Se dovesse capitarvi di raggiungere la meravigliosa Pantelleria, avrete modo di notare dei curiosi muretti in pietra lavica di forma prevalentemente circolare, alti fino a 3-4 metri, tutt’intorno a singoli alberi di agrumi.
Ebbene, questi muretti apparentemente solo decorativi, svolgono in realtà un’importante funzione: proteggono le piante dai forti venti tipici dell’isola, dalla salsedine e persino dalla siccità dato che trattengono all’interno l’umidità notturna, formando così un microclima ideale per la crescita degli alberi e dei loro deliziosi frutti, senza bisogno di ricorrere all’irrigazione artificiale.
I recinti sono i famosi giardini di agrumi panteschi, ovvero di Pantelleria, che nel dialetto locale prendono il nome di “jardinu”. Bisogna infatti sapere che la parola giardino nell’etimologia originaria significa recinto, e da qui deriva il nome dei giardini, che sono appunto recinti protettivi risalenti addirittura ai Sumeri del terzo millennio a.C., epoca a cui risalgono le prime testimonianze della loro presenza.
Ma al di là della funzione pratica si nasconde un aspetto simbolico perché questi giardini rappresentano il grembo materno, uno spazio sacro, chiuso, che protegge il proprio “bambino”.
D’altronde per crescere alberi pieni di frutti succosi, occorre coltivarli con lo stesso amore che una madre dona al proprio figliolo.
Gran parte di questi giardini “culla” hanno forma circolare ma ne esistono anche di rettangolari e pentagonali. E in tutto sull’isola se ne trovano circa 500.
Tra i più rappresentativi e meglio conservati si ricorda il giardino situato in Contrada Khamma, donato al FAI dalla cantina siciliana Donnafugata.
Realizzato in un anfiteatro naturale formato da terrazze coltivate a vigneti di Zibibbo, ha la forma classica del giardino pantesco, con piccola apertura per accedervi, pianta circolare, diametro di 11 metri, altezza fino ai 4 metri, struttura in pietra lavica a secco.
Il recinto protegge una pianta di arancio dolce “Portogallo”.
Laura De Rosa