Ci si interroga spesso, sulla fine di potenti e misteriose civiltà del passato: quella di Angkor, centro nevralgico dell'Impero Khmer, in Cambogia, sarebbe sfumata più per un graduale declino nell'occupazione del territorio, che per un improvviso collasso demografico.
Sulle cause dell'abbandono di Angkor, avvenuto definitivamente nel 1431 d.C., si è a lungo dibattuto: si è parlato dell'aggressività e delle mire espansionistiche del vicino regno di Ayutthaya (che comunque occupò per un periodo la capitale Khmer), ma anche del collasso di opere idrauliche, della perdita di controllo politico e di un'improvvisa implosione demografica.
A fare chiarezza ci pensa un nuovo studio pubblicato su PNAS che ha preso in analisi l'intensità dello sfruttamento di terra nella capitale Angkor Thom, la più grande e più recente tra le cittadelle fortificate del sito.
Alcuni ricercatori dell'Università di Sydney hanno esaminato carotaggi di sedimenti estratti dal fossato che circondava la città, che hanno permesso di ricostruire come veniva utilizzato il suolo nel passato.
L'erosione del terreno, la perturbazione delle foreste e i roghi diminuirono progressivamente a partire dai primi decenni del 14esimo secolo: oltre 100 anni prima dell'abbandono definitivo di Angkor, le attività commerciali e amministrative nel cuore nevralgico dell'impero erano già in diminuzione.
Alla fine del 14esimo secolo, il fossato era ormai ricoperto di paludi e vegetazione fluttuante: nessuno se ne stava più prendendo cura, e il centro del potere era ormai fuori dal centro della capitale.
La città simbolo del popolo Khmer non visse dunque un improvviso crollo demografico dovuto a un'aggressione o al cedimento repentino delle infrastrutture, ma piuttosto un graduale abbandono da parte della classe dirigente, che migrò altrove.
«Il nostro studio - spiegano gli autori - suggerisce che gli abitanti non lasciarono Angkor perché le infrastrutture cedettero.
Piuttosto le infrastrutture cedettero perché la classe dirigente urbana se ne era già andata».
E non c'era più nessuno che potesse mantenerle, o ripararle.
Fonte: focus.it
Colori sgargianti, vetrate fantasiose e ringhiere stravaganti in un susseguirsi di art nouveau, gotico e combinazioni oniriche che evocano la natura.
Casa Batlló, a Barcellona, è una delle opere più emblematiche di Antoni Gaudì e presto la sua facciata sarà “visitabile” grazie a una passeggiata a 30 metri di altezza.
Sottoposta a restauro completo dopo 18 anni, la novità che segnerà la “nuova” Casa Batlló sarà infatti la Skywalk, una passerella che percorrerà la parte esterna da un capo all’altro per poter osservare da vicino le decorazioni e il celebre tetto, raffigurante un drago in piastrelle colorare dedicato a San Giorgio, santo patrono della Catalogna.
Molto probabilmente si tratterà di una delle stesse impalcature coinvolte dai lavori di pulizia della facciata.
Secondo un processo che ricorda un po’ la Sagrada Familia, infatti, anche Casa Batlló è attualmente sottoposta a interventi di pulizia e conservazione (in programma fino a giugno).
A essere rivisti sono i rivestimenti del Piano Nobile, si stanno cioè recuperando lo stucco originale di pareti e tetti del piano principale della Casa, dove viveva la famiglia Batlló.
Contemporaneamente, sono iniziati i lavori di conservazione e manutenzione della facciata.
In questo modo, durante la visita, si assiste a un restauro unico al mondo e si può vedere come lavora il team di restauratori.
Il team di architettura specializzato nel restauro di edifici storici che ora è a lavoro ha scoperto il rivestimento originale nascosto sotto diversi strati di vernice che era formato da uno stucco di calce in diverse tonalità.
Su di esso, dopo i tre strati richiesti da uno stucco tradizionale, vennero effettuate incisioni per disegnare il craquelé caratteristico del piano nobile.
Successivamente, le incisioni vennero nuovamente riempite con una malta di calce e rifiniti con colori a cera.
In più, è venuta fuori la rifinitura del vecchio ufficio del Signor Battló, dove le giunture delle incisioni sono state riempite in pane d’oro e la distribuzione dei toni e ancora più completa e sorprendente.
“Per migliorare ancora la nostra conoscenza delle decorazioni originali abbiamo svolto un’ulteriore analisi che ha risolto un altro enigma – spiega l’architetto Xavier Villanueva – alcune immagini storiche mostravano un’armatura di legno che oggi non ci sono più. Al di sotto è stata scoperta l’esistenza di rifiniture in gesso e di note a matita che segnalavano e disegnavano l’ondulazione superiore dello zoccolo, fatte nella fase di costruzione dell’opera di Gaudí”.
Della spettacolare passerella Skywalk di Casa Batlló mancano ancora dettagli precisi, ma si potrà accedere acquistando il biglietto “gold priority” da 35 euro per visitare la casa.
Germana Carillo