lunedì 30 marzo 2015
Cristoforo Colombo riporta i fenomeni del "Triangolo delle Bermuda" sul suo diario
Ci sono posti nel mondo che sconcertano gli studiosi e gli scienziati da anni.
Chi ha visitato questi siti misteriosi racconta di strane energie, sparizioni inspiegabili e fenomeni soprannaturali.
Forse il più famoso, o famigerato, dei posti misteriosi del mondo è il Triangolo delle Bermuda.
Da decenni, questa striscia di oceano che si estende per quasi 1,3 milioni di chilometri quadrati tra Miami, Porto Rico e Bermuda, lascia perplessi scienziati, marinai esperti e perfino investigatori dell’esercito.
Si racconta di aerei che scompaiono misteriosamente, avvistamenti di strane luci, navi ritrovate completamente vuote con l’equipaggio svanito nel nulla e molte altre stranezze che convergono tutte in questo angolo di oceano Atlantico.
E’ un fenomeno complesso e ampiamente documentato.
Ma che cosa ha causato la sparizione di navi e aerei senza lasciare traccia?
Perché le strumentazioni hanno smesso di funzionare?
I documenti marittimi storici mostrano che i misteri del triangolo delle Bermuda sono molto più antichi di quanto si immagini.
Fin dagli inizi delle esplorazioni oceaniche, i marinai hanno riportato strani avvistamenti.
Si può dire che la consapevolezza del triangolo delle Bermuda sia iniziata con Cristoforo Colombo, il quale, essendo un navigatore esoterico ed un bravo marinaio, teneva un diario di bordo molto accurato delle sue traversate verso il mondo nuovo.
A quanto pare, appena Cristoforo Colombo entro nella zona di oceano conosciuta come il Triangolo delle Bermuda riportò problemi alla bussola.
La notte seguente vide una grande sfera di fuoco inabissarsi nell’oceano. Inoltre Colombo riporta l’apparizione di strane luci e di curiosi fenomeni metereologici.
Queste testimonianze storiche rendono evidente il fatto che quello del Triangolo delle Bermuda non è solo un mito moderno o una leggenda metropolitana nata alle soglie del ventunesimo secolo. Questi fenomeni sono antichi almeno quanto i primi navigatori che si avventurarono in quella zona.
Circa quattrocentocinquanta anni dopo Cristoforo Colombo, il 5 dicembre 1945, l’esercito degli Stati uniti visse direttamente il più sconcertante mistero del Triangolo delle Bermuda.
Alle due del pomeriggio, cinque bombardieri della marina statunitense decollarono da una base navale di Fort Lauderdale in Florida per una esercitazione di routine. Ma dopo appena due ore di volo, tutti e cinque gli aerei scomparvero all’improvviso.
Il mistero si infittì ulteriormente quando la marina inviò un aereo di soccorso e anch’esso scomparve.
Sei aerei guidati da piloti esperti risultarono svaniti nel nulla.
Tutti rimasero molto sconcertati.
Nonostante ci si trovasse nell’epoca moderna con i radar e le radio, fu impossibile localizzare gli aerei scomparsi.
La domanda è: dove sono andati a finire? Sembrerebbe che i velivoli siano scomparsi dal nostro spazio-tempo per essere trasportati in qualche altro luogo, in qualche altro tempo o qualche altra dimensione.
Questo è il grande mistero del triangolo della Bermuda.
Nel 1970, il pilota americano Bruce Gernon stava volando con suo padre ed un socio d’affari dalle Bahamas alla Florida. Gernon raccontò di aver visto una strana nube proprio davanti al suo aereo.
Più si avvicinavano, più la nube assumeva la forma di un vortice a spirale.
Questo il racconto di Gernon: “All’inizio il tunnel era enorme, ma poi cominciò a diventare rapidamente più piccolo.
Quando entrammo nel tunnel successe una cosa incredibile: si formarono delle linee. Era come guardare nella canna di un fucile, perché le linee si avvolgevano lentamente a spirale in senso antiorario.
Incontrammo un’intensa elettricità. Vedevamo dei flash che andavano e venivano, e intorno eravamo circondati da una strana nebbia giallo-grigia, che io chiamo ‘nebbia elettrica’.
Gli strumenti non funzionavano e allo stesso tempo provavamo una sensazione incredibile”
.
Gernon afferma che una volta usciti dalla nebbia chiamarono il controllo aereo di Miami, ma nessuno riuscì a trovare il loro aereo sullo schermo del radar.
“Circa tre minuti dopo, il controllore radar tornò alla radio tutto contento. Ci aveva individuato sopra Miami. Non riuscivamo a crederci perché eravamo in volo soltanto da trenta minuti, mentre avremmo dovuto metterci più di un’ora per giungere a destinazione”.
Si possono davvero verificare questi balzi di tempo e di spazio?
È possibile che gli extraterrestri usino questi passaggi per raggiungere la Terra?
Secondo la Teoria della Relatività di Einstein è possibile!
Secondo la teoria dello scienziato tedesco, è possibile curvare lo spazio utilizzando una spinta gravitazionale, fino a creare un passaggio nello spazio-tempo che permetta di percorrere grandi distanze in tempi minimi.
Dato che i tunnel gravitazionali, in teoria, si possono trovare in tutto l’universo, forse questi stessi passaggi si trovano in aree più piccole della terra.
Se è così, forse sono gli strani livelli elettromagnetici la chiave per scovarli.
È possibile che il Triangolo delle Bermuda sia esattamente un passaggio interdimensionale usato dagli alieni e che questo portale funzioni in entrambi le direzioni.
Questo spiegherebbe la sparizione degli aerei e delle navi, ma anche l’apparizione di oggetti UFO nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico.
Se, come affermano i teorici degli Antichi Astronauti, i visitatori extraterresti lo usano per venire sulla Terra fin dall’antichità, forse un giorno potremo anche noi usare questa scorciatoia per andare da loro, e se davvero esiste un portale interdimensionale nel mare aperto del Triangolo delle Bermuda, forse ce ne sono altri sulla terra ferma come la “Porta degli dei” in Perù .
Fonte: ilnavigatorecurioso.it
Pristimantis mutabilis, la rana mutante
Nelle profondità della foresta pluviale, in Ecuador, vive una rana piuttosto indecisa.
Durante una camminata notturna, nel 2009, la scienziata Katherine Krynak vide un piccolo anfibio, ben mimetizzato e coperto di spine. Ma quando lo riportò indietro con sé per studiarlo, sospettando si trattasse di una nuova specie, si trovò invece davanti una bestiolina liscia e viscida.
“Ero così arrabbiata con me stessa! Pensavo di aver preso la rana sbagliata”, spiega Krynak, che si trovava nella Reserva Las Gralarias per fare una ricerca sulle specie di anfibi che la abitano. Ma non aveva sbagliato rana.
Inserito un piccolo pezzo di muschio nel contenitore in cui si trovava il piccolo anfibio, per creare un ambiente più confortevole prima di rilasciarlo in libertà, ha visto le spine ricomparire lentamente.
“Sono rimasta scioccata. I vertebrati non fanno queste cose”, commenta la ricercatrice, che ha soprannominato la nuova specie rana “punk rocker”.
Ma ci sono voluti circa nove anni, per Krynak e i colleghi, in modo da raccogliere dati a sufficienza per provare che si trattava davvero di una nuova specie – e il primo vertebrato a noi noto in grado di cambiare pelle in questo modo.
Ora la rana ha finalmente un nome come si deve: Pristimantis mutabilis, ovvero rana mutante della pioggia, come annuncia lo studio pubblicato sullo Zoological Journal of the Linnean Society.
Krynak è una dottoranda della Case Western Reserve University di Cleveland che studia gli anfibi: dopo il primo avvistamento della rana punk rocker non ne ha trovate altre per ben tre anni, fino al 2009.
Il secondo animale in cui si è imbattuta era coperto di spine puntute, proprio come il primo.
Spine che sono scomparse quando la ricercatrice ha dato un’occhiata più da vicino.
Solo dopo averle viste comparire di nuovo Krynak ha capito che razza di scoperta avesse fatto.
A quel punto il team è riuscito a fare un po’ di foto alla rana mutante, immortalandola ogni dieci secondi per svariati minuti, guardando le spine formarsi e lentamente scomparire di nuovo. Ancora non sappiamo come la rana riesca a dotarsene tanto rapidamente, o di cosa siano fatte. Gli scienziati sospettano che questa pelle tanto mutevole serva per mimetizzarsi: le spine, ad esempio, permettono alla rana di confondersi tra il muschio.
Durante la ricerca Krynak e i colleghi hanno anche scoperto che una specie strettamente imparentata con P. mutabilis, la rana Pristimantis sobetes, è anche lei in grado di cambiare forma.
www.nationalgeographic.it
Sulle tracce del Thunderbird, il leggendario 'Uccello del tuono'
Il Thunderbird (uccello del tuono) sarebbe un gigantesco rapace dall'incredibile forza e, probabilmente, la creatura più elusiva e leggendaria tra quelle dei miti americani.
La leggenda dell'uccello di tuono è presente in tutto il Midwest americano, ed ha molte incarnazioni tra le tribù di nativi americani che abitavano e risiedono tuttora nella regione.
Secondo il Committee for Skeptical Inquiry (CSI) la nazione Sioux, in particolare la tribù Sioux Brule della riserva Rosebud a sud-ovest del Dakota del Sud, tramanda una leggenda sull'uccello del tuono conosciuta come ‘Wakinyan Tanka’ o ‘Il Grande Uccello del Tuono’.
Per questa tribù, l'uccello del tuono non è un gigantesco rapace leggendario, bensì un gruppo di esseri immateriali che abitarono le Black Hills.
Ricoperti di nubi, gli uomini uccello di tuono non hanno forma, ed i loro colori corrispondono ai quattro punti cardinali: l'uccello di tuono dell'ovest è nero, quello dell'est è giallo, quello del nord è rosso, e quello del sud bianco.
Giganteschi e con quattro ali, hanno enormi artigli al posto dei piedi, ed un grande becco con denti affilati e appuntiti al posto del viso.
A differenza di altri racconti su enormi volatili, gli uccelli di tuono rappresentano l'integrità, e sono visti come guide e rappresentanti di cambiamento.
Amano tutto ciò che è puro e pulito nel mondo.
Secondo il CSI, «Di tanto in tanto un uomo santo riesce ad intravedere nei propri sogni uno Waikinyan, ma sempre solamente una parte di esso. Nessuno è mai in grado di vedere l'uccello di tuono per intero, nemmeno in una visione, perciò l'aspetto che pensiamo abbia l'uccello di tuono è messo insieme da molti sogni e visioni», ha affermato nel 1969 l'uomo di medicina della tribù Brule John ‘Fire’ Lame Deer.
La tribù Yaqui narra una storia diversa nel racconto ‘Otam Kawi’. Nelle loro leggende, un enorme rapace abitava le colline di Otam Kawi, ed era solito volare periodicamente alla ricerca di cibo, portando via con sé uomini, donne e bambini.
Ciò divenne un problema di tale portata che la popolazione Yaqui aveva paura anche di organizzare feste e danze cerimoniali, nel timore che l'uccello potesse piombare giù e portare via con sé uno di loro.
Una storia moderna che sembra supportare le leggende Yaqui proviene da una piccola città dell'Illinois chiamata Lawndale.
Nel 1977 venne raccontata in uno speciale su Discovery Channel chiamato Into the Unknown.
Il 25 luglio 1977, intorno alle 20:30, tre ragazzi stavano giocando a nascondino nel giardino dietro casa, quando stando a quel che si dice due enormi rapaci piombarono su di loro, mancando di poco uno dei ragazzi, Travis Goodwin.
Testimoni dell'attacco furono Ruth e Jake Lowe, che risposero alle urla del figlio in tempo per assistere al volo del rapace.
Altri testimoni furono gli amici Betty e Jim Daniels, che erano intenti a ripulire il camper nel vialetto dei Lowe, e che risposero alle urla di aiuto.
Anche il terzo ragazzo, Michael Thompson, assistette allo scontro e schivò gli uccelli nella loro prima picchiata.
Secondo il libro Monsters of Illinois: Mysterious Creatures in the Prairie State l'incidente venne riferito alla polizia locale e al Dipartimento Tutela Ambientale dell'Illinois nella vicina Springfield.
All'epoca le autorità non presero seriamente il resoconto della signora Lowe. Tuttavia, a quanto pare l'Illinois nello specifico ha una storia passata ricca di enormi rapaci.
Quando gli esploratori Jacque Marquette e Louis Joliet attraversarono l'area nel 1673, annotarono nei loro diari un'immagine scolpita a circa 15 metri d'altezza su un dirupo calcareo nelle vicinanze del punto di confluenza dei fiumi Illinois e Mississippi. Tale uccello divenne noto come ‘Uccello Piasa’.
Secondo una leggenda della tribù Illini riportata sul sito internet del Dipartimento delle Risorse Naturali dell'Illinois, l'uccello Piasa era un uccello squamato con una forma che racchiudeva le sembianze di mammiferi, uccelli, rettili e pesci.
La leggenda narra che il rapace minacciasse costantemente la tribù Illini, fino a quando il suo capo Ouatoga uccise la bestia con frecce avvelenate.
Ciò si verificò ‘molte lune’ prima che gli uomini bianchi esplorassero l'area.
Il rilievo originale che Marquette e Joliet videro fu successivamente dipinto e spostato varie volte.
Una ricostruzione del dipinto originale si erge in quanto luogo storico ad Alton, Illinois, sulla Great River Road dove Marquette e Joliet videro l'originale per la prima volta.
Fonte: http://epochtimes.it
Lanciare un aereo di carta non è un gioco da ragazzi
Sembra un gioco da ragazzini, eppure lanciare un aereo di carta nasconde molta scienza. Tanto che fu "Scientific American" nel 1967 a organizzare la 1st International Paper Airplane Competition, la prima competizione internazionale di aerei di carta.
Gli anni sessanta sono stati probabilmente uno dei momenti più importanti nella storia dell'aviazione.
Ma se da una parte la realizzazione degli aerei supersonici (la costruzione anglo-francese del Concorde, quella russa del Tupolev Tu-144 e il progetto mai terminato del Boeing 2707), e naturalmente la corsa allo spazio, portarono a progressi in campo scientifico, dall'altra resero la scienza ancor più distante dalla gente comune. E fu proprio nel tentativo di ricucire questo rapporto che "Scientific American scelse di organizzare un evento in grado di riavvicinare il pubblico alla scienza: una gara per la quale non serviva una laurea scientifica, ma solo un foglio di carta e tanta fantasia, perché in fondo tutti almeno una volta hanno fatto un aeroplanino con un foglio di carta.
Negli ultimi 50 anni le gare di aerei di carta non sono mancate, ma è dal 2006 che, grazie a Red Bull, le competizioni sono tornate alla ribalta.
L'azienda austriaca, che da anni sponsorizza eventi legati al settore aeronautico (dal Red Bull Air Race fino all'impresa che è valsa a Felix Baumgartner il record del salto più alto in caduta libera), ha raccolto metaforicamente il testimone lasciato dalla rivista americana (anche il trofeo è simile a quello degli anni sessanta) e ha organizzato quest'anno la quarta edizione di Red Bull Paper Wings (le finali si disputeranno a Salisburgo l'8 e il 9 maggio), che vede impegnati migliaia di partecipanti in oltre 80 paesi.
Dalla prima edizione, voluta da "Scientific American", a quella attuale, targata Red Bull, le tre categorie di gara (volo più lungo, maggiore permanenza in aria e volo acrobatico) e lo spirito della competizione sono rimasti invariati, ma le prestazioni degli aerei di carta sono notevolmente migliorate, passando dai quasi 28 metri del vincitore della gara di volo più lungo del 1967, ai 50,37 metri del vincitore del 2012.
I motivi di tale incremento possono essere attribuiti in buona parte a una maggiore diffusione della conoscenza scientifica.
Infatti, sebbene la creatività sia la caratteristica dominante nella maggior parte dei modelli, a qualificarsi per le finali sono di solito quelli balistici, fatti a punta di freccia (dart), e quelli simili ad alianti (glider), più adatti a planare grazie alle loro larghe ali. Questi modelli sono progettati per sfruttare al meglio i principi base della fisica, in particolare le quattro forze agenti sui velivoli: peso, spinta, portanza e resistenza.
Nonostante le vere origini degli aerei di carta siano ancora discusse (in Cina, 2000 anni fa, con gli aquiloni, oppure con i modelli descritti da Leonardo da Vinci?), la paternità di quelli che conosciamo oggi viene di solito riconosciuta a George Cayley, ingegnere e pioniere dell'aeronautica, che agli inizi del XIX secolo identificò le forze aerodinamiche che agiscono sugli oggetti in volo e costruì il primo aliante controllato dall'uomo.
Fu proprio per testare il suo aliante che Cayley, un secolo prima dei fratelli Wright, costruì alcuni modelli di carta simili ai glider utilizzati ancora oggi, aggiudicandosi il titolo di padre degli aerei di carta.
Questo non implica che la vittoria sia solo alla portata di ingeneri o fisici, ma dimostra quanto la componente scientifica sia importante in gare del genere.
"Avere nozioni di aerodinamica e di meccanica del volo può essere un aiuto importante, quando si desidera raggiungere risultati di punta", conferma Lorenzo Trainelli, docente di Progetto di velivoli al Politecnico di Milano e giudice per le qualificazioni milanesi di Red Bull Paper Wings 2015. "Però non basta, in quanto è sempre necessario un processo di aggiustamento e ottimizzazione, sia del velivolo (anche di singoli dettagli), sia della tecnica di lancio".
Durante le qualificazioni di queste competizioni si vedono spesso aerei del tipo dart, con limitata capacità di generare portanza, che vengono lanciati con un angolatura di 45° e possono superare i 30 metri di distanza in base alla forza del lanciatore.
Il record attuale è invece detenuto da un aereo veleggiatore, che ha come caratteristica quella di planare a lungo. "Per ottenere questa planata servono delle ali più importanti di quelle dei balistici, e molto più estese delle punte di freccia che abbiamo visto in gara", sottolinea Trainelli riferendosi alla qualificazione svoltasi a Milano il 18 marzo.
In confronto a 50 anni fa oggi chiunque voglia fare un aereo di carta da gara ha un alleato in più: Internet.
È infatti possibile reperire in rete ogni tipo di informazione di carattere tecnico che spieghi come realizzare un aereo da competizione.
Ci sono poi moltissimi video tutorial che spiegano passo passo cosa fare (la stessa Red Bull consigliava ai meno pratici di prendere spunto dalle guide online), compresi quelli dei campioni degli ultimi anni, come quello di John Collins, che dal 2012 detiene il record di distanza percorsa da un aereo di carta, 69,14 metri.
Un record frutto della ricerca scientifica ma non solo, come ci ha spiegato Lorenzo Trainelli: "Gli attuali detentori del primato di distanza, sono il progettista John Collins e il lanciatore Joe Ayoob. Il primo ha lavorato quattro anni per migliorare il suo progetto dal punto di vista della forma, del materiale e della tecnica di lancio.
È stato il secondo che però ha reso possibile l'exploit, essendo un prestante ex-quarterback di una squadra di football americano di alto livello".
Anche se meno spettacolare delle altre, la gara di permanenza in volo mostra le capacità dei partecipanti di sfruttare l'aerodinamica (l'attuale record è di 27,6 secondi ed è stato realizzato con un glider).
"La chiave principale - sostiene Trainelli - sta nella capacità di sostentazione, anche e soprattutto a bassa velocità.
Lo insegnano gli alianti: per stare in volo a lungo bisogna avere un'elevata efficienza aerodinamica, e questa si ottiene con ali non troppo corte e di geometria adeguata".
Il discorso, quindi, sembra chiaro: per competere ad alti livelli bisogna prima di tutto scegliere a quale gara partecipare (visto che ogni gara richiede un tipo di aereo con caratteristiche diverse), poi costruire un modellino che sfrutti al massimo le forze aerodinamiche, e per ultimo trovare la migliore tecnica di lancio possibile.
Chiunque abbia lanciato o visto lanciare un aereo di carta, sa però che esiste un passo in più, una pratica, quantomeno bizzarra, utilizzata da molte persone pochi istanti prima di lanciare un aereo di carta: alitare sulla punta del modellino (l'ha fatto quasi la metà dei partecipanti alle qualificazioni di Roma e Milano per Red Bull Paper Wings 2015).
Un'abitudine questa che non ha nulla a che fare con l'aerodinamica, diventata di uso comune ma a cui nessuno sa dare una spiegazione, se non da un punto di vista scaramantico.
Come molti dei partecipanti infatti, anche Trainelli non sa dare un'origine a questa pratica, spiegando invece che un discorso diverso, dal punto di vista scientifico, sarebbe leccare la punta dell'aereo, che in questo modo diventerebbe più pesante sulla punta: un po' come si fa con i proiettili di carta delle cerbottane.
Fonte: lescienze.it
Iscriviti a:
Post (Atom)