sepolture più belle della necropoli: la tomba di Mehu


Riaperta dopo 4000 anni. 
La tomba di Mehu, una delle più belle della necropoli di Saqqara, in Egitto, è stata restaurata e resa visitabile ai turisti per la prima volta a 78 anni dalla sua scoperta.


La tomba si trova a pochi metri di distanza della parete meridionale della piramide a gradoni di Djoser, eretta per la sepoltura del sovrano della III dinastia dall'architetto Imhotep. 
Le sue pareti sono sontuosamente decorate e al suo interno si trovano tre camere funerarie: una per Mehu, che ha avuto un ruolo influente nella corte reale della sesta dinastia, rivendicato non meno di 48 titoli «nobiliari», dov'è stato rinvenuto anche il suo sarcofago con coperchio, e altre due erano destinate al culto del figlio Mery Ra Ankh, sorvegliante della regione di Buttu e di ispettore dei profeti della piramide di Pepi, e del nipote Hetep Ka II.

 Mehu era «un visir, il capo dei giudici e il direttore del palazzo al tempo del re Teti, il primo re della sesta dinastia», spiega l'archeologo egiziano Zahi Hawass.
 E la sua tomba è famosa per le splendide iscrizioni presenti sulle pareti interne, oltre che per la sua falsa porta decorata in oro. 
E si può dire che sia una delle meglio conservate e colorate del vecchio regno.


Questo incredibile sito archeologico è stato scoperto nel 1940, durante una missione diretta dall’egittologo Zaki Saad.
 E ora, grazie al restauro, sono riemersi tutti i vividi colori che ne decorano le pareti, rimasti segreti per millenni. 

Qui, con i geroglifici, vengono raccontate la vita di Mehu e le sue passioni, come la caccia nella giungla e la pesca nelle paludi. 
Non mancano poi scene di lavoro nei campi, ma anche di feste con ballerini di danze acrobatiche, oltre a simboli più inusuali, come l’unione di due coccodrilli in presenza di una tartaruga.










Fonte: lastampa.it

La curiosa storia del Principato di Sealand


Se c'è qualcosa di più triste dello Stato dell'Isola di Plastica, nel Pacifico, è l'incredibile storia del Principato di Sealand: un autoproclamato micro-stato indipendente nel Mare del Nord, una decina di km al largo della contea di Suffolk (UK).

 È stato fondato da Paddy Roy Bates, ex militare inglese, ex conduttore radiofonico, ex radiomatore che nel 1966 occupò (e spostò fuori da quelle che fino all'87 erano acque territoriali inglesi) un avamposto militare galleggiante abbandonato. 
Bates si autoproclamò monarca, e nella breve storia del Principato dovette gestire anche un colpo di Stato.


Lo stato fondato da Bates e dalla moglie (la principessa Joan Collins) non ha mai ricevuto un riconoscimento ufficiale da altri Paesi, tuttavia non è soggetto alle leggi inglesi (o ha sempre ritenuto di non esserlo) e tanto è bastato a Bates per avviare anche una sua attività di radioamatore pirata.

 L'indipendenza a parole è un conto, ma per l'indipendenza vera c'è bisogno di soldi veri. O finti?
 Curiosamente, la famiglia Bates è riuscita a mantenere in attivo le casse del reame grazie alla vendita di monete, passaporti e titoli nobiliari del Principato di Sealand (pagabili in euro).


La struttura originaria è costituita da una zattera con due torri in cemento che sorreggono una piattaforma. 
Dopo aver traghettato la struttura 12 km a largo di Felixstowe (Suffolk, UK) la zattera è stata allagata per farla affondare e adagiare su di un banco di sabbia: dal 1942 (anno in cui è stata posizionata) alla fine della guerra, qui c'era una postazione della contraerea inglese e una guarnigione della Royal Navy.


Oggi l'interno dell'ex avamposto è arredato di tutto punto e potrebbe sembrare quello di una normale casa di un normale paese. Non si mangia tutti i giorni frutta e verdura, ma di sicuro il pesce è sempre fresco.


Il capitolo più controverso della storia di Sealand è avvenuto nel 1978. 
Mentre il Principe Bates si era allontanato dall'isola, il suo primo ministro organizzò un golpe col progetto di trasformare lo stato in un hotel di lusso. 
Con altri uomini tenne addirittura in ostaggio il figlio del monarca. Bates però fece ritorno sull'isola con un manipolo di mercenari e un elicottero d'assalto e catturò i ribelli (foto sopra).

 I golpisti furono tutti rilasciati subito, tranne l'ex primo ministro, un cittadino tedesco. 
La Germania inviò un diplomatico su Sealand per trattare con Bates, il quale interpretò la visita come un ufficiale riconoscimento del suo stato e rilasciò quindi il "prigioniero di guerra".


Dopo la morte dei coniugi Bates, il micro-stato è governato dal primogenito Michel Bates (in foto), che però nel 2007 ha deciso di vendere l'isola per 750 milioni di euro.
 I fondatori di Pirate Bay sembravano interessati all'acquisto, ma l'affare sfumò e l'isola/piattaforma/stato continua a essere disponibile. 

Se sognate di diventare principi (o principesse) sapete a chi rivolgervi.

 Fonte: focus.it

lunedì 10 settembre 2018

Ecco chi erano i primi abitanti di Stonehenge


I primi abitanti di Stonehenge? Sicuramente provenivano dal Galles. 
A stabilirlo è un nuovo studio che ha esaminato i resti di ossa carbonizzati trovati all’interno del sito megalitico.


 Quando parliamo di Stonehenge facciamo spesso riferimento al mistero della struttura monolitica pensando soprattutto alla provenienza delle materie prime. 
 Adesso i ricercatori dell'Università di Oxford in collaborazione con università di Parigi e Bruxelles, hanno dimostrato che gli uomini cremati a Stonehenge provenivano dalla stessa regione del Galles, lontana 150 chilometri, da cui arrivano le pietre utilizzate nelle costruzioni.
 Il team ha analizzato i resti di ossa carbonizzate, frutto di una cremazione, trovati nelle sepolture risalenti a 5mila anni fa intorno a Stonehenge arrivando alla conclusione che gli abitanti provenivano dal Galles. 
 Una scoperta pubblicata sulla rivista Nature Scientific Reports che avvalora ancora di più la testi della provenienza delle pietre usate nella prima fase di Stonehenge, le cosiddette blustone, importate dalle Preseli Hills, nel Galles. 

 Il team ha chiesto il permesso di Historic England e English Heritage per analizzare le ossa del cranio cremate appartenenti a 25 individui. 
Il test ha previsto l'estrazione degli isotopi dello stronzio che possono rivelare dove le persone hanno trascorso gli ultimi anni della loro vita dall'osso cremato. 
 Come sappiamo Stonehenge è stato usato come luogo di cremazione e di sepoltura.
 I test sono stati condotti su frammenti di teschi ritrovati nei "fori di Aubrey", un cerchio di 56 fosse al di fuori dell’attuale cerchio di pietra.


Prima si pensava che i pozzi contenessero pali di legno, ma scavi recenti hanno trovato schegge di bluestone. 
Una delle ipotesi è che le buche ospitassero il primo cerchio di massi, che poi sono stati ripetutamente riordinati per secoli. 
 Come si legge nello studio, le prime ossa sono state datate intorno al 3mila a.C. e coprono un arco di tempo di circa 500 anni. 

Secondo gli archeologi che hanno condotto la ricerca “la varietà di date fa sorgere la possibilità che per secoli le persone potessero essere portate a Stonehenge per essere sepolte con le pietre”. 


 Dominella Trunfio
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