venerdì 29 marzo 2013
Le erbe medicinali dei nostri nonni
Si sta avvicinando la stagione migliore dell’anno, per andar a cercare le erbe spontanee (da metà Marzo fino alla fine di Aprile).
Il contatto con la natura e la soddisfazione di cucinare qualcosa di buono, salutare e con gusti che appartengono alla tradizione passata, attraggono un numero
sempre maggiore di appassionati.
Il Taraxacum officinale è una delle piante erbacee selvatiche commestibile più note, facilmente reperibile nei prati e nei pascoli di tutto il nostro paese, nei luoghi incolti, lungo i bordi delle strade.
Le foglie hanno forma oblunga e presentano il margine seghettato o dentellato (da cui deriva appunto il nome di dente di leone). Si riconosce facilmente dai suoi fiori giallo intenso che lasciano presto il posto a globi soffici e piumosi chiamati soffioni.
Originariamente il tarassaco era diffuso in Europa, Asia centrale e settentrionale, Africa e America boreale.
Attualmente si trova in tutte le regioni temperate e fredde del pianeta; vegeta diffusamente e spontaneamente nei prati , nei campi, lungo le strade, nei cortili.
Il sapore di quest’erba è amaro, tonico, gradevole.
Si raccoglie in primavera prima che fiorisca, quando il primo sole tiepido comincia ad accarezzare i campi, ed è proprio allora che la sua azione depurativa è utile per il fegato quasi sempre un po’ intossicato dalla vita invernale.
Chi ha un sistema immunitario indebolito può trovare nel tarassaco un efficace alleato, grazie alla specifica sinergia tra l’acido caffeinico e taraxinico
Secondo una recente ricerca il tarassaco fresco possiede un’importante attività antivirale, efficace sia sulle comuni infezioni delle vie respiratorie sia sui processi infiammatori generali.
È, inoltre, una delle migliori fonti di pro vitamina A e anche di manganese, sostanza che agisce sulla capacità di eliminare le tossine, favorendo la diuresi.
Il consumo di tarassaco è dunque indicato alle persone gracili, intossicate.
Che si ammalano facilmente
Il tarassaco viene usato sia dalla cucina sia dalla farmacopea popolare.
La terapia a base di foglie o radici di tarassaco è chiamata "tarassaco terapia".
È una pianta di rilevante interesse in apicoltura, che fornisce alle api sia polline sia nettare.
Uso culinario Il tarassaco è usato per preparare un'apprezzata insalata primaverile depurativa, sia da solo che con altre verdure.
In Piemonte, dove viene chiamato "girasole", è tradizione consumarlo con uova sode durante le scampagnate di Pasquetta.
Anche i petali dei fiori possono contribuire a dare sapore e colore a insalate miste.
I boccioli sono apprezzabili se preparati sott'olio.
I fiori si possono preparare in pastella e quindi friggere.
Le tenere rosette basali si possono consumare con soddisfazione sia lessate e quindi condite con olio extravergine di oliva, sia saltate in padella con aglio (o ancor meglio con aglio orsino).
Il contatto con la natura e la soddisfazione di cucinare qualcosa di buono, salutare e con gusti che appartengono alla tradizione passata, attraggono un numero
sempre maggiore di appassionati.
Il Taraxacum officinale è una delle piante erbacee selvatiche commestibile più note, facilmente reperibile nei prati e nei pascoli di tutto il nostro paese, nei luoghi incolti, lungo i bordi delle strade.
Le foglie hanno forma oblunga e presentano il margine seghettato o dentellato (da cui deriva appunto il nome di dente di leone). Si riconosce facilmente dai suoi fiori giallo intenso che lasciano presto il posto a globi soffici e piumosi chiamati soffioni.
Originariamente il tarassaco era diffuso in Europa, Asia centrale e settentrionale, Africa e America boreale.
Attualmente si trova in tutte le regioni temperate e fredde del pianeta; vegeta diffusamente e spontaneamente nei prati , nei campi, lungo le strade, nei cortili.
Il sapore di quest’erba è amaro, tonico, gradevole.
Si raccoglie in primavera prima che fiorisca, quando il primo sole tiepido comincia ad accarezzare i campi, ed è proprio allora che la sua azione depurativa è utile per il fegato quasi sempre un po’ intossicato dalla vita invernale.
Chi ha un sistema immunitario indebolito può trovare nel tarassaco un efficace alleato, grazie alla specifica sinergia tra l’acido caffeinico e taraxinico
Secondo una recente ricerca il tarassaco fresco possiede un’importante attività antivirale, efficace sia sulle comuni infezioni delle vie respiratorie sia sui processi infiammatori generali.
È, inoltre, una delle migliori fonti di pro vitamina A e anche di manganese, sostanza che agisce sulla capacità di eliminare le tossine, favorendo la diuresi.
Il consumo di tarassaco è dunque indicato alle persone gracili, intossicate.
Che si ammalano facilmente
Il tarassaco viene usato sia dalla cucina sia dalla farmacopea popolare.
La terapia a base di foglie o radici di tarassaco è chiamata "tarassaco terapia".
È una pianta di rilevante interesse in apicoltura, che fornisce alle api sia polline sia nettare.
Uso culinario Il tarassaco è usato per preparare un'apprezzata insalata primaverile depurativa, sia da solo che con altre verdure.
In Piemonte, dove viene chiamato "girasole", è tradizione consumarlo con uova sode durante le scampagnate di Pasquetta.
Anche i petali dei fiori possono contribuire a dare sapore e colore a insalate miste.
I boccioli sono apprezzabili se preparati sott'olio.
I fiori si possono preparare in pastella e quindi friggere.
Le tenere rosette basali si possono consumare con soddisfazione sia lessate e quindi condite con olio extravergine di oliva, sia saltate in padella con aglio (o ancor meglio con aglio orsino).
Le percezioni umane
Caccia alla volpe: bloccata la strage a Siena dopo le proteste degli animalisti
La caccia alla volpe è stata annullata.
La Provincia di Siena ha deciso di rinviare il tutto, predisponendo una moratoria, sospendendo a data da destinarsi la delibera che è stata ampiamente contestata.
Non si è avuto un ritiro del provvedimento, per evitare un indebolimento giuridico dell’amministrazione. In ogni caso il risultato è soddisfacente, perché si è detto comunque stop al massacro.
Si può confermare la vittoria di chi si è battuto contro un atto sanguinario ce rischiava di incidere in maniera forte sugli equilibri della natura e che ha scandalizzato per la mancanza di sensibilità. Mauro Romanelli , il consigliere regionale che ha presentato un’interrogazione sulla questione, ha rivolto i propri ringraziamenti a chi s’è attivato.
Secondo il suo parere tutto ciò ha dimostrato che protestare serve a qualcosa e che i cittadini hanno sia il diritto che il dovere di far valere le ragioni che stanno loro a cuore. Il fermo della triste attività è stato reso possibile grazie al passaparola, che si è innescato anche a livello mediatico, toccando nel profondo le persone più sensibili.
La caccia alla volpe è un fenomeno balzato negli ultimi giorni all’attenzione dell’opinione pubblica, grazie alla denuncia delle associazioni animaliste, e ha provocato molte polemiche. Si tratta di una pratica che riceve un’autorizzazione specifica che sarebbe dovuta partire dal primo aprile, per essere messa in atto all’interno degli istituti faunistici della provincia di Siena.
Si tratterebbe teoricamente di un’attività di controllo, ma in realtà tutto si traduce in una vera e propria strage di animali indifesi. Fucili e cani: questi gli strumenti utilizzati, per perpetrare un massacro orribile. Lav, Oipa, Fiadaa, Enpa, Lega del cane e Leidaa si stanno battendo per fermare un disastro annunciato.
E non occorre essere animalisti convinti per inorridirsi di fronte a uno spettacolo assurdo. Una barbarie, insomma, di cui a fare le spese sono in particolare i cuccioli. Gli esemplari adulti, infatti, percependo il pericolo, riescono a scappare via e nelle tane lasciano i loro piccoli, troppo deboli per fuggire e alla fine sono proprio questi che vengono sbranati dai cani.
Ecco perché si può parlare di vero e proprio maltrattamento e non si è affatto lontano dagli esperimenti scientifici che prevedono i test dei prodotti cosmetici sugli animali. Come può la crudeltà umana arrivare a tanto? Lo sterminio barbaro di queste bestioline non è suffragato da nessuna giustificazione scientifica. Secondo molte associazioni ambientaliste sarebbero invece i cacciatori a volerle eliminare. Perché?
Le volpi si cibano di lepri e fagiani, prede venatorie ambite.
Secondo ciò che ha dichiarato Anna Maria Betti, assessore alla caccia della Provincia di Siena, le cose starebbero in un altro modo. Tutta la situazione sarebbe monitorata da uno specifico protocollo dell’Ispra, l’Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
In base a questi piani di controllo delle specie quest’anno ci sarebbero 500 volpi da abbattere, che sono pari a circa 200 in più rispetto all’anno scorso. L’assessore ha continuato affermando che la volpe, essendo un predatore, danneggia la fauna e proprio per questo si deve perseguire una logica di biodiversità, assicurando gli equilibri naturali.
C’è da chiedersi invece se lo sterminio possa servire veramente al raggiungimento di questo obiettivo.
Secondo le organizzazioni animaliste non è così. L’Enpa ha detto chiaramente che la “colpa” delle volpi è quella di essere un “competitor” delle doppiette. Sulla stessa lunghezza d’onda Andrea Cucini, responsabile della Lac di Siena. Anche il partito EcoAnimalista ha lanciato una petizione contro la caccia alla volpe in provincia di Siena.
Il WWF aveva chiesto che venisse annullata la carneficina e vorrebbe che il nuovo piano faunistico-venatorio, che si trova attualmente in fase di approvazione, venisse modificato proprio su questo argomento. In base a ciò che hanno detto i responsabili del WWF, il riequilibrio degli ecosistemi naturali è soltanto uno strumento usato indirettamente per favorire l’espandersi di popolazioni animali per l’interesse venatorio. Più decisa è stata la Lav, che promuove un’attività di mailbombing e che ha richiesto anche il sequestro preventivo degli animali, per impedire una pratica ritenuta fuori legge.
Secondo la normativa, infatti, ci sono metodi previsti, che si discostano da quelli usati, i quali a volte puntano anche a far morire i cuccioli di inedia. La Lega Antivivisezione aveva promesso di denunciare i colpevoli della strage.
E’ stata anche predisposta una lettera, dal titolo “Fermate la caccia alla volpe in tana: è crudele e sbagliata“. Fautore di questa iniziativa è stata la trasmissione che va in onda su Controradio in Toscana. Molti personaggi famosi hanno deciso di aderire. Hanno firmato, fra gli altri, Margherita Hack, Susanna Tamaro, Paola Maugeri, l’eurodeputato Andrea Zanoni, lo chef Simone Salvini. Il discorso è incentrato su motivazioni etiche e civili, ma anche su informazioni tecniche, ricavate dalla consulenza fornita dagli esperti. Viene specificato che l’Ispra aveva raccomandato di provvedere all’utilizzo di metodi non cruenti e che le operazioni si dovessero svolgere da agosto a gennaio, per non nuocere ai cuccioli e alle madri. Il periodo è completamente errato, perché ci troviamo nel momento in cui i cuccioli sono allattati. La volpe conduce una dieta molto flessibile e dà un contributo molto utile nel mantenere gli equilibri di invertebrati, topi, uccelli, anfibi e rettili. Riducendo il numero delle volpi, non si fa altro che sbilanciare la presenza di altre specie. Tra l’altro questi animali non costituiscono una popolazione invasiva nel territorio.
Mantova : Palazzo Ducale
Nel 1490 Isabella d’Este sposò Francesco II Gonzaga, signore di Mantova. Ben presto trasformò la corte in una fucina artistica, lasciando la propria impronta decisiva nella sistemazione del palazzo e nello sviluppo della cultura rinascimentale.
Il Palazzo Ducale di Mantova, sorto intorno al castello della dinastia, posto a ridosso di due dei tre laghi che circondano la città, crebbe nel corso dei secoli fino a diventare un complesso gigantesco di ben 34 000 metri quadrati di superficie.
Si tratta di una vera e propria “città in forma di palazzo”, come è stato detto, composta da molti edifici distinti per stile, struttura, caratteristiche ed epoca, con oltre 550 camere, piazze interne, giardini, porticati collegati da corridoi, passaggi e disimpegni di tutti i generi. Ed è anche, per così dire, un immenso, spettacolare contenitore artistico.
Nel 1328 Luigi Gonzaga riuscì a scalzare dal potere la famiglia Bonacolsi, fino a quel momento signora della città di Mantova.
Un anno dopo l’imperatore Ludovico IV il Bavaro lo nominò vicario imperiale nella città, dando così una veste legale alle ambizioni di dominio della dinastia.
Luigi usava, come sede del governo, il palazzo duecentesco in cui già avevano risieduto i Bonacolsi, comprendente il “palazzo del Capitano del Popolo” e la cosiddetta “Magna Domus”.
Quando Mantova, alla fine del Trecento, fu elevata a contea, i Gonzaga disposero nuovi lavori di ampliamento e aggiunsero agli edifici esistenti il “castello di San Giorgio”, preziosa costruzione fortificata realizzata da Bartolino da Novara.
Nel 1433 Gianfrancesco Gonzaga guadagnò per se e per i suoi eredi la dignità di marchese di Mantova.
Per onorare il nuovo titolo diede inizio ad altre opere di abbellimento del palazzo, iniziando la politica mecenatesca che sotto Francesco II e Isabella d’Este ne fece un centro di primo piano del Rinascimento.
Nel 1530 i Gonzaga diventarono duchi: e ancora una volata la loro residenza – da quel momento indicata con il nome di Palazzo Ducale – si riempì di architetti, artisti, letterati, motivo di vanto per la corte.
Nel 1627, quando l’ultimo duca morì, senza lasciare eredi maschi, il palazzo era ormai diventato una delle più grandi e complesse regge europee. Per la successione si scatenò una guerra europea: Mantova, rivendicata sia dai Asburgo che dai francesi, passò per un certo periodo al ramo francese dei Gonzaga – Nevers; poi, nel 1708, all’Austria, cui rimase, esclusa la parentesi napoleonica, fino all’Unità d’Italia.
Benché sia conosciuto come palazzo, il complesso mantovano è in realtà un intrico di palazzi, gallerie, scaloni, scalette, passaggi, corridoi. Comprende persino un grande castello, una quindicina di piazze, giardini, cortili interni e una grande chiesa. La realizzazione cominciò nel Duecento, con due edifici costruiti dai Bonacolsi, il palazzo del Capitano del Popolo e la Domus Magna, in cui si installarono nel 1328 i Gonzaga. Nel Trecento Francesco I fece innalzare il castello di San Giorgio, sulla riva del lago. Tra i palazzi e il castello sorsero poi, con massimo sviluppo nell’epoca rinascimentale, altre costruzioni. Il complesso forma due blocchi principali: uno meridionale, che si stende da piazza Bordello fino al giardino del Padiglione, e uno settentrionale che dal giardino del Padiglione si stende fino al castello di San Giorgio. A cerniera tra i due blocchi la basilica palatina di Santa Barbara. All’interno le varie sale sono raggruppate in appartamenti.
Gianfrancesco (1394 – 1444), primo marchese della famiglia Gonzaga, incaricò Antonio Pisano, detto Pisanello, di affrescare una sala del palazzo con il ciclo del leggendario re Artù; nutriva l’ambizione di passare alla storia grazie a quelle fulgide saghe medievali.
Mezzo secolo dopo la giovane marchesa Isabella d’Este promosse un ampio rinnovamento in senso rinascimentale del già vasto complesso. Le nuove forme, derivate dall’antichità classica,contribuivano a rompere con il pensiero medievale e a mettere nuovamente l’uomo al centro dell’attività artistica: un programma di cui Isabella era ben cosciente, come è facile desumere dalle sue lettere, che costituiscono uno specchio fedele delle concezioni dell’epoca.
L’immenso palazzo è ricco di realizzazioni sorprendenti e di curiosità. Una tra le più inconsuete è costituita dall’appartamento “dei Nani”, cioè dalle stanze in cui vivevano i nani della corte. Si tratta di una serie di ambienti adattati, nelle dimensioni e negli effetti scenici, alla statura dei occupanti. Contrariamente alla credenza comune, i nani non venivano affatto disprezzati o derisi: al contrario, godevano di notevole considerazione e di una non secondaria posizione sociale, e svolgevano i compiti di servitori di fiducia, ma anche di musicisti o artisti. E talvolta le loro minuscole camerette venivano utilizzate come sede sicura per gli incontri amorosi dei sovrani o dei cortigiani.
Il Palazzo Ducale di Mantova, sorto intorno al castello della dinastia, posto a ridosso di due dei tre laghi che circondano la città, crebbe nel corso dei secoli fino a diventare un complesso gigantesco di ben 34 000 metri quadrati di superficie.
Si tratta di una vera e propria “città in forma di palazzo”, come è stato detto, composta da molti edifici distinti per stile, struttura, caratteristiche ed epoca, con oltre 550 camere, piazze interne, giardini, porticati collegati da corridoi, passaggi e disimpegni di tutti i generi. Ed è anche, per così dire, un immenso, spettacolare contenitore artistico.
Nel 1328 Luigi Gonzaga riuscì a scalzare dal potere la famiglia Bonacolsi, fino a quel momento signora della città di Mantova.
Un anno dopo l’imperatore Ludovico IV il Bavaro lo nominò vicario imperiale nella città, dando così una veste legale alle ambizioni di dominio della dinastia.
Luigi usava, come sede del governo, il palazzo duecentesco in cui già avevano risieduto i Bonacolsi, comprendente il “palazzo del Capitano del Popolo” e la cosiddetta “Magna Domus”.
Quando Mantova, alla fine del Trecento, fu elevata a contea, i Gonzaga disposero nuovi lavori di ampliamento e aggiunsero agli edifici esistenti il “castello di San Giorgio”, preziosa costruzione fortificata realizzata da Bartolino da Novara.
Nel 1433 Gianfrancesco Gonzaga guadagnò per se e per i suoi eredi la dignità di marchese di Mantova.
Per onorare il nuovo titolo diede inizio ad altre opere di abbellimento del palazzo, iniziando la politica mecenatesca che sotto Francesco II e Isabella d’Este ne fece un centro di primo piano del Rinascimento.
Nel 1530 i Gonzaga diventarono duchi: e ancora una volata la loro residenza – da quel momento indicata con il nome di Palazzo Ducale – si riempì di architetti, artisti, letterati, motivo di vanto per la corte.
Nel 1627, quando l’ultimo duca morì, senza lasciare eredi maschi, il palazzo era ormai diventato una delle più grandi e complesse regge europee. Per la successione si scatenò una guerra europea: Mantova, rivendicata sia dai Asburgo che dai francesi, passò per un certo periodo al ramo francese dei Gonzaga – Nevers; poi, nel 1708, all’Austria, cui rimase, esclusa la parentesi napoleonica, fino all’Unità d’Italia.
Benché sia conosciuto come palazzo, il complesso mantovano è in realtà un intrico di palazzi, gallerie, scaloni, scalette, passaggi, corridoi. Comprende persino un grande castello, una quindicina di piazze, giardini, cortili interni e una grande chiesa. La realizzazione cominciò nel Duecento, con due edifici costruiti dai Bonacolsi, il palazzo del Capitano del Popolo e la Domus Magna, in cui si installarono nel 1328 i Gonzaga. Nel Trecento Francesco I fece innalzare il castello di San Giorgio, sulla riva del lago. Tra i palazzi e il castello sorsero poi, con massimo sviluppo nell’epoca rinascimentale, altre costruzioni. Il complesso forma due blocchi principali: uno meridionale, che si stende da piazza Bordello fino al giardino del Padiglione, e uno settentrionale che dal giardino del Padiglione si stende fino al castello di San Giorgio. A cerniera tra i due blocchi la basilica palatina di Santa Barbara. All’interno le varie sale sono raggruppate in appartamenti.
Gianfrancesco (1394 – 1444), primo marchese della famiglia Gonzaga, incaricò Antonio Pisano, detto Pisanello, di affrescare una sala del palazzo con il ciclo del leggendario re Artù; nutriva l’ambizione di passare alla storia grazie a quelle fulgide saghe medievali.
Mezzo secolo dopo la giovane marchesa Isabella d’Este promosse un ampio rinnovamento in senso rinascimentale del già vasto complesso. Le nuove forme, derivate dall’antichità classica,contribuivano a rompere con il pensiero medievale e a mettere nuovamente l’uomo al centro dell’attività artistica: un programma di cui Isabella era ben cosciente, come è facile desumere dalle sue lettere, che costituiscono uno specchio fedele delle concezioni dell’epoca.
L’immenso palazzo è ricco di realizzazioni sorprendenti e di curiosità. Una tra le più inconsuete è costituita dall’appartamento “dei Nani”, cioè dalle stanze in cui vivevano i nani della corte. Si tratta di una serie di ambienti adattati, nelle dimensioni e negli effetti scenici, alla statura dei occupanti. Contrariamente alla credenza comune, i nani non venivano affatto disprezzati o derisi: al contrario, godevano di notevole considerazione e di una non secondaria posizione sociale, e svolgevano i compiti di servitori di fiducia, ma anche di musicisti o artisti. E talvolta le loro minuscole camerette venivano utilizzate come sede sicura per gli incontri amorosi dei sovrani o dei cortigiani.
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Questa tecnica ci permette di fare mille esperimenti ; quando siamo diventati più padroni della materia possiamo unire vari materiali anche non prettamente per vetro e riuscire a creare bellissimi effetti riproducendo anche effetti antichi ......questi oggetti sono stati creati con l'unione di grisaglie evaporate a freddo con aggiunta di smalti per vetro e smalti per ceramica raku poi decorati a caldo con smalti per ceramica 3 fuoco a temperatura 950 gradi circa .
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Betta Splendens, il pesce combattente
Betta Splendens, conosciuto comunemente come pesce combattente o pesce siamese combattente, è un pesce d'acqua dolce appartenente alla famiglia Osphronemidae.
Il pesce combattente presenta un corpo cilindrico con evidenti pinne a forma di veli. In particolar modo il maschio ha una splendida livrea, con una varietà di colori che vanno dal rosso al blu, con riflessi verdi; inoltre tutto il corpo è attraversato da piccole striature longitudinali; possiede anche delle grandi pinne che vengono usate come armi nei combattimenti e per corteggiare le femmine.
L’azione dell’uomo ha selezionato gli individui con le pinne più sviluppate e variopinte così si è passati dalla forma un po’ meno vistosa in natura ad individui con eclettiche tonalità di colore, che possiamo osservare negli acquari.
Le femmine sono in genere più piccole dei maschi (questi raggiungono anche i 6,5 cm), e possiedono livree molto meno appariscenti e colorate e le pinne sono meno sviluppate.
La netta differenza tra maschi e femmine (nelle dimensioni, nei colori o nel possedere qualche altro evidente carattere distintivo) è definita dimorfismo sessuale.
Il nome di “combattente” deriva dalla ferocia con la quale i maschi si affrontano, sino a che uno dei due lascia il duello o muore. Diversamente le femmine si possono osservare raggruppate una accanto all’altra.
Originale è il metodo di riprodursi di questi pesci. Il maschio provvede prontamente a fecondare le uova che la femmina depone in prossimità di un “nido galleggiante”. Questo è creato dal compagno grazie a delle bolle d’aria, rivestite di saliva viscosa, che emette dalla bocca.
In ogni caso le uova vengono raccolte e trasportate nel nido dal maschio, dove queste si schiudono dopo circa 24-30 ore. E’ il maschio ad investire tutte le proprie energie nella cura della prole: veglia gelosamente il nido e nessuno, nemmeno la femmina, se male intenzionata, può avvicinarsi.
Il momento critico per i giovani pesci è la terza settimana, durante la quale si forma il “labirinto” che permette loro di respirare anche l’ossigeno contenuto nell’aria, e quindi di sopravvivere anche con poca acqua a disposizione.
E’ sicuramente una specie molto prolifica, anche se la mortalità tra i giovani è molto elevata. Sono carnivori e si nutrono di gamberetti, insetti, mosche.
In natura questo variopinto pesce lo possiamo ammirare nelle calme acque della Thailandia.
I maschi dei pesci combattenti sono così aggressivi che attaccano perfino la propria immagine riflessa in uno specchio.
In Thailandia essi vengono allevati per appositi combattimenti, sull’esito dei quali il pubblico può scommettere. La competizione comincia mettendo due pesci dalle caratteristiche simili in contenitori di vetro adiacenti. Quando essi cominciano ad attaccarsi, vengono tolti dai contenitori separati e messi in un’unica vasca più grande. Non appena gli animali si sono ripresi dal trauma del trasferimento, si dispongono fianco a fianco e cominciano a eseguire rapidi movimenti d’attacco. A causa delle piccole dimensioni dei denti, i morsi si concentrano sulle pinne.
A volte i combattimenti vengono interrotti, approfittando del momento in cui i pesci salgono in superficie per rifornirsi d’ossigeno. Sebbene i danni che gli animali subiscono durante i combattimenti siano spesso estesi, essi guariscono nell’arco di qualche settimana.
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Maacchhiisseenneeffrreeggaaaaaaa!!!! L'importante è la poltrona
Roma, 29-03-2013 Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano avvia oggi un altro giro di consultazioni per verificare lo sviluppo del quadro politico istituzionale che ha portato Pier Luigi Bersani a non concludere con un esito risolutivo per la formazione del governo.
Agenda Si comincia questa mattina alle 11 con il Pdl,
Alle 16 toccherà salire al Colle al Movimento 5 Stelle.
Alle 17 Lista Civica.
Alle 18,30 la delegazione del Pd.
Le tre partite restano più che mai aperte:
sono quella per Palazzo Chigi, quella per il Quirinale, quella interna al Pd. Legate intimamente una all'altra, condizionano le possibilità di successo del presidente della Repubblica, determinato a evitare il ritorno al voto in tempi rapidi
Il Governo del presidente il Capo dello Stato si propone "senza indugio" di esperire "iniziative per gli sviluppi possibili del quadro politico-istituzionale". In sostanza, valuterà in prima persona se ci sono ancora degli spiragli (soprattutto sul fronte del Pdl, determinatissimo a spuntare il nome del prossimo inquilino del Colle senza spazi di trattativa) che consentano al segretario del Pd di proseguire la sua corsa o se si dovranno cercare delle alternative come, per esempio, un governo del presidente con un programma definito e guidato da un tecnico di rango a cui affidare l'incarico in tempi strettissimi, forse già da domani sera, si ragiona in ambienti parlamentari. Tant'è che stanno già circolando i nomi di Saccomanni, Cancellieri e Giovannini, il presidente dell'Istat per questo ipotetico incarico.
Casella di partenza Il leader del Pd, dopo aver accettato "con la massima determinazione" il pre incarico, si ritrova dopo una settimana di consultazioni alla casella del via del gioco dell'oca.
A Napolitano spiega le ragioni dello stallo: "Difficoltà derivate da preclusioni e condizioni che non ho ritenuto accettabili", scandisce senza mai pronunciare la parola "rinuncia", della quale non v'e' traccia neppure nella nota del Quirinale, letta dal segretario generale Donato Marra.
La partita, dunque, resta aperta ed e' tutta nelle mani del Capo dello Stato. Bersani è ancora in campo, almeno finché Napolitano non avrà verificato che non ci siano ipotesi più forti e soluzioni più solide.
Non è difficile immaginare che il dialogo fra Napolitano e Bersani abbia per questo motivo sfiorato asperità inedite nel rapporto fra i due.
D'altra parte, ieri sera di fronte all'incredulità della stampa, il portavoce del Presidente, Pasquale Cascella, ha dovuto chiarire:
"No, l'incarico non è stato restituito, è ancora valido".
Formula irrituale che non modifica l'ipotesi molto accreditata che se non ci saranno novità sostanziali al termine degli incontri, o al più tardi sabato mattina, il Capo dello Stato affidi l'incarico a qualcun altro.
Tempi supplementari Il supplemento istruttorio avviato dal Quirinale viene incontro alle richieste di Bersani, ma ha le ore contate: lo stand by non può protrarsi all'infinito.
Né è ipotizzabile che il Quirinale, in assenza di novità di rilievo, mando Bersani in cerca di fortuna alle Camere, senza quei numeri certi al Senato cui ha fatto riferimento fin dal momento del conferimento del mandato al segretario Pd. La partita Pd "Bersani ha fatto mostra di un cinismo tipicamente comunista.
Ha perso un mese, messo a rischio i conti pubblici, e tutto al solo scopo di sfondare il muro di obiezioni del Capo dello Stato, farsi incaricare, andare in Parlamento e farsi bocciare e quindi gestire lui il ritorno alle urne come candidato premier.
Tutto questo, al solo scopo di sbarrare la strada a Matteo Renzi", accusa Osvaldo Napoli.
E' una lettura che arriva dal PdL e che naturalmente cerca di addossare a Bersani tutte le reponsabilità del fallimento.
Ma il problema dei rapporti di forza interni al Pd è ormai chiaro anche agli osservatori 'neutrali': differenti le visioni, differenti le strategie, differenti gli uomini.
Nell'ala bersaniana la presa di posizione del Colle viene letta come una non chiusura totale al tentativo del segretario e si spera in un 'secondo tempo' per Bersani.
Dall'altra parte, molti vedono nella scelta di Giorgio Napolitano di prendere personalmente la situazione il tentativo di verificare l'ipotesi di dare l'incarico a qualcun'altro.
Eventualita' che farebbe scoppiare le divisioni interne al partito.
Anche questo spiegherebbe il nervosismo di Bersani nei confronti del Colle.
Se un'ala del partito e'pronta ad andare al voto, non manca certo chi fa notare che il Pd, soprattutto dopo aver a piu' riprese sottolineato la necessità di dare un governo al Paese, non possa in quel caso esimersi dal favorirne una nascita.
Al momento, tutto tace.
Tace anche Matteo Renzi, piegato alla promessa di fedeltà e disciplina.
Ma ambienti vicini al sindaco di Firenze si dicono contrari a elezioni subito. Proprio come Napolitano.
Il che significa, alla fine, favorire la nascita di un governo sostenuto anche da Monti e Pdl, ipotesi alla quale Bersani continua a dirsi fortemente contrario.
Lo 'spettro' del governissimo agita le acque Pd.
Rosy Bindi avrebbe minacciato di rinunciare al suo incarico di presidente del partito se si dovessero avvallare 'inciuci'.
La partita del Quirinale I timori del Pd sono rivolti, inoltre, anche alla prossima partita del Colle.
La preoccupazione è quella che in caso di fallimento di Bersani si paghino care alcune scelte come quella di 'tenersi' entrambe le presidenze delle Camere senza darne una all'opposizione.
Decisione che a questo punto si può rivelare controproducente nella vicenda dell'elezione del nuovo capo dello Stato.
La partita del Quirinale è al momento, la più difficile ed incerta.
Quella più a cuore a tutti i partiti e proprio per questo la più ingombrante. Condiziona, ad esempio, anche l'autorevolezza di una soluzione provvisoria come quella del 'governo del presidente' per Palazzo Chigi.
L'eventuale premier, infatti, si troverà ben presto alle spalle un altro inquilino del Quirinale, diverso da Napolitano che potrebbe indicare, come accadde con Monti, quale figura può assumere il timone del governo.
Numeri e date La partita per il Quirinale prenderà il via in una data che sara' comunicata dai presidenti delle Camere il prossimo 15 aprile.
A riunirsi nell'aula di Montecitorio saranno i 630 deputati, i 319 senatori e i 58 rappresentanti scelti dalle regioni.
In totale 1007 "grandi elettori" che avranno la responsabilità di scegliere chi dovrà arbitrare il gioco politico per i prossimi sette anni dal colle più alto della capitale.
Una volta esaurite le prime tre votazioni, durante le quali la Costituzione prevede un quorum alto (due terzi del plenum), l'elezione del capo dello Stato potrà avvenire a maggioranza assoluta. Il numero magico e' 504: la meta' più uno dei grandi elettori.
Ebbene, la coalizione che ha vinto alla Camera ed è maggioranza relativa al Senato, si ferma poco sotto quella soglia.
Conti alla mano, il pallottoliere di Bersani e Vendola, anche considerando il pieno di tutti gli alleati, non supera quota 499.
Cinque voti in meno della fatidica soglia.
Il centrosinistra in Parlamento può contare su una base di 472 voti: ne fanno parte tutti i deputati e senatori del Pd, di Sel, nonche' quelli del centro di Tabacci, i socialisti di Nencini, gli altoatesini della Svp, i tre deputati del Maie eletti in America latina.
Nel calcolo rientra anche il senatore a vita Emilio Colombo, che ha presieduto la seduta inaugurale di Palazzo Madama (ma non l'ex capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, bloccato da problemi di salute).
A costoro vanno aggiunti i grandi elettori che arriveranno a Roma per rappresentare le Regioni nelle votazioni per il Colle.
Le Regioni si sono impegnate a procedere all'elezione entro il 15 aprile, in modo da evitare perdite di tempo.
Il Friuli Venezia Giulia, chiamato alle urne nella seconda meta' di aprile, si e' avvantaggiato e ha già eletto i suoi.
La Costituzione prevede che ogni consiglio regionale elegga tre delegati (tranne la Valle d'Aosta che ne elegge uno).
Due vanno alla maggioranza, e uno all'opposizione.
In totale si tratta di 58 voti "extra" che si aggiungono a quelli dei parlamentari nazionali.
Al centrosinistra ne andranno complessivamente 27, ai centristi dell'Udc 3, al centrodestra 26, ai grillini 2.
Fatte le somme, il centrosinistra si ferma a 499 grandi elettori. Cinque in meno di quelli necessari per eleggere il successore di Napolitano.
Con uno scarto cosi' ridotto, e con le votazioni che si svolgono a scrutinio segreto, ogni scenario diventa possibile: legittimo sperare nel centrosinistra nell'arrivo di voti in libertà dagli altri schieramenti, ma allo stesso modo può materializzarsi l'incubo dei franchi tiratori.
Anche per vincere la partita del Quirinale, insomma, il centrosinistra deve convincere qualcun altro.
In campo ci sono i 260 del centrodestra e i 165 dei grillini . Ma soprattutto i 71 voti dei montiani, che potrebbero essere il vero ago della bilancia.
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Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell’animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare.
Scopri l’amore,
e fallo conoscere al mondo.
M.Gandhi
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