lunedì 25 marzo 2013
colazione da Tiffany......
Audrey Hepburn
(Bruxelles, 4 maggio 1929 – Tolochenaz, 20 gennaio 1993)
Fascino discreto, stile, eleganza e un sorriso capace di disarmare chiunque rendono Audrey Hepburnuna delle star più amate di tutti i tempi. All’anagrafe Audrey Kathleen Ruston, la Hepburn, figlia del banchiere inglese Joseph Hepburn-Ruston e della baronessa olandese Ella van Heemstra, acquisisce il cognome con il quale diverrà famosa dalla nonna paterna. Nata a Bruxelles nel 1929 Audrey, muove i primi passi sulle punte, durante l’occupazione nazista, sognando di diventare una grande ballerina. Il destino le riserva però altre sorprese e, dopo la liberazione dell’Olanda e tre anni passati a Amsterdam, la fa approdare a Londra, dove quasi per caso si trova su un set cinematografico. Per la Hepburn è l’inizio di una carriera costellata da grandi successi, che la fa entrare nello Star System e che mai tuttavia l’allontana dalla sua vera natura. Professionista instancabile, oltre che donna attenta alle esigenze della propria vita privata, Audrey, alla fine degli anni Sessanta, all’apice del successo, abbandona il cinema, per dedicarsi alla famiglia e porre al servizio del volontariato le sue grandi qualità umane.
GRAFFITI VETRO ARTE
FUSING
Le Isole di Bu Tinah
Lo splendido e minuscolo arcipelago di isole Bu Tinah situate a sud di Zirku a nord degli Emirati Arabi, è un'estesa formazione di splendidi coralli e alghe marine.
Le isole sono molto basse quasi al livello dell'acqua a non oltre i 2/3 metri sul livello del mare. Il tutto ha la forma di un ferro di cavallo ed è stato giudicato tra gli ecosistemi marini più grandi e ricchi ricevendo un riconoscimento dall'Unesco a tal proposito.
Le acque di Bu Tinah ospitano la seconda più grande popolazione mondiale di dugongo, un mammifero marino di grandi dimensioni che è minacciato in tutto il mondo.
....VOCI DI DONNA
FIGURA FEMMINILE NELL'ARTE
Osserviamo come si è sviluppato l’appassionante viaggio
estetico del corpo femminile.
estetico del corpo femminile.
Nonostante sia ipotizzabile una società che, secoli fa, vedesse in
primo piano, o almeno su un piano di perfetta parità, la figura
primo piano, o almeno su un piano di perfetta parità, la figura
della donna, per buona parte della storia dell’umanità ha comandato il genere maschile. L’ipotesi di una società in cui
aveva la preminenza la figura femminile, e presumibile dai resti di
innumerevoli ritrovamenti archeologici che mostrano la frequenza
con cui veniva rappresentato il corpo femminile. E al di là della
valenza magica, simbolica o apotropaica che tali statue potevano
avere, appare chiaro che si ricreano le immagini di chi ha una
certa forma di potere, o gode di una stima straordinaria e
possiede un aura che le garantisce grande ammirazione.
Notevoli vestigia di tale rispetto per il genere femminile si sono
trascinate anche nelle due grandi culture di cui siamo tutti figli, la greca e la latina, che hanno poi animato una parte
considerevole della storia dell’arte mondiale. Il mediterraneo è
infatti la culla dalla quale è nata l’idea stessa dell’arte, e noi
italiani sembriamo aver dimenticato di esserne stati per secoli la
nutrice.
Ma il Mediterraneo è intessuto della cultura religiosa del
cristianesimo. E la chiesa, che ha consentito la creazione e la cura
di tante opere d’arte, quella chiesa che rivede per fortuna lungo
gli anni tutti gli integralismi, durante il medioevo fece diventare
la donna, per via di un maschilismo nemmeno tanto nascosto
nell’ambito religioso, un essere inferiore, quasi senza anima. Per
chi ha una certa sensibilità, senza voler arrivare alle critiche
delle gerarchie ecclesiastiche, come fa il teologo Vito Mancuso,
esaltando la verità originaria del messaggio cristiano, basti
sapere che il nudo femminile si è cominciato a poterlo guardare
senza vergognarsene perché si è ammantato dello scudo protettivo
dell’arte.
L’artista ha elevato tutto il guardabile, perché guarda il mondo
con l’innocenza di un bambino. Per i pittori e gli scultori il corpo
della donna rimane essenzialmente segno, cioè espressione pura
della forma, anche se è innegabile il permanere di una forza
espressiva che si apparenta con la forza creatrice insita da
sempre nel corpo della donna, che infatti ha rappresentato in tutte
le culture antiche l’idea della vita. Nell’animo dell’artista sembra
essere rimasto il segno profondo di questo archetipo della donna
come fonte di vita e attraverso i suoi occhi è riuscito a cogliere
sempre le tante sfaccettature che fanno parte del suo poliedrico
mondo e la rendono così affascinante. Donna come madre, e
madonna, come divinità e come ballerina, amante e musa
ispiratrice, e poi etera, strega e lasciva fanciulla.Un
caleidoscopio delle umane emozioni, nella cui figura si rispecchia
la ricerca dell’ideale di bellezza e di bontà di ogni artista, con
quella potenza in più donata dalla sua bellezza agli occhi
dell’artista che è stato per lungo tempo l’occhio di un uomo, e
quindi un occhio lambito dall’eros. Per averne un’idea è
sufficiente pensare al perché della nudità di alcune donne in un
atmosfera irreale a volte, in cui gli uomini sono tutti vestiti.
Nel 1863 fu esposto a Parigi Le déjeuner sur l’herbe di Manet,
provocando scandalo e disgusto, dimenticando che il tema biblico di “Susanna e i vecchioni” aveva già riempito la storia dell’arte.
D’altronde non poteva non aver visto al Louvre il “concerto
campestre” di Tiziano. Emile Zolà lo difese adducendo il valore
della pura forma pittorica come se fosse un delitto che la ricerca
del bello indugiasse su una certa carnalità, indubbiamente
suscitata dal corpo di una donna. Chi ha un concetto del corpo
sublime, libero da ogni gravame di tipo trascendente, e lo guarda
attraverso un rispetto di tutte le sue funzioni naturali, e
soprattutto come espressione della bellezza del creatore
attraverso la natura, non può che trovare bello il corpo di una
donna, così come la mano di un bambino o viso corrugato di un
anziano.
I più sopraffini potrebbero riconoscerci la grandezza del concetto di physis espresso dai greci, ma anche il soffio di Dio non si curò di donare vestiti ad Eva; siamo stati noi umani, come quelli che
istruirono il ”Brachettone” di Michelangelo a realizzare le foglie
di fico con cui coprire tutto ciò che la pudicizia di menti malate
riteneva non dovesse essere visto.
Il Buonarroti in uno dei suoi capolavori, la cappella Sistina di sicuro non coprì nulla di questo suo amore per il corpo umano, al
punto che parecchi esegeti e interpreti sono arrivati a intravedere
nella presenza di alcuni uomini abbracciati, in due che addirittura
si baciano, una sua presunta omosessualità. E questa deviazione
esegetica ancora persiste nei nostri atteggiamenti sociali.
Non a tutti i visitatori e storici dell’arte salta subito all’occhio
però una presenza, che dovrebbe far riflettere tutti sul ruolo della donna nel mondo dell’arte e non solo. Sulla destra della creazione
di Adamo il cui centro è la plasticità di quelle mani che sembrano
essere diventate il simbolo della cappella Sistina, c’è una schiera
di angeli che sorregge il creatore.
Ma in mezzo a loro, proprio alle spalle del creatore, si trova una
figura di donna dal seno acerbo. Un viso angelico e austero che nasconde la verità mal celata della forza della polarità della
donna, che nella genesi ebraica è palesata dai nomi di Dio al
plurale o al femminile. Mentre i profeti ed i religiosi a seguire
sembrano aver voluto coprire l’energia del pianeta donna e la
potenza evocativa dell’eros.
Poco più in là un altro artista, il poeta Salvatore Quasimodo,
legge con candore e senza svenimenti nella cappella sistina quel “
… pudore di sensazioni ed esperienze, l’abisso che non bisogna corrompere”.
Oggi pare stia cambiando l’occhio di chi guarda. Stanno aumentando le donne dell’arte, e il loro punto di vista offrirà di
certo un panorama diverso, sempre che ci riescano. Un panorama
che, visto dalla loro angolazione offrirà di sicuro qualche spunto
di riflessione.
SERIE DI OGGETTI REALIZZATI IN VETRO FUSIONE
GRAFFITI VETRO ARTE
IL RUOLO DELLA DONNA NEL CORSO DEI SECOLI
Dai tempi più remoti fino ad oggi, la donna ha assunto ruoli molto diversi, il suo status variava da civiltà a civiltà anche nel medesimo periodo storico. L’icona femminile è presente tra i primi oggetti di culto creati dall’uomo, incarna la prima forma di divinità, capace di generare la vita e dare nutrimento. Rapidamente diviene punto di riferimento in quelle statuette volumetriche raffiguranti la dea madre, tanto diffuse dal neolitico e tali da costituire quasi un comune denominatore tra le civiltà del Mediterraneo.
Al ruolo centrale della donna nella società matriarcale si va sostituendo la maternità che, sotto certi aspetti, riveste la donna di una grande responsabilità sociale, le viene associata la funzione procreatrice, sino a trattarla con pena se non anche con malcelato disprezzo quando essa non aveva marito né prole. La storia è costellata di episodi di donne ripudiate quando non concedevano eredi allo sposo, fatto che la dice lunga sulla responsabilità che pesava su di lei, senza che mai fosse messa in dubbio la fecondità maschile.
Un esempio universalmente noto di donna forte e devota allo stesso tempo è in Omero. Penelope tesse e disfa la tela continuamente per sottrarsi all’imposizione del matrimonio con un altro uomo. Essa è evidentemente una figura ideale che riunisce quelle virtù femminili e, in questo, lei è molto diversa dalla regina dei Feaci, Arete. E’ a quest' ultima, e non al re Antinoo, che Ulisse stesso deve chiedere ospitalità e aiuto, sintomo di una ben maggiore rilevanza presso i Feaci del ruolo della regina rispetto a quello del re.
Ma si inizia nella preistoria. Restituire oggi un volto alla donna in quell’età non è semplice, tuttavia, alla luce delle conoscenze acquisite, è evidente che le donne svolgevano compiti non dissimili da quelli degli uomini. Si ritiene prendessero parte alla caccia praticando una vita nomade insieme alle comunità cui appartenevano, spostandosi nei territori secondo i ritmi stagionali scanditi dalla natura e dagli astri. Innumerevoli sono le raffigurazioni femminili nelle incisioni rupestri, come anche le piccole veneri preistoriche giunte a noi scolpite su pietra, divinità volumetriche definite steatopigie dagli studiosi.
L’evoluzione che guidò l’uomo verso l'agricoltura spinse le comunità verso vere e proprie forme insediative stabili, accentuando la differenziazione uomo donna. La procreatrice diviene fulcro della comunità e, nel progressivo adattamento ad una vita sedentaria, si specializza sempre più in attività artigianali come la tessitura, la trasformazione del cibo e la produzione ceramica. Con l’introduzione della lavorazione dei metalli lo sviluppo tecnologico eleva a potenza l'importanza del ruolo maschile ridimensionando ulteriormente il ruolo della donna, semplice nutrice, portatrice del seme che genera la vita. Così, ridotta a strumento, vede padri o mariti impossessarsi di lei come di una proprietà, finendo relegata, salvo poche eccezioni, in una sfera marginale della società antica.
La condizione della donna in età storica muta secondo una costante legata alla comunità cui essa appartiene: il riconoscimento giuridico come persona. Questa conquista è riservata soltanto alle donne di elevato rango sociale. I più antichi codici curavano principalmente degli aspetti pratici inerenti le figure di sacerdotessa, madre e moglie, mostrando squilibri a vantaggio degli analoghi ruoli maschili. In Mesopotamia, avuto riguardo per la diversità tra le diverse città stato, i vari periodi storici conoscono progressivi cambiamenti ed è oggi possibile affermare che in quelle regioni non vi fosse la parità tra i due sessi. Anche oggi, vari paesi del Mediterraneo, non meno che in altre parti del mondo, la donna vive spesso in un clima di subordinazione, tanto per la posizione delle istituzioni quanto nel sentire popolare. Essa è fatta oggetto di più gravi responsabilità e colpe, a dispetto delle attenuanti concesse all’uomo e, talvolta sono severissimi giudizi cui, anche innocente, viene sottoposta.
La "signora della casa" dell’antico Egitto accudiva alle faccende domestiche e, in quell’aristocrazia, le era concesso di condividere insieme ai figli, in una misura limitata, la vita pubblica con il marito. Mentre, per i casi di sterilità e adulterio, era previsto il divorzio con l’obbligo per il marito di corrispondere gli “alimenti” nella misura di un terzo rispetto alla quota definita dall'accordo nuziale. Al marito, era concesso di risposarsi, mentre lei otteneva la parità soltanto alla morte, nel trattamento funebre.
Quanto all'Egitto, è bene ricordare una illustre eccezione, la regina Hatshepsut, rappresentante della XVIII Dinastia (1479-1457 a.C. circa) che veniva eloquentemente raffigurata, per sua stessa volontà, in panni maschili e barba posticcia proprio perché alla donna non era concesso divenire faraone, sebbene essa stessa potesse divenire sposa favorita del sovrano-dio e in virtù di ciò essere rappresentata con lui nelle immagini pubbliche, fatto molto significativo.
In epoca greca arcaica e classica, prima dei cambiamenti intervenuti nel periodo ellenistico, il ruolo della donna, in una società dall’impronta alquanto maschilista, era marginale ed il matrimonio era volto a suggellare le alleanze tra famiglie. Esisteva il gineceo un’abitazione riservata alle sole donne, ed esse erano escluse da ogni attività pubblica eccetto le ricorrenze religiose.
Si praticava la prostituzione, una funzione talmente importante da essere istituzionalizzata con Solone e considerata sacra presso i Fenici. Questi ultimi, nei loro templi dedicati alla divinità protettrice dei naviganti, riservavano alle donne la redditizia attività. All’onore di poter servire la divinità, con il proprio corpo, si aggiungevano le cospicue entrate per le casse del tempio. Nella Roma arcaica poi, era riservato al pater familias perfino il diritto di vita e di morte su moglie e figli e, per quanto si vada avanti nella storia di questa grande civiltà, raramente la donna ebbe posizioni fondamentali che non fossero quelle solite di madre, moglie e figlia. Un esempio virtuoso passato alla storia è quello di Cornelia, la madre dei Gracchi. In epoca romana imperiale è invece tristemente famosa la figura di Agrippina, madre di Nerone, nota per le sue macchinazioni e la sete di potere, desiderosa di regnare in vece del figlio rendendolo un fantoccio nelle sue mani. Ma questo atteggiamento e questa sua bramosia vennero stroncati dallo stesso Nerone, che, come si sa, ne commissionò l'assassinio.
Ancora tanti altri esempi potrebbero essere fatti anche per epoche più recenti, ma non ci si soffermerà ad elencarli tutti. Ciò che vale la pena di sottolineare è proprio la valenza plurima e talora contraddittoria, del ruolo della donna che, per lo più succube della supremazia maschile in tutti i campi, era considerata alla stregua di un oggetto idonea solo ad esser moglie o a dare figli e, emergendo, talvolta con prepotenza e forza, nel bene e nel male.
aveva la preminenza la figura femminile, e presumibile dai resti di
innumerevoli ritrovamenti archeologici che mostrano la frequenza
con cui veniva rappresentato il corpo femminile. E al di là della
valenza magica, simbolica o apotropaica che tali statue potevano
avere, appare chiaro che si ricreano le immagini di chi ha una
certa forma di potere, o gode di una stima straordinaria e
possiede un aura che le garantisce grande ammirazione.
Notevoli vestigia di tale rispetto per il genere femminile si sono
trascinate anche nelle due grandi culture di cui siamo tutti figli, la greca e la latina, che hanno poi animato una parte
considerevole della storia dell’arte mondiale. Il mediterraneo è
infatti la culla dalla quale è nata l’idea stessa dell’arte, e noi
italiani sembriamo aver dimenticato di esserne stati per secoli la
nutrice.
Ma il Mediterraneo è intessuto della cultura religiosa del
cristianesimo. E la chiesa, che ha consentito la creazione e la cura
di tante opere d’arte, quella chiesa che rivede per fortuna lungo
gli anni tutti gli integralismi, durante il medioevo fece diventare
la donna, per via di un maschilismo nemmeno tanto nascosto
nell’ambito religioso, un essere inferiore, quasi senza anima. Per
chi ha una certa sensibilità, senza voler arrivare alle critiche
delle gerarchie ecclesiastiche, come fa il teologo Vito Mancuso,
esaltando la verità originaria del messaggio cristiano, basti
sapere che il nudo femminile si è cominciato a poterlo guardare
senza vergognarsene perché si è ammantato dello scudo protettivo
dell’arte.
L’artista ha elevato tutto il guardabile, perché guarda il mondo
con l’innocenza di un bambino. Per i pittori e gli scultori il corpo
della donna rimane essenzialmente segno, cioè espressione pura
della forma, anche se è innegabile il permanere di una forza
espressiva che si apparenta con la forza creatrice insita da
sempre nel corpo della donna, che infatti ha rappresentato in tutte
le culture antiche l’idea della vita. Nell’animo dell’artista sembra
essere rimasto il segno profondo di questo archetipo della donna
come fonte di vita e attraverso i suoi occhi è riuscito a cogliere
sempre le tante sfaccettature che fanno parte del suo poliedrico
mondo e la rendono così affascinante. Donna come madre, e
madonna, come divinità e come ballerina, amante e musa
ispiratrice, e poi etera, strega e lasciva fanciulla.Un
caleidoscopio delle umane emozioni, nella cui figura si rispecchia
la ricerca dell’ideale di bellezza e di bontà di ogni artista, con
quella potenza in più donata dalla sua bellezza agli occhi
dell’artista che è stato per lungo tempo l’occhio di un uomo, e
quindi un occhio lambito dall’eros. Per averne un’idea è
sufficiente pensare al perché della nudità di alcune donne in un
atmosfera irreale a volte, in cui gli uomini sono tutti vestiti.
Nel 1863 fu esposto a Parigi Le déjeuner sur l’herbe di Manet,
provocando scandalo e disgusto, dimenticando che il tema biblico di “Susanna e i vecchioni” aveva già riempito la storia dell’arte.
D’altronde non poteva non aver visto al Louvre il “concerto
campestre” di Tiziano. Emile Zolà lo difese adducendo il valore
della pura forma pittorica come se fosse un delitto che la ricerca
del bello indugiasse su una certa carnalità, indubbiamente
suscitata dal corpo di una donna. Chi ha un concetto del corpo
sublime, libero da ogni gravame di tipo trascendente, e lo guarda
attraverso un rispetto di tutte le sue funzioni naturali, e
soprattutto come espressione della bellezza del creatore
attraverso la natura, non può che trovare bello il corpo di una
donna, così come la mano di un bambino o viso corrugato di un
anziano.
I più sopraffini potrebbero riconoscerci la grandezza del concetto di physis espresso dai greci, ma anche il soffio di Dio non si curò di donare vestiti ad Eva; siamo stati noi umani, come quelli che
istruirono il ”Brachettone” di Michelangelo a realizzare le foglie
di fico con cui coprire tutto ciò che la pudicizia di menti malate
riteneva non dovesse essere visto.
Il Buonarroti in uno dei suoi capolavori, la cappella Sistina di sicuro non coprì nulla di questo suo amore per il corpo umano, al
punto che parecchi esegeti e interpreti sono arrivati a intravedere
nella presenza di alcuni uomini abbracciati, in due che addirittura
si baciano, una sua presunta omosessualità. E questa deviazione
esegetica ancora persiste nei nostri atteggiamenti sociali.
Non a tutti i visitatori e storici dell’arte salta subito all’occhio
però una presenza, che dovrebbe far riflettere tutti sul ruolo della donna nel mondo dell’arte e non solo. Sulla destra della creazione
di Adamo il cui centro è la plasticità di quelle mani che sembrano
essere diventate il simbolo della cappella Sistina, c’è una schiera
di angeli che sorregge il creatore.
Ma in mezzo a loro, proprio alle spalle del creatore, si trova una
figura di donna dal seno acerbo. Un viso angelico e austero che nasconde la verità mal celata della forza della polarità della
donna, che nella genesi ebraica è palesata dai nomi di Dio al
plurale o al femminile. Mentre i profeti ed i religiosi a seguire
sembrano aver voluto coprire l’energia del pianeta donna e la
potenza evocativa dell’eros.
Poco più in là un altro artista, il poeta Salvatore Quasimodo,
legge con candore e senza svenimenti nella cappella sistina quel “
… pudore di sensazioni ed esperienze, l’abisso che non bisogna corrompere”.
Oggi pare stia cambiando l’occhio di chi guarda. Stanno aumentando le donne dell’arte, e il loro punto di vista offrirà di
certo un panorama diverso, sempre che ci riescano. Un panorama
che, visto dalla loro angolazione offrirà di sicuro qualche spunto
di riflessione.
SERIE DI OGGETTI REALIZZATI IN VETRO FUSIONE
GRAFFITI VETRO ARTE
IL RUOLO DELLA DONNA NEL CORSO DEI SECOLI
Dai tempi più remoti fino ad oggi, la donna ha assunto ruoli molto diversi, il suo status variava da civiltà a civiltà anche nel medesimo periodo storico. L’icona femminile è presente tra i primi oggetti di culto creati dall’uomo, incarna la prima forma di divinità, capace di generare la vita e dare nutrimento. Rapidamente diviene punto di riferimento in quelle statuette volumetriche raffiguranti la dea madre, tanto diffuse dal neolitico e tali da costituire quasi un comune denominatore tra le civiltà del Mediterraneo.
Al ruolo centrale della donna nella società matriarcale si va sostituendo la maternità che, sotto certi aspetti, riveste la donna di una grande responsabilità sociale, le viene associata la funzione procreatrice, sino a trattarla con pena se non anche con malcelato disprezzo quando essa non aveva marito né prole. La storia è costellata di episodi di donne ripudiate quando non concedevano eredi allo sposo, fatto che la dice lunga sulla responsabilità che pesava su di lei, senza che mai fosse messa in dubbio la fecondità maschile.
Un esempio universalmente noto di donna forte e devota allo stesso tempo è in Omero. Penelope tesse e disfa la tela continuamente per sottrarsi all’imposizione del matrimonio con un altro uomo. Essa è evidentemente una figura ideale che riunisce quelle virtù femminili e, in questo, lei è molto diversa dalla regina dei Feaci, Arete. E’ a quest' ultima, e non al re Antinoo, che Ulisse stesso deve chiedere ospitalità e aiuto, sintomo di una ben maggiore rilevanza presso i Feaci del ruolo della regina rispetto a quello del re.
Ma si inizia nella preistoria. Restituire oggi un volto alla donna in quell’età non è semplice, tuttavia, alla luce delle conoscenze acquisite, è evidente che le donne svolgevano compiti non dissimili da quelli degli uomini. Si ritiene prendessero parte alla caccia praticando una vita nomade insieme alle comunità cui appartenevano, spostandosi nei territori secondo i ritmi stagionali scanditi dalla natura e dagli astri. Innumerevoli sono le raffigurazioni femminili nelle incisioni rupestri, come anche le piccole veneri preistoriche giunte a noi scolpite su pietra, divinità volumetriche definite steatopigie dagli studiosi.
L’evoluzione che guidò l’uomo verso l'agricoltura spinse le comunità verso vere e proprie forme insediative stabili, accentuando la differenziazione uomo donna. La procreatrice diviene fulcro della comunità e, nel progressivo adattamento ad una vita sedentaria, si specializza sempre più in attività artigianali come la tessitura, la trasformazione del cibo e la produzione ceramica. Con l’introduzione della lavorazione dei metalli lo sviluppo tecnologico eleva a potenza l'importanza del ruolo maschile ridimensionando ulteriormente il ruolo della donna, semplice nutrice, portatrice del seme che genera la vita. Così, ridotta a strumento, vede padri o mariti impossessarsi di lei come di una proprietà, finendo relegata, salvo poche eccezioni, in una sfera marginale della società antica.
La condizione della donna in età storica muta secondo una costante legata alla comunità cui essa appartiene: il riconoscimento giuridico come persona. Questa conquista è riservata soltanto alle donne di elevato rango sociale. I più antichi codici curavano principalmente degli aspetti pratici inerenti le figure di sacerdotessa, madre e moglie, mostrando squilibri a vantaggio degli analoghi ruoli maschili. In Mesopotamia, avuto riguardo per la diversità tra le diverse città stato, i vari periodi storici conoscono progressivi cambiamenti ed è oggi possibile affermare che in quelle regioni non vi fosse la parità tra i due sessi. Anche oggi, vari paesi del Mediterraneo, non meno che in altre parti del mondo, la donna vive spesso in un clima di subordinazione, tanto per la posizione delle istituzioni quanto nel sentire popolare. Essa è fatta oggetto di più gravi responsabilità e colpe, a dispetto delle attenuanti concesse all’uomo e, talvolta sono severissimi giudizi cui, anche innocente, viene sottoposta.
La "signora della casa" dell’antico Egitto accudiva alle faccende domestiche e, in quell’aristocrazia, le era concesso di condividere insieme ai figli, in una misura limitata, la vita pubblica con il marito. Mentre, per i casi di sterilità e adulterio, era previsto il divorzio con l’obbligo per il marito di corrispondere gli “alimenti” nella misura di un terzo rispetto alla quota definita dall'accordo nuziale. Al marito, era concesso di risposarsi, mentre lei otteneva la parità soltanto alla morte, nel trattamento funebre.
Quanto all'Egitto, è bene ricordare una illustre eccezione, la regina Hatshepsut, rappresentante della XVIII Dinastia (1479-1457 a.C. circa) che veniva eloquentemente raffigurata, per sua stessa volontà, in panni maschili e barba posticcia proprio perché alla donna non era concesso divenire faraone, sebbene essa stessa potesse divenire sposa favorita del sovrano-dio e in virtù di ciò essere rappresentata con lui nelle immagini pubbliche, fatto molto significativo.
In epoca greca arcaica e classica, prima dei cambiamenti intervenuti nel periodo ellenistico, il ruolo della donna, in una società dall’impronta alquanto maschilista, era marginale ed il matrimonio era volto a suggellare le alleanze tra famiglie. Esisteva il gineceo un’abitazione riservata alle sole donne, ed esse erano escluse da ogni attività pubblica eccetto le ricorrenze religiose.
Si praticava la prostituzione, una funzione talmente importante da essere istituzionalizzata con Solone e considerata sacra presso i Fenici. Questi ultimi, nei loro templi dedicati alla divinità protettrice dei naviganti, riservavano alle donne la redditizia attività. All’onore di poter servire la divinità, con il proprio corpo, si aggiungevano le cospicue entrate per le casse del tempio. Nella Roma arcaica poi, era riservato al pater familias perfino il diritto di vita e di morte su moglie e figli e, per quanto si vada avanti nella storia di questa grande civiltà, raramente la donna ebbe posizioni fondamentali che non fossero quelle solite di madre, moglie e figlia. Un esempio virtuoso passato alla storia è quello di Cornelia, la madre dei Gracchi. In epoca romana imperiale è invece tristemente famosa la figura di Agrippina, madre di Nerone, nota per le sue macchinazioni e la sete di potere, desiderosa di regnare in vece del figlio rendendolo un fantoccio nelle sue mani. Ma questo atteggiamento e questa sua bramosia vennero stroncati dallo stesso Nerone, che, come si sa, ne commissionò l'assassinio.
Ancora tanti altri esempi potrebbero essere fatti anche per epoche più recenti, ma non ci si soffermerà ad elencarli tutti. Ciò che vale la pena di sottolineare è proprio la valenza plurima e talora contraddittoria, del ruolo della donna che, per lo più succube della supremazia maschile in tutti i campi, era considerata alla stregua di un oggetto idonea solo ad esser moglie o a dare figli e, emergendo, talvolta con prepotenza e forza, nel bene e nel male.
Mamma Isabella e i suoi cuccioli tigre
Questa incredibile storia d'amore nel mondo animale arriva direttamente dagli USA, e precisamente da Caney,una cittadina del Kansas. Benché la vicenda che vi stiamo per raccontare sia accaduta qualche anno fa, (nel 2008) merita di essere raccontata sia per i suoi protagonisti, una cagnetta e dei cuccioli di tigre, che per il prezioso insegnamento che se ne può trarre...
Isabella, una coraggiosa cagnolina di razza golden retriever si è presa cura di 3 cuccioli tigre abbandonati dalla madre dopo il parto al Safari Zoological Park, uno zoo del Kansas... in pratica Isabella, con amore e pazienza, ha allattato e si è presa cura, come solo una madre farebbe, dei tre cuccioli di tigre bianca. L'idea è venuta a Tom Harvey, il proprietario del parco zoologico che ha assistito al parto, seguito dal repentino abbandono di mamma tigre, che non ne ha voluto sapere di prendersi cura dei cuccioli, i quali giravano per il parco, piangendo. E' a quel punto che Harvey ha pensato di farli adottare da Isabella, anche perchè Isabella aveva appena finito di svezzare i suoi cuccioli "canini"... "La tempistica non avrebbe potuto essere migliore", sostiene Tom Harvey, convinto che sebbene sia insolito per i cani prendersi cura di cuccioli di tigre, avrebbe potuto comunque succedere... e così è stato: Isabella lecca, pulisce e nutre i cuccioli come i suoi stessi cuccioli.
Pane azzimo
Il pane azzimo Il termine deriva dal greco “azymos” (privo di lievito) che in ebraico diventa “mazzah”.
È il pane della purezza, preparato unicamente con farina di frumento e acqua, senza lievito e sale, considerati ingredienti impuri che intaccherebbero l’integrità del cibo da offrire al Signore per il periodo delle feste pasquali. Nella Bibbia a ricordo di quanto fece il popolo d’Israele, sono indicate sia le quantità, sia le qualità degli ingredienti da usare nella preparazione del “mazzah”.
L’azzimo diventa il pane dei fuggitivi, il cibo della memoria, dalla lunga conservazione. Gli Ebrei nella loro fuga dall'Egitto nel deserto cuocevano questo pane sulle pietre arroventate
Questo alimento appartiene alla storia dei cibi poveri del mondo, ogni paese ha il suo pane non lievitato, e sembrerebbe che anche l’italianissima piadina derivi dal pane azzimo ebraico.
Ricetta
Ingredienti:
300 gr di farina 00
150 gr di farina integrale
250 ml d'acqua
olio extra vergine d'oliva
Preparazione:
Impastate le farine con acqua (dosatela lentamente potrebbe non servire tutta).
Una volta ottenuto un impasto liscio, morbido e omogeneo, spennellate d'olio e coprite con panno umido.
Lasciate riposare 1 ora.
Accendete il forno a 200 gradi, riprendete l'impasto ricavate 8 palline e stendetele sottili (alte 2 cm), punzecchiatele e spennellatele d'olio.
Infornate e dopo circa 10 minuti, giratele e cuocetele ancora per circa 10/12 minuti.
È il pane della purezza, preparato unicamente con farina di frumento e acqua, senza lievito e sale, considerati ingredienti impuri che intaccherebbero l’integrità del cibo da offrire al Signore per il periodo delle feste pasquali. Nella Bibbia a ricordo di quanto fece il popolo d’Israele, sono indicate sia le quantità, sia le qualità degli ingredienti da usare nella preparazione del “mazzah”.
L’azzimo diventa il pane dei fuggitivi, il cibo della memoria, dalla lunga conservazione. Gli Ebrei nella loro fuga dall'Egitto nel deserto cuocevano questo pane sulle pietre arroventate
Questo alimento appartiene alla storia dei cibi poveri del mondo, ogni paese ha il suo pane non lievitato, e sembrerebbe che anche l’italianissima piadina derivi dal pane azzimo ebraico.
Ricetta
Ingredienti:
300 gr di farina 00
150 gr di farina integrale
250 ml d'acqua
olio extra vergine d'oliva
Preparazione:
Impastate le farine con acqua (dosatela lentamente potrebbe non servire tutta).
Una volta ottenuto un impasto liscio, morbido e omogeneo, spennellate d'olio e coprite con panno umido.
Lasciate riposare 1 ora.
Accendete il forno a 200 gradi, riprendete l'impasto ricavate 8 palline e stendetele sottili (alte 2 cm), punzecchiatele e spennellatele d'olio.
Infornate e dopo circa 10 minuti, giratele e cuocetele ancora per circa 10/12 minuti.
Il museo del Louvre
Visitare i musei di Parigi significa immergersi nei luoghi d'arte più affascinanti del mondo. Il solo Louvre merita il viaggio e una giornata non sarà sufficente a vedere tutto.
Il Louvre è sicuramente uno dei maggiori musei del mondo per ricchezza e varietà di reperti: antichità greca, romana, egizia, orientale, per pittura, per scultura e arte decorativa medievale, rinascimentale e moderna.
Il Museo del Louvre di Parigi è uno dei più celebri musei del mondo ed il primo museo per numero di visitatori con oltre 8 milioni di persone che ogni anno visitano il museo; si trova sulla Rive droite, nel I° arrondissement, tra la Senna e Rue de Rivoli. Il palazzo che ospita il museo fu originariamente costruito durante la dinastia dei Capetingi, sotto il regno di Filippo II. Il Louvre ha una lunghissima storia, che risale a più di otto secoli fa, ospita straordinari capolavori di artisti di tutto il mondo e di tutti i tempi.
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Nel Museo sono comprese alcune tra le più famose opere d’arte del mondo, tra cui si ricorda la Gioconda, la Vergine delle Rocce di Leonardo da Vinci, Il giuramento degli Orazi di Jacques Louis David, La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix, la Venere di Milo e la Nike di Samotracia. La statua equestre di Luigi XIV rappresenta il punto di origine del cosiddetto Axe historique, anche se il palazzo non è allineato con l’asse stesso.
Il museo può contare su di un'esposizione permanente di oltre 35.000 opere suddivise in otto sezioni ed esibite negli oltre 60.000 m² a disposizione.
Il vanto del museo è la sua raccolta di 11.900 dipinti (6.000 in esposizione permanente e i rimanenti conservati in deposito), che rappresenta la seconda più grande collezione di arte pittorica del mondo dopo quella del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo in Russia.
Il cortile centrale del museo, allineato con gli Champs-Élysées, ospita la Piramide Louvre, che serve da entrata principale del museo stesso.
Si tratta di una piramide di vetro commissionata dall'ex presidente francese François Mitterrand, disegnata da Ieoh Ming Pei e il cui progetto è stato firmato e approvato dall'ingegnere Peter Rice: è stata inaugurata nel 1989.
Si è trattato della prima parte del progetto di rinnovamento chiamato Grand Louvre. Anche la Galleria Carre, dove era esposta la Gioconda, è stata restaurata.
La Piramide ricopre il mezzanino del museo ed è parte integrante della sua nuova entrata. La piramide è stata oggetto di feroci critiche ed è stata approvata perché compresa nel più ampio progetto di Pei.
Originariamente la piramide era l'unico accesso al museo, causando lunghe code per l'ingresso; in seguito vennero aperti ingressi secondari posteriormente, lateralmente e anteriormente, affinché le code fossero più scorrevoli.
L'enigma delle "Pietre dello Sciamano"
Un gruppo di archeologi dello Smithsonian Tropical Research Institute ha portato alla luce 12 insolite pietre risalenti a più di 4 mila anni, nella parte posteriore di in un'antica caverna preistorica nei pressi di Boquete, in Panama. Secondo i ricercatori, la collezione di pietre può essere considerata la prima prova reale dell'esistenza di rituali sciamanici in questa regione del Centro America. Le 12 pietre sono state trovate nel rifugio “Casita de Piedra”, nei pressi dell'istmo di Panama. Le rocce sono state trovate in una configurazione circolare molto ristretta, il che farebbe pensare che fossero custodite in una custodia in pelle che con il tempo si è consumata.
Grazie alla datazione al carbonio del materiale circostante, i reperti sarebbero da collocare in un periodo che va da i 4 mila ai 4,8 mila anni fa. “Se la nostra interpretazione è corretta, il ritrovamento costituisce la prova più antica della pratica sciamanica nel Centro America”, scrivono gli autori dell'articolo sul sito dell'Università di Exeter. Il riparo roccioso di epoca pre-colombiana fu scoperto nel 1970. Inizialmente, si pensava che il rifugio fosse stato utilizzato dalle popolazioni locali circa 6,5 mila anni fa. Ma, nel 2006, Ruth Dickau, ricercatrice dell'Università di Exeter, scoprì che la caverna era molto più antica.
Infatti, numerosi reperti tra cui i resti di un angolo per cucinare e un altro per la fabbricazione di utensili, ha permesso di collocare l'utilizzo del riparo a oltre 9 mila anni fa.
Durante gli scavi, fu scoperto anche il nascondiglio delle misteriose “Pietre dello Sciamano”. La collezione, che comprende quarzo traslucido, pirite, rocce magnetiche e gli strumenti a lama,è stata probabilmente utilizzata durante i rituali sciamanici. Alcune rocce contengono grani di magnetite. Inoltre, e questo è l'aspetto più interessante, i materiali che compongono le pietre non provengono dal rifugio, ma da una regione lontana del Panama chiamata Cordillera Central.
A quanto pare, lo stesso numero e qualità di pietre veniva utilizzata dagli sciamani di tutta la regione, facendo pensare all'utilizzo di un rituale standard condiviso da tutte le tribù.
Lo sciamano che utilizzò queste pietre probabilmente apparteneva ad una cultura indigena che viveva coltivando mais e raccogliendo manioca selvatica. D'altro canto, l'utilizzo delle rocce rimarrà, forse, un enigma: “Non scopriremo mai completamente in che modo le pietre venivano utilizzate”, ha scritto la Dickau.
Tuttavia, alcune pratiche sciamaniche moderne potrebbero dare alcuni indizi. Ancora oggi, gli sciamani della Costa Rica usano cantare e soffiare fumo di tabacco sulle pietre sacre per entrare in comunicazione con gli spiriti ultraterreni, oppure per diagnosticare malattie.
Il movimento delle pietre nelle mani dello sciamano vengono interpretate come risposte alle domande del fedele. Inoltre, nei miti e nelle storie indigene, i cristalli sono collegati a esperienze di trasformazione.
Torre de Belém – Il simbolo del Portogallo
Alla fine del XV secolo il porto di Lisbona aveva raggiunto un’importanza di primissimo piano e quindi si impose la necessità di proteggerlo dalle incursioni dei pirati. Il re Manuel I, proseguendo in parte un grande progetto messo a punto dal suo predecessore, nel 1513 diede incarico all’architetto Baytac di progettare il “Castello di San Vincenzo presso Betlemme”.
Per ragioni ignote il progetto venne invece studiato dall’architetto Francisco de Arruda, che apri il cantiere nel 1514. il castello che subito venne popolarmente chiamato la Torre di Betlemme (Belém), fu concluso nel 1519 ed il suo primo governatore, nominato nel 1521, fu Gaspar de Paiva. La Torre, con i suoi cannoni, resta in funzione fino al 1580, quando i soldati del duca d’Alba presero Lisbona, consegnano alla Spagna anche la Corona portoghese. Nel 1586 Filippo I (già Filippo II di Spagna) incaricò italiano Giovanni Licenzio Casale di rifare totalmente la costruzione, pensandola più grande.
Ma il progetto venne accantonato e da allora la Torre divenne prigione di Stato, come la Torre di Londra e Bastiglia.
Distrutta dai francesi nel 1807, la Torre, per volere di Maria II, venne ricostruita nel 1846.
Secondo il progetto originario.
Oltre a essere stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, questa torre-fortezza è divenuta il simbolo del Portogallo e rappresenta, allo stesso tempo, la natura e l’attitudine di un popolo di navigatori, una metafora dell’arrivo e dell’attesa, della brama per le nuove scoperte al di là dell’orizzonte.
La Torre di Belém è composta da due parti: un bastione esagonale alla base sul quale s’innalza una torre quadrata.
Dal mare, la struttura nel suo complesso appare come un’unica grande nave e, sebbene si tratti di una costruzione massiccia, eretta a scoppi difensivi, il risultato è comunque elegante e raffinato. La torre presenta infatti finestre a bifora di gusto arabo, alcune delle quali aggettanti, e una sezione superiore più stretta rispetto ai piani sottostanti, che slancia l’intera struttura. I merli sono simbolicamente rinforzati da scudi decorati da croci.
Sui quattro piani si trovano – raggiungibili mediante una scala a chiocciola – l’Armeria, la Sala del Re, con un balcone di gusto veneziano affacciato a sud, la cucina e la sala da pranzo, oltre naturalmente i locali riservati alla corte.
Sullo stesso piano d’entrata, dietro muri spessi 3,5 metri, il bastione ospita le casematte con ben 17 feritoie munite di cannoni.
La costruzione è protetta dallo sguardo benevolo della Madonna di Belém, che si trova sotto il baldacchino decorato al centro della terrazza.
Con il Bambin Gesù fra le braccia e un grappolo d’uva in mano
Alle forze dell'ordine sono stati fatti tagli drastici tanto che alcuni presidi hanno i mezzi inagibili perchè non hanno benzina
Mentre LORO si "consultano".
Per non perdere la poltroncina tanto redditizia.
In Italia chi lavora per mantenerli muore chi per rapina, chi per suicidio, chi di fame.
Un cartello "unisce" l'Italia:
"CHIUSO PER RAPINA".
«Cosa hanno fatto a Gino?», chiede la signora davanti al «Chiuso per rapina» che campeggia sulla vetrina della sua panetteria di fiducia.
«Gino» è il fornaio che la serve da 20 anni.
«Come sta Gino? Cosa gli hanno fatto?».
Il poliziotto la allontana dalla porta:
«Una rapina, gli hanno sparato».
Morirà in ospedale poco dopo.
Aveva 72, tutti lo chiamavano «nonno Gino».
E se ti difendi ti mettono in galera e buttano la chiave
La trasparenza è d'obbligo
Se tutto è veramente a posto non c'è nessun motivo per nascondere
M5S: Zaccagnini
Chiesto contratti buvette, ristorante e macchinette Camera
Ultimo aggiornamento: 24 marzo, ore 17:57
Roma, 24 mar. (Adnkronos)
"Ho fatto richiesta per la contrattualistica del bar, bouvette, mensa e macchinette nei corridoi.
Vediamo i prossimi giorni quanto ostruzionismo faranno per darci i dati e se ce li daranno potremo contestare eventuali sprechi.
Mi hanno assicurato che lunedi' dovrei averli, vediamo e insistiamo".
Adriano Zaccagnini, sul suo profilo Facebook, torna sulla questione del ristorante della Camera.
M5S: Zaccagnini
Chiesto contratti buvette, ristorante e macchinette Camera
Ultimo aggiornamento: 24 marzo, ore 17:57
Roma, 24 mar. (Adnkronos)
"Ho fatto richiesta per la contrattualistica del bar, bouvette, mensa e macchinette nei corridoi.
Vediamo i prossimi giorni quanto ostruzionismo faranno per darci i dati e se ce li daranno potremo contestare eventuali sprechi.
Mi hanno assicurato che lunedi' dovrei averli, vediamo e insistiamo".
Adriano Zaccagnini, sul suo profilo Facebook, torna sulla questione del ristorante della Camera.
Scritto da un’indiana della tribù degli oriah(1890)
Non mi interessa quanti anni hai, voglio sapere se ancora vuoi rischiare di sembrare stupido per l’amore, per i sogni, per l’avventura di essere vivo.
Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna, voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore, se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita, o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro. Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio o il tuo; se puoi ballare pazzamente e lasciare l’estasi riempirti fino alla punta delle dita senza prevenirti di cautela, di essere realisti, o di ricordarci le limitasioni degli esseri umani.
Non voglio sapere se la storia che mi stai raccontando sia vera. Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per essere autentico a te stesso, se puoi subire l’accusa di un tradimento e, non tradire la tua anima.
Voglio sapere se sei fedele e quindi hai fiducia.
Voglio sapere se sai vedere la bellezza anche quando non è bella tutti i giorni e se sei capace di far sorgere la tua vita con la tua sola presenza.
Voglio sapere se puoi vivere con il fracasso, tuo o mio e continuare a ridere all’argento di una luna piena.
Non mi interessa sapere dove abiti o quanti soldi hai, mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore, triste o spaccato in due, e fare quel che si deve fare per i bambini.
Non mi interessa chi sei, o come hai fatto per arrivare qui, voglio sapere se sapresti restare in mezzo al fuoco con me, o non retrocedere. Non voglio sapere cosa hai studiato, o con chi o dove, voglio sapere cosa ti sostiene dentro, quando tutto il resto non l’ha fatto. Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso, e se veramente ti piace la compagnia che hai nei momenti vuoti…
Olio anticellulite al pompelmo
Il pompelmo è un agrume originario della Cina, ricco di fibre, di vitamine A, B,e C, sali minerali come calcio, fosforo, potassio, magnesio, zolfo, sodio, cloro, ferro, rame e soprattutto flavonoidi.
Potenti antiossidanti che aiutano il fegato e prevengono l’insorgere di malattie cardiovascolari.
Tra i flavonoidi il più abbondante è la naringenina o naringina, la sostanza responsabile dell’amaro del succo di pompelmo (Citrus paradisi) con spiccata attività antitumorale.
Il pompelmo oltre ad essere un prezioso alleato nella cura di disturbi epatici, malattie cardiocircolatorie, digestioni difficili, infezioni polmonari, insufficienza renale, fragilità capillare è ottimo anche per la lotta alla cellulite.
Vediamo come sfruttare questa sua particolare attività, utilizzando le molte varietà di pompelmo in commercio, da quello classico di colore giallo a quello rosa ottenuto mediante ibridazione con un’arancia.
Olio anticellulite:
Per preparare l’olio anticellulite occorrono i seguenti ingredienti:
3 cucchiai di succo di pompelmo
8 cucchiai di olio d’oliva extravergine
20 gocce di limone.
Preparazione:
Versate l’olio in un barattolo a chiusura ermetica, aggiungete poi il succo di pompelmo e le gocce di limone.
Tappate e agitate il barattolo per favorire il mescolamento degli ingredienti.
Massaggiare la parte in modo circolare ma non pesante per circa una 10ina di minuti poi se potete sdraiatevi e rilassatevi metterete cosi in movimento i fluidi
Va fatto ogni giorno
Conservate l’olio in un luogo fresco e buio e utilizzatelo per massaggiare quotidianamente le zone interessate dalla cellulite.
E per chi vuole perdere peso, un efficace brucia grassi e l’insalata di pompelmo dietetica,
Olio di pompelmo può essere utilizzato non solo come cosmetico ma anche come insaporitore naturale di alimenti.
Bellezza dei capelli ricette fai da te
PER CAPELLI RICCI sono sempre difficili da domare: a rendere tutto più complicato ci si mette anche il tanto odiato effetto crespo che rende i vostri ricci una massa informe di capelli gonfissimi!
Per avere dei ricci definiti e lucenti la soluzione è nella dispensa
Ecco la ricetta di una maschera fai da te per capelli ricci.
Davvero miracolosa.
Una banana
Un cucchino di miele
Un cucchiaio di olio di oliva
Preparazione
Con una forchetta schiacciate bene la banana e mescolatela con gli altri ingredienti.
Oppure frullate il tutto
Applicate la maschera sui capelli puliti e umidi e lasciate agire almeno 15 minuti
Quindi sciacquateli e godetevi i vostri ricci perfetti!
PER CAPELLI CON DOPPIE PUNTE
Un bel rametto di rosmarino fresco
Un bicchiere di olio d'oliva
Una bella cucchiaiata di miele millefiori
Preparazione
Mettete sul fuoco in un padellino l'olio quando è caldo aggiungete i rametti di rosmarino tagliati grossolanamente e lasciateli qualche minuto per far rilasciare le essenze del rosmarino (non deve bruciare)
Scolarli in un passino a maglie strette
Aggiungere il miele che si scioglierà nell'olio tiepido
Mettete in una scodella il composto e passatelo sulle punte con un pennello Se avete anche la perdita di capelli meglio passarli anche alle radici
Lasciate riposare per 15/20 minuti e lavateli
Abusi sui bambini, la metà dei medici non denuncia Trecento casi l’anno a Milano
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Il procuratore spiega: «il 10% delle 1.400 denunce per maltrattamenti riguardava figli, spesso minorenni, e genitori.
Poi ci sono 199 violenze sessuali ai danni di minori»
Milano, 22 marzo 2013 -
Trecento casi a Milano ogni anno, di maltrattamenti, percosse, violenze sessuali, minacce o ingiurie contro i minori.
In media: nell’anno compreso tra luglio 2011 e giugno 2012 «il 10% delle 1400 denunce per maltrattamenti riguardava figli, spesso minorenni, e genitori.
Poi ci sono 199 violenze sessuali ai danni di minori», spiega il procuratore aggiunto Pietro Forno.
E sono solo i reati registrati dalle forze dell’ordine, «la punta dell’iceberg», osserva Federica Giannotta, responsabile dei diritti dei bambini della ong Terre des hommes che insieme allo Sbam, Sportello bambino adolescente maltrattato della Clinica Mangiagalli, ha condotto un’indagine tra i medici di base e i pediatri di Milano e hinterland.
Risultati: il 66% ha avuto almeno una volta il sospetto di visitare un bambino maltrattato, a quasi metà (il 48,5%) è capitato di non far seguire ai dubbi una segnalazione.
Il questionario è stato inviato a mille medici di famiglia e 170 pediatri, di base e ospedalieri, alla fine del 2012.
Meno di un quarto l’ha restituito e tra i compilatori di quelli validi, 259, più del 60% ha superato i 50 anni e i 20 di professione.
E 178 dichiarano di aver sospettato situazioni di maltrattamento, abuso o incuria, ma solo 95 hanno saputo indicare quante;
318 quelle così censite tra il 2009 e il 2011, più della metà (159) ai danni di bambini italiani, la maggioranza (137) bambine.
Anche tra i minori sono le femmine le più esposte, confermano Terre des Hommes (l’indagine fa parte della campagna «in/difesa», lanciata con la Giornata mondiale delle bambine), i dati nazionali (nel 2011 erano il 61% delle quasi cinquemila vittime di abusi, aumentati del 15% dal 2010) e quelli milanesi, col 79% di bimbe tra le vittime di violenza sessuale.
Confermano anche dalla Mangiagalli, che allo Sbam, che affianca lo storico Soccorso violenza sessuale e domestica, l’anno scorso ha gestito 28 casi di maltrattamenti (15 contro bambine e ragazzine) e 115 di abuso sessuale (7 ai danni di maschi, tutti sotto i 7 anni).
Ma perchè quasi metà dei medici resta col dubbio?
Il 55% dice di non aver avuto elementi di sospetto abbastanza forti, il 13,6% di aver temuto le conseguenze sulla famiglia e sul bambino, il 18,3% (quasi uno su cinque) ammette di non sapere a chi rivolgersi e come fare; e in effetti poco più del 5% possiede un modulo prestampato di supporto alla diagnosi. Sulla metà abbondante che si fa frenare dall’incertezza pesa poi la scarsa preparazione nel riconoscere gli abusi: il 75,6% dei medici intervistati non ha mai partecipato a un corso di formazione sul maltrattamento dei minori; quasi metà, negli ultimi tre anni, nemmeno a un congresso o a una conferenza, il 33,6% non ha letto neanche un articolo sul tema.
Eppure, l’89% sente la necessità di essere aggiornato.
Allora Terre des Hommes e lo Sbam fanno tre proposte, semplici: istituire almeno un momento di formazione all’anno, mettendo insieme la Asl, il Comune e l’Ordine dei medici; fornire - con l’aiuto della Regione - a tutti i medici ospedalieri e ai pediatri di base il famoso modulo standard per la segnalazione, e un vademecum per orientarsi.
giulia.bonezzi@ilgiorno.net
Poi ci sono 199 violenze sessuali ai danni di minori»
Milano, 22 marzo 2013 -
Trecento casi a Milano ogni anno, di maltrattamenti, percosse, violenze sessuali, minacce o ingiurie contro i minori.
In media: nell’anno compreso tra luglio 2011 e giugno 2012 «il 10% delle 1400 denunce per maltrattamenti riguardava figli, spesso minorenni, e genitori.
Poi ci sono 199 violenze sessuali ai danni di minori», spiega il procuratore aggiunto Pietro Forno.
E sono solo i reati registrati dalle forze dell’ordine, «la punta dell’iceberg», osserva Federica Giannotta, responsabile dei diritti dei bambini della ong Terre des hommes che insieme allo Sbam, Sportello bambino adolescente maltrattato della Clinica Mangiagalli, ha condotto un’indagine tra i medici di base e i pediatri di Milano e hinterland.
Risultati: il 66% ha avuto almeno una volta il sospetto di visitare un bambino maltrattato, a quasi metà (il 48,5%) è capitato di non far seguire ai dubbi una segnalazione.
Il questionario è stato inviato a mille medici di famiglia e 170 pediatri, di base e ospedalieri, alla fine del 2012.
Meno di un quarto l’ha restituito e tra i compilatori di quelli validi, 259, più del 60% ha superato i 50 anni e i 20 di professione.
E 178 dichiarano di aver sospettato situazioni di maltrattamento, abuso o incuria, ma solo 95 hanno saputo indicare quante;
318 quelle così censite tra il 2009 e il 2011, più della metà (159) ai danni di bambini italiani, la maggioranza (137) bambine.
Anche tra i minori sono le femmine le più esposte, confermano Terre des Hommes (l’indagine fa parte della campagna «in/difesa», lanciata con la Giornata mondiale delle bambine), i dati nazionali (nel 2011 erano il 61% delle quasi cinquemila vittime di abusi, aumentati del 15% dal 2010) e quelli milanesi, col 79% di bimbe tra le vittime di violenza sessuale.
Confermano anche dalla Mangiagalli, che allo Sbam, che affianca lo storico Soccorso violenza sessuale e domestica, l’anno scorso ha gestito 28 casi di maltrattamenti (15 contro bambine e ragazzine) e 115 di abuso sessuale (7 ai danni di maschi, tutti sotto i 7 anni).
Ma perchè quasi metà dei medici resta col dubbio?
Il 55% dice di non aver avuto elementi di sospetto abbastanza forti, il 13,6% di aver temuto le conseguenze sulla famiglia e sul bambino, il 18,3% (quasi uno su cinque) ammette di non sapere a chi rivolgersi e come fare; e in effetti poco più del 5% possiede un modulo prestampato di supporto alla diagnosi. Sulla metà abbondante che si fa frenare dall’incertezza pesa poi la scarsa preparazione nel riconoscere gli abusi: il 75,6% dei medici intervistati non ha mai partecipato a un corso di formazione sul maltrattamento dei minori; quasi metà, negli ultimi tre anni, nemmeno a un congresso o a una conferenza, il 33,6% non ha letto neanche un articolo sul tema.
Eppure, l’89% sente la necessità di essere aggiornato.
Allora Terre des Hommes e lo Sbam fanno tre proposte, semplici: istituire almeno un momento di formazione all’anno, mettendo insieme la Asl, il Comune e l’Ordine dei medici; fornire - con l’aiuto della Regione - a tutti i medici ospedalieri e ai pediatri di base il famoso modulo standard per la segnalazione, e un vademecum per orientarsi.
giulia.bonezzi@ilgiorno.net
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