La Baia di Halong, nel golfo di Tonchino, distante circa 164 km dalla capitale Hanoi, è una straordinaria bellezza naturale, considerata tra le più scenografiche e imponenti del Vietnam. La leggenda narra che mentre i vietnamiti combattevano contro i cinesi, gli dei mandarono dei dragoni ad aiutarli in battaglia… da qui il nome di “Ha Long” (“dove il drago scende in mare”). Si racconta anche che i dragoni iniziarono a sputare gioielli e perle che si trasformarono nelle isole e negli isolotti che punteggiano la baia, unendosi, poi, per formare una muraglia contro gli invasori.
La realtà, invece, vuole che questa baia sia costituita da 3000 isolette calcaree che sorgono da queste acque color verde cristallo, capaci di donare ad visitatore uno scenario unico al mondo. La Baia, che vanta 1553 km di acqua da cui emergono 1969 isolotti calcarei, battezzati con nomi creati dall’immaginazione dei marinai (gallo che combatte, tartaruga, testa di bufalo ecc.)è di grande interesse geologico, geomorfologico e biologico, tanto da essere stata designata Patrimonio Mondiale dall’Unesco nel 1994 e, dall’11 novembre 2011, una delle meraviglie naturali del mondo. Le sue acque sono popolate da pesci e molluschi e, nel suo ecosistema tropicale, le foreste pluviali sempreverdi regalano stupende mangrovie e rare specie botaniche floreali. La fauna è caratterizzata da scimmie, antilopi, scoiattoli volanti e iguane.
Lo hanno trovato come se fosse stato mummificato. Chiuso in una scatola con le braccia e gambe rannicchiate, quasi come se in quell’abbraccio volesse trovare conforto per l’incubo che stava vivendo. Così Gito, un cucciolo di orango di cinque mesi, è stato trovato dagli operatori dell’International Animal Rescue (Iar). «E’ uno dei casi più choccanti di crudeltà sugli animali e di abbandono che abbiamo mai visto - spiegano dall’associazione -, anche per quelli di noi che hanno già visto molte situazioni».
Rimasto orfano per mano di un bracconiere che aveva ucciso sua madre, il piccolo era tenuto come animale domestico dal capo di un villaggio nel Borneo dopo averlo acquistato per 30 dollari. Quando lo Iar lo ha trovato, era stato messo in una scatola di cartone e lasciato al sole per morire. Era stato nutrito solo latte condensato, e la scatola ricoperta della sua urina. «Era sdraiato come morto con le braccia incrociate sul petto, e questo, insieme a una mancanza di capelli e pelle grigia, lo faceva apparire quasi mummificato come se fosse in una bara» ha detto lo Iar che lo ha subito preso e portato in moto in un lungo viaggio, nove ore, verso la clinica.
Per fortuna Gito è sopravvissuto anche a questo. I veterinari che lo hanno visitato gli hanno riscontrato la scabbia e gli sono state subito applicate flebo. Un video mostra soprattutto i danni agli arti che il piccolo orango ha subito: appena gli operatori provavano a muovergli braccia o gambe, il piccolo emetteva versi di dolore, così come non era in grado di reggersi in piedi. La storia di Gito è tragicamente simile a quella di Budi, un giovane orango che è stato salvato all’inizio di quest’anno dalla vita in una gabbia di pollo. Quando è stato trovato, Budi era fortemente denutrito e i suoi arti erano storti e gonfi.
«Il nostro team ha visto un significativo aumento del numero dei cuccioli di orango tenuti come animali domestici - ha detto Alan Knight, amministratore delegato di Iar -. Questo è il risultato degli incendi boschivi che devastano l’Indonesia, lasciando gli oranghi selvatici senza cibo e riparo. Per evitare di essere bruciati vivi, scappano e spesso vengono uccisi o catturati». Purtroppo, il tragico mercato dei cuccioli di orango continuerà fino a quando il loro habitat continuerà a essere distrutto: gli oranghi hanno perso fino all’80 per cento della loro popolazione nel secolo scorso, con il tasso di mortalità che è aumentato notevolmente negli ultimi anni. Ma per ora Gito è al sicuro, e si spera possa ripercorre gli stessi passi di Budi che poco per volta sta tornando a essere un animale con una dignità e salute che merita.