martedì 22 settembre 2015
Giaca, il gigantesco frutto multiuso
Assomiglia al guscio di un armadillo e può pesare fino a 30 kg: è il giaca o jackfruit, il frutto da albero più grande del mondo.
Diffuso in tutto il Sud Est dell'Asia, è conosciuto per le sue proprietà nutritive (che qualcuno considera addirittura "miracolose") e per la sua versatilità, specialmente in cucina.
Oggi anche l'occidente sta riscoprendo questo frutto davvero speciale: sui banchi del mercato di Chinatown a New York è possibile acquistarlo - sia intero, sia a fette - a cinque dollari al chilo.
Purtroppo però rimane ancora difficile coltivarlo in aree con clima continentale o mediterraneo.
Il giaca custodisce all’interno della buccia numerosi frutti arancioni o gialli dalla polpa carnosa e calorica (95 kcal per 100 g) ricca di vitamina C.
I grossi semi contenuti nei singoli frutti sono un’ottima fonte di proteine, potassio, calcio e ferro.
Se mangiato fresco ha un sapore di ananas e mela, mentre quando il giaca viene fatto cuocere per oltre un’ora prende un gusto simile a quello della porchetta.
L’unica controindicazione di questo alimento è che deve essere consumato in breve tempo, poiché tende a marcire molto velocemente.
Non solo buono sulla tavola, ma anche fuori dalla cucina il jackfruit e il suo albero si prestano a numerosi altri utilizzi: dal frutto si ricava farina e una tintura (la stessa che utilizzavano i monaci buddisti per colorare le proprie vesti); dalle foglie cibo per animali; e dalla pianta legname e una sostanza appiccicosa usata come colla naturale.
Mentre in Bangladesh «ll jackfruit è il frutto nazionale e viene coltivato più o meno ovunque», come spiega la botanica Nyree Zerega del Chicago Botanic Garden, in India non viene quasi mai utilizzato, sebbene sia presente in natura in grandi quantità, poiché è considerato un alimento da poveri.
Tuttavia, le istituzioni locali stanno spingendo sempre più agricoltori da una parte a coltivare il frutto gigante per godere dei proventi delle esportazioni, dall’altra a incrementarne il consumo per risolvere i problemi di denutrizione di una cospicua parte della popolazione.
Fonte: focus.it
17 Amache a centinaia di metri d’altezza per ricordare le vittime della Prima Guerra Mondiale
Un secolo fa sul Monte Piana si combatterono aspre battaglie durante la Prima Guerra Mondiale.
18.000 soldati persero la vita fra queste cime dolomitiche, che sono state ricordate durante la scorsa settimana dall’Highline Meeting Monte Piana, un evento annuale che riunisce giovani proveniente da tutto il mondo con la passione per l’avventura e lo sport di highlining.
Dal primo meeting del 2012 l’Highline Meeting è diventato un appuntamento fisso per gli amanti del brivido, che hanno appeso le loro amache a centinaia di metri d’altezza e hanno imbracciato libri e strumenti musicali per divertirsi insieme.
L’incontro del 2015 è stato denso di significato a causa del centenario della Prima Guerra, e Ticketothemoon ha fornito le 17 amache di diverso colore a simboleggiare i colori dell’Arcobaleno della pace.
Alessandro d’Emilia e Armin Holzer sono i due fondatori e organizzatori dell’evento, e spiegano:
“Solo un centinaio di anni qui gli inverni sono stati caratterizzati da bombe, granate e molto dolore. La nostra idea era quella di rivivere il Monte Piana con sentimenti di amicizia e di pace, con eventi di aggregazione durante il giorno e un magico silenzio durante la notte“.
Fonte: vanillamagazine.it
L'anarchia del potere
Nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole. E ciò che il potere vuole è completamente arbitrario o dettato da sua necessità di carattere economico, che sfugge alle logiche razionali. Io detesto soprattutto il potere di oggi.
Ognuno odia il potere che subisce, quindi odio con particolare veemenza il potere di questi giorni è un potere che manipola i corpi in un modo orribile, che non ha niente da invidiare alla manipolazione fatta da Himmler o da Hitler.
Li manipola trasformandone la coscienza, cioè nel modo peggiore, istituendo dei nuovi valori che sono dei valori alienanti e falsi, i valori del consumo, che compiono quello che Marx chiama un genocidio delle culture viventi, reali, precedenti. Sono caduti dei valori, e sono stati sostituiti con altri valori.
Sono caduti dei modelli di comportamento e sono stati sostituiti da altri modelli di comportamento.
Questa sostituzione non è stata voluta dalla gente, dal basso, ma sono stati imposti dal nuovo potere consumistico, cioè la nostra industria italiana pluri-nazionale e anche quella nazionale degli industrialotti, voleva che gli italiani consumassero in un certo modo, un certo tipo di merce, e per consumarlo dovevano realizzare un nuovo modello umano.
Il regime è un regime democratico, però quella acculturazione, quella omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente ad ottenere, il potere di oggi, cioè il potere della civiltà dei consumi, invece riesce ad ottenere perfettamente, distruggendo le varie realtà particolari.
E questa cosa è avvenuta talmente rapidamente che noi non ce ne siamo resi conto.
E’ avvenuto tutto in questi ultimi anni. E stato una specie di incubo, in cui abbiamo visto attorno a noi l’Italia distruggersi e sparire. Adesso risvegliandoci, forse, da questo incubo, e guardandoci intorno, ci accorgiamo che non c’è più niente da fare.
Pier Paolo Pasolini
Spettacolare abbraccio tra i fiumi Rio delle Amazzoni e Rio Negro
Nero e blu. Un accostamento di colori che di solito viene associato a qualcosa di umano, all'inquinamento, allo sversamento di petrolio in mare. Ma questa volta è stata la Natura a usare queste tonalità dalla sua immensa tavolozza. Una lunga linea dove si incontrano il blu del Rio delle Amazzoni e il nero/marrone del RioNegro.
Uno spettacolo naturale che si può ammirare a circa 10 chilometri dalla città di Manaus nel nord del Brasile. Il fiume Rio Negro nero, che scorre attraverso la città, incontra la sabbia colorata del Rio delle Amazzoni, ma non si unisce subito a lei. Le due acque scorrono invece fianco a fianco per circa 6 km, un fenomeno noto come “incontro delle acque” o “Encontro das Águas” in portoghese.
Il Rio Negro è il più grande affluente del Rio delle Amazzoni e il più grande fiume del mondo caratterizzato dalle acque nere. Il nome "Rio Negro" significa infatti "fiume nero". Il colore deriva dalla presenza di materia vegetale in decomposizione, disciolta nelle acqua e trasportata dal Rio attraverso la foresta pluviale e le paludi.
A causa delle loro diverse componenti, entrambi i fiumi hanno acqua caratterizzata da diversa densità, velocità e temperatura. Per questo difficilmente si mescolano. Le più fredde, più dense e più veloci acque del Rio delle Amazzoni e le calde acque lente del Rio Negro formano un confine netto. Una battaglia che si conclude 6 chilometri a valle, quando i vortici turbolenti guidati dal Rio delle Amazzoni mescolano i due corsi d'acqua. Uno spettacolo che non si verifica solo a Manaus ma in altre zone dell'Amazzonia e in altre parti del pianeta, ma solo qui assume queste caratteristiche così evidenti.
Non a caso è una delle principali attrazioni turistiche di Manaus
Un buon padre che fa da mammo
Etichette alimentari con lo stabilimento di produzione: torna l'obbligo
L'indicazione del sito produttivo torna sulle etichette dei prodotti alimentari.
Il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato lo schema di disegno di legge di delegazione europea che all’art.4 contiene la delega per la reintroduzione nel nostro ordinamento dell’indicazione obbligatoria della sede dello stabilimento di produzione o confezionamento per i prodotti alimentari e per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento n.1169/2011 in materia di etichettatura.
L’obbligo di indicazione della sede dello stabilimento riguarderà gli alimenti prodotti in Italia e destinati al mercato italiano. “La scomparsa dell’obbligo di indicare in etichetta lo stabilimento di produzione era stata provocata – sottolinea la Coldiretti - dall’entrata in vigore il 13 dicembre 2014 delle norme europee sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori del Reg. UE 1169/2011.
Senza l’intervento normativo nazionale sarebbe impossibile riconoscere nel cibo in vendita l’origine dei prodotti agricoli impiegati ed anche il luogo di trasformazione e confezionamento, rendendo di fatto più facile - sottolinea l’associazione - spacciare come italiani prodotti stranieri”.
Secondo Coldiretti, il via libera da parte del Consiglio dei Ministri risponde alle aspettative dell’87% degli italiani che lo avevano chiesto con una consultazione pubblica ma è anche una misura a costo zero che sostiene l’occupazione e la competitività del made in Italy.
“Inizia – afferma il presidente dell’associazione Roberto Moncalvo - un percorso di trasparenza che abbiamo fortemente sostenuto con la nostra mobilitazione al Brennero per arrivare al più presto anche all’obbligo di indicare in etichetta la provenienza di tutti i prodotti agricoli ed alimentari che è peraltro la principale richiesta che viene dall’importante consultazione pubblica promossa dal ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina”.
di Redazione InformaSalus.it
Ponti e cavalcavia per gli animali selvatici
Ponti per animali, cavalcavia verdi, sovrappassi per la fauna selvatica. Qualsiasi sia il modo con cui si scelga di chiamarle, queste opere architettoniche, costruite sulle strade per consentire alla fauna selvatica di attraversare in modo sicuro verso il lato opposto, sono in grado di salvare la vita a centinaia, migliaia di animali.
Stiamo parlando di "attraversamenti animali", veri e propri ponti con una larghezza che va dai 10 ai 60 metri. Si tratta di fantastiche strutture solitamente rivestite di terra e vegetazione nella parte superiore, per fornire l'habitat adatto a una vasta gamma di specie, dagli ungulati ai grandi carnivori come orsi, linci, ghiottoni e lupi, mentre nella parte inferiore ospitano carreggiate per il transito dei veicoli.
Ad utilizzarli sono in molti: c'è chi li usa per raggiungere il cibo o l'acqua che si trovano sul lato opposto, chi per la migrazione stagionale. A volte vi si possono trovare addirittura stagni creati sia per gli anfibi che per aumentare l'attrattiva per la fauna e stimolare l'uso del cavalcavia.
Per esempio, come spiega The World Geographic, nel Banff National Park, in Canada, ci sono attualmente 41 strutture per l'attraversamento della fauna selvatica, di cui 6 cavalcavia e 35 sottopassaggi, che evitano agli animali di avere a che fare con la trafficatissima Trans-Canada Highway.
Da quando è iniziato il monitoriggio di questo parco, nel lontano 1996, i ricercatori hanno scoperto che ben 11 specie di grandi mammiferi, ra cui alci e orsi, hanno usato i ponti ben 200.000 volte. Nel Christmas Island National Park, in Australia, esiste addirittura un insolito cavalcavia per favorire l'attravermento dei granchi durante la loro migrazione.
È infatti in questo modo che è possibile arrivare a ridurre le collisioni tra auto e animali di una percentuale di ben l'80%. Almeno fin quando l'uomo avrà intenzione di continuare a mettere le strade nel bel mezzo del loro habitat.
"L'antropocentrismo è spesso in agguato anche quando meno sarebbe prevedibile –scrive la Lav nella sua Valutazione di impatto della costruzione del TAV sulla fauna locale- così nelle grandi opere si fanno spesso calcoli preventivi, valutazioni più o meno interessate sulle ricadute, positive o negative, ma molto raramente ci si ricorda che sul pianeta non abitano solo gli esseri umani e che i viventi appartengono anche alla fauna".
Chissà come la fauna selvatica del nostro stivale attraverserà l'italianissima linea ad alta velocità.
Scritto da Roberta Ragni
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