Il badghir, conosciuto come torre del vento, è un elemento tradizionale dell’architettura iraniana ed è utilizzato per creare una ventilazione naturale negli edifici come cisterne, ghiacciaie, caravanserragli, moschee e abitazioni private.
Utilizzato per secoli nelle zone più aride e desertiche del Paese, ebbe un rapido sviluppo come modello architettonico dapprima nelle altre regioni e poi in tutto il Medio Oriente.
Pur non conoscendo l’esatta datazione del suo primo utilizzo, che si presume risalire al XI secolo, i più antichi badghir ancor oggi esistenti sono del XIV secolo.
La città di Yazd, situata al centro dell’Iran alle soglie del grande deserto del Kavir, è stata soprannominata la “città delle torri del vento” poiché attualmente ne possiede ben 180, moltissime delle quali ancora oggi in uso, che hanno permesso nel corso dei secoli di sfruttare i venti più freschi del Nord e di fermare i venti desertici insieme alla penetrazione di polvere e sabbia all’interno degli edifici.
Tecnicamente il badghir consiste in un canale con la sommità chiusa, sovrastante i tetti, che cattura il vento e lo fa circolare all’interno dell’edificio.
In assenza di vento, permette invece all’aria calda imprigionata di fuoriuscire.
La parte superiore del suo canale, costruito di solito in adobe, mattone crudo, legno o gesso, è composta da aperture verticali, mentre quella inferiore si apre nella stanza da ventilare.
Nei secoli gli iraniani hanno fatto evolvere la sua tecnica di costruzione e sviluppato l’estetica, aumentando il numero di aperture e aggiungendo decorazioni ornamentali in mattoni o in stucco.
Le torri possono così essere quadrate, rettangolari, esagonali (soprattutto quando venivano utilizzate per le cisterne d’acqua), ottagonali o circolari.
Un numero maggiore di aperture permette una maggiore resistenza alla pressione del vento, mentre una maggiore altezza permette di raccogliere maggiormente il vento.
Le forme con molteplici lati sono più adatte nelle regioni dove le correnti d’aria sono multi direzionali, in quanto facilitano la cattura del vento.
In questi casi i flussi, ascendente e discendente, vengono canalizzati separatamente e in modo simmetrico.
Spesso sono usate a coppie: una torre in faccia al vento e una dietro che funge da “camino”.
Anche la quantità d’aria viene regolata da schermi o da porte, ed in certi casi gli architetti posizionavano alla base del badghir un bacino d’acqua che a contatto con l’aria evaporava abbassando la temperatura dell’ambiente.
Inoltre, la ventilazione con un badghir veniva a volte realizzata in congiunzione con un canale sotterraneo, il famoso qanat, spesso per conservare il ghiaccio nelle apposite ghiacciaie o ventilare l’acqua condotta dai canali nelle cisterne ed evitarne la stagnazione.
La ventilazione naturale non richiedeva quindi alcun dispositivo meccanico ed era sufficiente una velocità del vento superiore a 2,5 metri al secondo per far sì che lo scarto di pressione tra il basso e l’alto permettesse all’aria calda di risalire verso la cima della torre e a quella fresca di scendere verso il basso.
Anche l’effetto camino, cioè la differenza termica tra l’interno e l’esterno dell’edificio aiutava a generare la circolazione d’aria.
Uno dei principi dell’architettura persiana è stato quello di privilegiare l’intimità alla bellezza esteriore degli edifici, poiché l’esposizione della ricchezza non è un tratto della cultura locale. Ciononostante, il badghir è un’eccezione a questa regola e il loro numero, la dimensione e la loro decorazione indicavano la ricchezza del proprietario della casa.
Nella città di Yazd l’altezza media delle torri del vento è di 5 metri e le più decorate sono state costruite nel XIX secolo per le dimore dei commercianti e dignitari della città.
Sempre a Yazd si trova il badghir più alto dell’Iran con un’altezza di 33,8 metri, situato nel giardino di Dowlat Abad e fatto costruire nel 1748 dal governatore della città.
Fonte: amitaba.net