martedì 19 febbraio 2013
La fontana dell'organo a Villa d'Este
Posta superiormente alla Fontana di Nettuno, completandone la scenografia, la Fontana dell'Organo, o Organo Idraulico, deve il suo nome al prodigioso meccanismo ad acqua che appunto recava al suo interno, che faceva si che si udissero dei motivi d'organo. Costruita fra il 1568 e il 1611, è formata da un alto edificio di stile palesemente barocco, progettato da Pirro Ligorio, la cui facciata è ornata da una serie di decorazioni ispirate a motivi floreali, sirene, simboli araldici, vittorie alate e conchiglie marine: quattro colossali telamoni, opera di Pirrin del Gagliardo, sostengono lo pseudo-arco; al centro un abside nel quale, secondo il progetto originario, doveva trovare posto la Fontana della Natura, poi sistemata dove si trova attualmente; le due nicchie laterali più piccole, accolgono due statue, di Apollo e Diana. Una vasca ovale limitata da una balaustra a colonnine, contorna la struttura, dando l'impressione che l'edificio sia sorto dalle acque.
Fu il cardinale Alessandro d'Este a far aggiungere, successivamente, nella nicchia centrale, l'armoniosa edicola, o piccolo tempio, realizzato dal Bernini, per proteggere l'organo idraulico. Il congegno fu realizzato dal francese Claudio Vernard; il suo funzionamento si basava sulla caduta delle acque, tramite una condotta, in una cavità sotterranea a volta, dove provocavano, per compressione, un potente getto di aria che veniva forzato in una tubatura che fungeva così da mantice, e insufflava l'aria nelle canne dell'organo; un altro potente getto di acqua invece, azionava un ruotone o cilindro dentato fissato su un'armatura di ferro, i cui denti andavano ad urtare i tasti dell'organo, determinando delle bellissime melodie. Il siffatto meccanismo era motivo di grande meraviglia per gli ospiti della villa, tanto che si narra che durante la visita di Gregorio XIII del 1573, il pontefice rimase così stupefatto da quei suoni, che volle controllare di persona che nessuno stesse suonando. Più tentativi sono stati fatti per cercare di ripristinare il meccanismo, e solo l'ultima serie di lavori alla quale è stata sottoposta la fontana, hanno fatto si che la fontana dell'organo potesse risuonare nuovamente.
L''illusione in cui noi viviamo e che chiamiamo "realtà".
Gustavo Rol il più importante sensitivo del XX secolo
Era dello stesso avviso
I misteriosi Dolmen del Caucaso
Nella regione del Caucaso occidentale, Russia, non lontano dalle città di Tzelentzchik, Touapse, Novorossiysk e Sochi, esiste un area di 12 mila chilometri quadrati che si estende su entrambi i lati della montagna, sulla quale si trovano centinaia di monumenti megalitici detti “dolmen”. La maggior parte di essi presenta una struttura rettangolare composta di lastre di pietra, con dei buchi nella loro facciata principale.
Si tratta di un'architettura preistorica costruita con grande precisione. Alcune costruzioni, ad esempio, hanno una forma perfetta di 90° per essere usate come angoli, altre, invece, presentano una conformazione curvata per comporre un cerchio. Secondo gli archeologi, i dolmen del Caucaso risalirebbero ad un periodo arcaico collocabile tra i 4 mila e i 6 mila anni fa, ma alcuni ricercatori sono convinti che siano ancora più antichi, facendo risalire la loro costruzione tra i 10 mila e i 25 mila anni fa. Tuttavia, la loro origine rimane ancora un mistero.
Leptis Magna
La città romana di Leptis, in seguito chiamata Magna, sorse sul luogo di un precedente centro fenicio, in un punto propizio ai commerci, poiché di qui passavano alcune vie carovaniere che mettevano in comunicazione la costa con l’interno. L’insediamento originario, che era poi entrato nell’orbita cartaginese, si era concentrato vicino al mare, a occidente dell’Uadi Lebdah, un torrente presso la cui foce si sarebbe sviluppato il porto.
La città conobbe i primi impianti monumentali in senso romano alla fine del I secolo a. C., dopo che il territorio della Tripolitania era stato inglobato nella provincia dell’Africa proconsularis. In quest’epoca, infatti, alcuni facoltosi cittadini finanziarono la costruzione di importanti edifici, che denunciavano chiaramente la volontà di adeguamento ai modelli dell’Urbe, sebbene la cultura locale fosse romanizzata soltanto in superficie e la lingua d’uso fosse ancora il punico, come attestano iscrizioni ufficiali. Gli stessi nomi propri rivelano chiaramente le radici etniche di questi personaggi, come Annobal Tapapius Rufus, che fece costruire il “macellum” (il mercato cittadino) e il teatro, e Iddibal Caphada Aemilius, che edificò il “chalcidicum” (con tutta probabilità interpretabile come un altro impianto commerciale). Di questo secondo notabile ci è giunto il ritratto, un fondamentale documento non solo della scultura tripolina del periodo, ma anche del grado di assimilazione culturale raggiunta dal ceto dominante, il quale si faceva rappresentare secondo i canoni classici, pur rimanendo ben riconoscibile nei suoi tratti somatici di origine africana.
All’eta augustea si datano importanti interventi nell’aerea del vecchio foro, che assunse una fisionomia monumentale del tutto nuova. Sul lato settentrionale della piazza, luogo già riservato al culto delle due divinità protettrici della città, fu dedicato un tempio corinzio a Roma e Augusto, sul sito del precedente edificio in onore di Milk’ashtart. Accanto ad esso, l’altro edificio sacro preesistente, quello di Shadrapa, fu rimedicato al suo corrispettivo romano Liber Pater, cioè Bacco. Anche Milk’ashtart fu reinterpretato secondo il criterio romano e al suo culto fu allora associato il nuovo tempio di Ercole, sorto presso l’angolo nord-orientale della piazza, che assunse così una forma trapezoidale. Una basilica, dall’asse maggiore perpendicolare a quello dell’intero complesso forense, occupò poi interamente il lato opposto, secondo uno schema ben noto da numerosi esempi italici. A completare la sequenza degli edifici civili, a oriente della basilica si aggiunse infine la curia, sede dei magistrati cittadini, in forma di tempio esastilo su podio racchiuso da una cinta porticata. Nella tipologia planimetrica, come nelle soluzioni architettoniche impiegate, tutte queste nuove realizzazioni mostrano una stretta dipendenza da modelli della città di Roma, o comunque italici. Questo vale non soltanto per gli edifici a destinazione specificamente religiosa e civile, ma anche per impianti di natura diversa come il teatro, la cui cavea è coronata da un tempietto, dedicato a Ceres Augusta, che ricorda molto da vicino la soluzione adottata nel teatro di Pompeo, costruito a Roma nel 55 a.C. Per quanto riguarda il tessuto urbano un indizio importante di come esso possa essersi articolato nel tempo è dato proprio dalla posizione dei monumenti di nuova fondazione. Il “macellum”, infatti, mostra un’orientazione non perfettamente allineata con il reticolo viario circostante, mentre quella del teatro e dell’adiacente “chalcidicum” colima con gli isolati che da qui si estendono verso sud-ovest, che però sappiamo essere stati tracciati in forma definitiva soltanto qualche decennio dopo. Perciò questi interventi monumentali si collocarono, all’origine, in una zona cittadina il cui sviluppo era stato già deciso e pianificato, ma che non aveva ancora ricevuto una definitiva regolarizzazione negli isolati e nei tracciati stradali. Il “cardo maximus” della città, che passava a oriente di questi edifici, presenta infatti una sensibile deviazione in corrispondenza del punto in cui fu eretto un arco dedicato all’imperatore Tiberio. Nel corso del II secolo d. C., oltre all’erezione di altri archi, come il tetrapilo di Traiano, ancora lungo il “cardo”, e quelli di Antonino Pio e Marco Aurelio lungo il “decumanus maximus”, l’intervento monumentale di maggiore rilievo fu senza dubbio la costruzione delle grandi terme di Adriano, a poca distanza dall’Uadi Lebdah. Esse segnano una tappa importante anche nell’uso dei materiali architettonici, poiché, per la prima volta a Leptis, furono impiegati elementi in marmo, mentre, prima di allora, si era sempre fatto ricorso al calcare locale. L’orientazione del complesso è poi completamente divergente rispetto agli isolati vicini, certo per la forma dello spazio disponibile, ma forse anche per la volontà di disporre l’edificio lungo un asse più favorevole all’esposizione solare, come avveniva nei grandi impianti termali di Roma. L’imperatore Settimio Severo era nativo di Leptis. Non fa dunque meraviglia che la città abbia raggiunto il suo momento di massimo splendore in età Severiana, tra la fine del Ii e i primi decenni del III secolo d. C. In questo periodo fu costruito un nuovo, grande foro in una zona posta nelle vicinanze dell’Uadi Lebdah. Qui fu realizzata una piazza porticata, con un grandioso tempio dinastico su alto podio al centro di uno dei lati brevi. Dalla parte opposta fu invece costruita un’enorme basilica a tre navate. La decorazione architettonica dell’intero complesso era particolarmente curata: nella piazza una fila di medaglioni in marmo raffiguranti teste, perlopiù di Gorgonie, si disponeva tra le arcata dei portici, mentre il tempio era ornato con scene di Gigantomachia nei plinti delle colonne. Anche l’interno dell’edificio basilicale dispiegava un’elegante decorazione, soprattutto in corrispondenza delle absidi semicircolari che chiudevano i lati brevi della navata centrale. Esse erano inquadrate da pilastri lavorati a rilievo, con motivi vegetali e scene delle imprese di Ercole nel lato orientale e soggetti dionisiaci in quello occidentale. In questo modo le due divinità principali del centro cittadino ricevevano anche un omaggio, che tuttavia si connotava ulteriormente come un onore tributato alla dinastia regnante, poiché a Ercole e a Liber Pater la propaganda imperiale assimilava Caracalla e Geta. Queste associazione dei figli di Settimo Severo alle due figure divine è documentata anche altrove, senza che sia fatta eccezione per la stessa Roma. Anche il progetto del nuovo impianto forense fu condizionato dalla situazione urbanistica precedente: infatti la basilica non è esattamente perpendicolare all’asse maggiore della piazza, ma forma con quest’ultima un angolo ottuso, come del resto fa la piazza stessa in rapporto agli isolati adiacenti. Gli spazi che si erano venuti così a creare tra gli edifici divergenti furono colmati con file di botteghe dalla pianta via via decrescente, in modo da mascherare le diverse orientazioni con grande abilità. Secondo un’ipotesi avanzata qualche anno fa l’area forense doveva essere raddoppiata mediante un’altra piazza, che si sarebbe aperta dall’altra parte della basilica, ma il progetto non fu portato a compimento. Lungo l’asse costituito dal corso dell’Uadi Lebdah fu inoltre predisposta una grande strada colonnata, che partiva dal porto in direzione sud e, dopo aver costeggiato il foro Severiano, subiva una deviazione in corrispondenza delle terme di Adriano, dove si apriva in una piazza irregolare, ornata da un magnifico ninfeo. La ricchezza dell’epoca è attestata inoltre dalla decorazione delle abitazioni private, per quanto meno conosciute degli edifici pubblici. Mosaici come quelli rinvenuti nella cosiddetta casa di Orfeo e nella villa del Nilo testimoniano comunque in maniera efficace il lusso di certi impianti residenziali.
La città conobbe i primi impianti monumentali in senso romano alla fine del I secolo a. C., dopo che il territorio della Tripolitania era stato inglobato nella provincia dell’Africa proconsularis. In quest’epoca, infatti, alcuni facoltosi cittadini finanziarono la costruzione di importanti edifici, che denunciavano chiaramente la volontà di adeguamento ai modelli dell’Urbe, sebbene la cultura locale fosse romanizzata soltanto in superficie e la lingua d’uso fosse ancora il punico, come attestano iscrizioni ufficiali. Gli stessi nomi propri rivelano chiaramente le radici etniche di questi personaggi, come Annobal Tapapius Rufus, che fece costruire il “macellum” (il mercato cittadino) e il teatro, e Iddibal Caphada Aemilius, che edificò il “chalcidicum” (con tutta probabilità interpretabile come un altro impianto commerciale). Di questo secondo notabile ci è giunto il ritratto, un fondamentale documento non solo della scultura tripolina del periodo, ma anche del grado di assimilazione culturale raggiunta dal ceto dominante, il quale si faceva rappresentare secondo i canoni classici, pur rimanendo ben riconoscibile nei suoi tratti somatici di origine africana.
All’eta augustea si datano importanti interventi nell’aerea del vecchio foro, che assunse una fisionomia monumentale del tutto nuova. Sul lato settentrionale della piazza, luogo già riservato al culto delle due divinità protettrici della città, fu dedicato un tempio corinzio a Roma e Augusto, sul sito del precedente edificio in onore di Milk’ashtart. Accanto ad esso, l’altro edificio sacro preesistente, quello di Shadrapa, fu rimedicato al suo corrispettivo romano Liber Pater, cioè Bacco. Anche Milk’ashtart fu reinterpretato secondo il criterio romano e al suo culto fu allora associato il nuovo tempio di Ercole, sorto presso l’angolo nord-orientale della piazza, che assunse così una forma trapezoidale. Una basilica, dall’asse maggiore perpendicolare a quello dell’intero complesso forense, occupò poi interamente il lato opposto, secondo uno schema ben noto da numerosi esempi italici. A completare la sequenza degli edifici civili, a oriente della basilica si aggiunse infine la curia, sede dei magistrati cittadini, in forma di tempio esastilo su podio racchiuso da una cinta porticata. Nella tipologia planimetrica, come nelle soluzioni architettoniche impiegate, tutte queste nuove realizzazioni mostrano una stretta dipendenza da modelli della città di Roma, o comunque italici. Questo vale non soltanto per gli edifici a destinazione specificamente religiosa e civile, ma anche per impianti di natura diversa come il teatro, la cui cavea è coronata da un tempietto, dedicato a Ceres Augusta, che ricorda molto da vicino la soluzione adottata nel teatro di Pompeo, costruito a Roma nel 55 a.C. Per quanto riguarda il tessuto urbano un indizio importante di come esso possa essersi articolato nel tempo è dato proprio dalla posizione dei monumenti di nuova fondazione. Il “macellum”, infatti, mostra un’orientazione non perfettamente allineata con il reticolo viario circostante, mentre quella del teatro e dell’adiacente “chalcidicum” colima con gli isolati che da qui si estendono verso sud-ovest, che però sappiamo essere stati tracciati in forma definitiva soltanto qualche decennio dopo. Perciò questi interventi monumentali si collocarono, all’origine, in una zona cittadina il cui sviluppo era stato già deciso e pianificato, ma che non aveva ancora ricevuto una definitiva regolarizzazione negli isolati e nei tracciati stradali. Il “cardo maximus” della città, che passava a oriente di questi edifici, presenta infatti una sensibile deviazione in corrispondenza del punto in cui fu eretto un arco dedicato all’imperatore Tiberio. Nel corso del II secolo d. C., oltre all’erezione di altri archi, come il tetrapilo di Traiano, ancora lungo il “cardo”, e quelli di Antonino Pio e Marco Aurelio lungo il “decumanus maximus”, l’intervento monumentale di maggiore rilievo fu senza dubbio la costruzione delle grandi terme di Adriano, a poca distanza dall’Uadi Lebdah. Esse segnano una tappa importante anche nell’uso dei materiali architettonici, poiché, per la prima volta a Leptis, furono impiegati elementi in marmo, mentre, prima di allora, si era sempre fatto ricorso al calcare locale. L’orientazione del complesso è poi completamente divergente rispetto agli isolati vicini, certo per la forma dello spazio disponibile, ma forse anche per la volontà di disporre l’edificio lungo un asse più favorevole all’esposizione solare, come avveniva nei grandi impianti termali di Roma. L’imperatore Settimio Severo era nativo di Leptis. Non fa dunque meraviglia che la città abbia raggiunto il suo momento di massimo splendore in età Severiana, tra la fine del Ii e i primi decenni del III secolo d. C. In questo periodo fu costruito un nuovo, grande foro in una zona posta nelle vicinanze dell’Uadi Lebdah. Qui fu realizzata una piazza porticata, con un grandioso tempio dinastico su alto podio al centro di uno dei lati brevi. Dalla parte opposta fu invece costruita un’enorme basilica a tre navate. La decorazione architettonica dell’intero complesso era particolarmente curata: nella piazza una fila di medaglioni in marmo raffiguranti teste, perlopiù di Gorgonie, si disponeva tra le arcata dei portici, mentre il tempio era ornato con scene di Gigantomachia nei plinti delle colonne. Anche l’interno dell’edificio basilicale dispiegava un’elegante decorazione, soprattutto in corrispondenza delle absidi semicircolari che chiudevano i lati brevi della navata centrale. Esse erano inquadrate da pilastri lavorati a rilievo, con motivi vegetali e scene delle imprese di Ercole nel lato orientale e soggetti dionisiaci in quello occidentale. In questo modo le due divinità principali del centro cittadino ricevevano anche un omaggio, che tuttavia si connotava ulteriormente come un onore tributato alla dinastia regnante, poiché a Ercole e a Liber Pater la propaganda imperiale assimilava Caracalla e Geta. Queste associazione dei figli di Settimo Severo alle due figure divine è documentata anche altrove, senza che sia fatta eccezione per la stessa Roma. Anche il progetto del nuovo impianto forense fu condizionato dalla situazione urbanistica precedente: infatti la basilica non è esattamente perpendicolare all’asse maggiore della piazza, ma forma con quest’ultima un angolo ottuso, come del resto fa la piazza stessa in rapporto agli isolati adiacenti. Gli spazi che si erano venuti così a creare tra gli edifici divergenti furono colmati con file di botteghe dalla pianta via via decrescente, in modo da mascherare le diverse orientazioni con grande abilità. Secondo un’ipotesi avanzata qualche anno fa l’area forense doveva essere raddoppiata mediante un’altra piazza, che si sarebbe aperta dall’altra parte della basilica, ma il progetto non fu portato a compimento. Lungo l’asse costituito dal corso dell’Uadi Lebdah fu inoltre predisposta una grande strada colonnata, che partiva dal porto in direzione sud e, dopo aver costeggiato il foro Severiano, subiva una deviazione in corrispondenza delle terme di Adriano, dove si apriva in una piazza irregolare, ornata da un magnifico ninfeo. La ricchezza dell’epoca è attestata inoltre dalla decorazione delle abitazioni private, per quanto meno conosciute degli edifici pubblici. Mosaici come quelli rinvenuti nella cosiddetta casa di Orfeo e nella villa del Nilo testimoniano comunque in maniera efficace il lusso di certi impianti residenziali.
L'improntitudine de la dame n'a pas de limites
Dare della bestia a questo ...coso è fargli un complimento
Chiedo gentilmente di condividere la notizia Un grazie anticipato
Due pastori cecoslovacchi, Ares di due anni e Khira di 15 mesi, sono stati trovati crivellati di colpi e gettati in un fosso a Gavasseto, in provincia di Reggio Emilia, dopo che, da alcuni giorni, i proprietari li cercavano.
Valentina Barbieri, una studentessa di 22 anni, e il suo compagno, che vivono a Cacciola, non credono ai propri occhi.
Sull'uccisione dei due cani stanno indagando il Corpo forestale dello Stato e i carabinieri.
Il ritrovamento - scrive la Gazzetta di Reggio - è stato fatto giovedì pomeriggio da una veterinaria, Francesca Grossi.
Dopo aver fatto un esame sulle carcasse, sono stati prelevati alcuni pallini, molto simili a quelli usati per le armi dei cacciatori.
Un cane della stessa razza che vive nella zona sarebbe stato ferito una settimana fa da pallini più o meno dello stesso tipo.
Ares e Khira erano scomparsi da casa martedì sera.
Un allontanamento inaspettato, ma volontario, pensava la ragazza, che si è subito allarmata, non vedendoli ritornare dopo poco come al solito.
La preoccupazione cresceva e giovedì mattina la ragazza ha diffuso, tramite l'associazione Clc rescue (Cane lupo cecoslovacco adozioni), un annuncio di ricerca su Facebook.
Un lungo post con tanto di foto dei due bellissimi cani, letto e condiviso da molti amanti degli animali.
Ma anche la notizia del ritrovamento ha fatto il giro fra tutti quelli che erano stati coinvolti nelle ricerche.
Mentre la vicenda è ancora avvolta dal mistero.
Dai pallini si può risalire al tipo di arma
e dalla registrazione al proprietario
e poi si spera nella giustizia
Ma siamo in Italia
Due pastori cecoslovacchi, Ares di due anni e Khira di 15 mesi, sono stati trovati crivellati di colpi e gettati in un fosso a Gavasseto, in provincia di Reggio Emilia, dopo che, da alcuni giorni, i proprietari li cercavano.
Valentina Barbieri, una studentessa di 22 anni, e il suo compagno, che vivono a Cacciola, non credono ai propri occhi.
Sull'uccisione dei due cani stanno indagando il Corpo forestale dello Stato e i carabinieri.
Il ritrovamento - scrive la Gazzetta di Reggio - è stato fatto giovedì pomeriggio da una veterinaria, Francesca Grossi.
Dopo aver fatto un esame sulle carcasse, sono stati prelevati alcuni pallini, molto simili a quelli usati per le armi dei cacciatori.
Un cane della stessa razza che vive nella zona sarebbe stato ferito una settimana fa da pallini più o meno dello stesso tipo.
Ares e Khira erano scomparsi da casa martedì sera.
Un allontanamento inaspettato, ma volontario, pensava la ragazza, che si è subito allarmata, non vedendoli ritornare dopo poco come al solito.
La preoccupazione cresceva e giovedì mattina la ragazza ha diffuso, tramite l'associazione Clc rescue (Cane lupo cecoslovacco adozioni), un annuncio di ricerca su Facebook.
Un lungo post con tanto di foto dei due bellissimi cani, letto e condiviso da molti amanti degli animali.
Ma anche la notizia del ritrovamento ha fatto il giro fra tutti quelli che erano stati coinvolti nelle ricerche.
Mentre la vicenda è ancora avvolta dal mistero.
Dai pallini si può risalire al tipo di arma
e dalla registrazione al proprietario
e poi si spera nella giustizia
Ma siamo in Italia
Questo individuo dovrebbe avere almeno la decenza di scomparire
Lei schettino dovrebbe intraprendere una sola carriera ...quella di galeotto a vita.
Se in Italia non ci fosse una giustizia da baraccone!
INVECE??? ......rilascia interviste (pagate)manda curriculum,fa gite in barca ecc ecc
Lei è VIVOOOOO!!!!
Le viene in mente qualche volta...
che 32 persone sono morte?
che due sono ancora in fondo al mare compresa una bimba di 5 anni?
NUMANA, 18 FEBBRAIO 2013
La notizia è di quelle choc, da prendere con le molle un po’ tra il serio e il faceto, sempre con l’auspicio che si tratti di una boutade.
L’ex comandante della Costa Concordia Francesco Schettino, l’uomo del naufragio della nave da crociera che il 13 gennaio 2012 davanti alle coste di Isola del Giglio affondò provocando 30 morti e 2 dispersi, l’ufficiale indagato per omicidio plurimo colposo, naufragio, abbandono di persone incapaci di provvedere a se stesse, abbandono di nave e omessa comunicazione dell’incidente alle autorità marittime, potrebbe diventare il testimonial della riviera del Conero.
Confermata dal suo avvocato difensore Francesco Pepe la notizia che l’ufficiale – ora costretto all’obbligo di dimora a Meta di Sorrento, nel Napoletano, in attesa della conclusione del processo per il naufragio della Concordia – ha chiesto al giudice un permesso per presentarsi a un colloquio di lavoro a Numana.
L’indiscrezione riportata dal sito del quotidiano ‘ll Resto del Carlino’ Ancona parla di una possibile campagna pubblicitaria di rilancio del turismo della riviera del Conero in cui Schettino sarebbe il testimonial.
Malumori, stupore, indignazione. L’ex comandante della Costa Concordia, licenziato dalla Compagnia di Navigazione dopo il naufragio e la relativa inchiesta giudiziaria, ha rilasciato un’intervista fiume al Nautilus International Telegraph in cui ammette di essere alla ricerca di un lavoro, di non disporre di fonti di sostentamento e di voler ricominciare a navigare.
“Il mare è la mia vita”, dice Schettino, proponendosi anche di insegnare pur di tornare a lavorare.
Dopo l’intervista, la notizia secondo cui “Numana vuole Schettino per rilanciare il Conero”. Secondo quanto riportato dal quotidiano, “l’ex comandante sarebbe stato ufficialmente contattato per venire a febbraio a Numana per portare la sua testimonianza in fatto di viaggi e turismo”.
Nessun riferimento diretto su chi abbia lanciato l’invito, si fa riferimento solo a una “categoria economica emergente della zona”.
Indiscrezioni additano la responsabilità dell’invito a un’associazione di commercianti di Numana, tra i quali c’è anche un amico di Schettino, Andrea Andreucci, che è proprio il presidente dell’associazione.
Intervistato, Andreucci avrebbe bissato la domanda sul binomio Schettino-Numana.
Decisa invece la presa di posizione del sindaco Marzio Carletti. “Siamo contrari a qualsiasi accostamento con l’ex comandante”.
A prendere le distanze dalla possibile venuta di Schettino a Numana per rilanciare la perla del Conero agli occhi del mondo è anche il Goveranatore della Regione Gian Mario Spacca.
di TALITA FREZZI
Numana (Ancona), 19 febbraio 2013 -
C’ERA da aspettarselo.
E’ stato talmente tanto il frastuono attorno alla vicenda «Schettino a Numana», che alla fine l’ex comandante della Costa Concordia, dice di aver deciso di rinunciare.
Social network, media nazionali e internazionali: tutti col mirino nuovamente puntato sul bersaglio numero uno dell’opinione pubblica.
Proprio lui, quello sbeffeggiato dopo la famosa telefonata con il comandante della Capitaneria di porto di Livorno (torni a bordo, c...!), chiamato da un albergatore di Numana, quindi uno sconosciuto agli occhi dell’Italia intera, a ricoprire un incarico sulla Riviera del Conero.
Una trovata pubblicitaria? Una voglia di rivalsa del presidente dell’associazione commercianti nei confronti di un Comune, quello di Numana nell’occhio del ciclone per una gestione controversa del turismo (vedi il caso multe ai varchi)? Tutto può essere.
La verità probabilmente non la conosceremo mai. Una cosa è certa.
Andrea Andreucci, contitolare del Numana Blu, Schettino l’ha chiamato, eccome.
Lo conferma lo stesso ex comandante della Costa Concordia.
Lo conferma anche l’avvocato di Schettino, Francesco Pepe.
«Tempo fa mi ha cercato un conoscente di Numana, che possiede strutture ricettive, per chiedermi una consulenza, chiarimenti su come pianificare la prossima stagione turistica.
Tutto qui.
Ma non credo proprio di andare a lavorare là, non vorrei ci fosse un equivoco. Anche perché mi sembra che ci sia troppo rumore intorno ad una stupidaggine».
Schettino è uno che non si fa problemi a parlare.
Ci eravamo riusciti anche noi ieri mattina.
«Dirò tutto, ma non ora» ci aveva detto in modo sibillino.
Il capitano ha soprattutto parlato in questi giorni con persone a lui vicine di una sua eventuale consulenza con strutture alberghiere di Numana.
Un’offerta suffragata anche dalla richiesta di deroga all’obbligo di dimora depositata dai suoi legali al Tribunale di Grosseto.
Ma è bastata la notizia a scatenare un pandemonio.
«Schettino per promozionare il Conero?
Ma siamo matti!».
TUTTE le associazioni, gli organi istituzionali dicono di non aver mai chiamato il capitano.
Una figura troppo ingombrante, un imbarazzo che è risuonato come una proposta indecente capace addirittura di infangare il nome della Riviera del Conero e gettare discredito sulle sue bellezze.
Eppure qualcuno ha pensato a Schettino
«ma non era nelle mie intenzioni andare a lavorare là — dice lui —.
Mi hanno solo chiesto un parere su come organizzare la stagione.
Ora con questo can can mi è passata la voglia.
E d’altra parte - ha anche detto - Che mi metto a fare?
Darei il benvenuto, manderei i pedalò, consiglierei la tinteggiatura di un albergo?
No, io non lavorerò a Numana».
Con buona pace di tutti.
di Andrea Massaro
Se in Italia non ci fosse una giustizia da baraccone!
INVECE??? ......rilascia interviste (pagate)manda curriculum,fa gite in barca ecc ecc
Lei è VIVOOOOO!!!!
Le viene in mente qualche volta...
che 32 persone sono morte?
che due sono ancora in fondo al mare compresa una bimba di 5 anni?
NUMANA, 18 FEBBRAIO 2013
La notizia è di quelle choc, da prendere con le molle un po’ tra il serio e il faceto, sempre con l’auspicio che si tratti di una boutade.
L’ex comandante della Costa Concordia Francesco Schettino, l’uomo del naufragio della nave da crociera che il 13 gennaio 2012 davanti alle coste di Isola del Giglio affondò provocando 30 morti e 2 dispersi, l’ufficiale indagato per omicidio plurimo colposo, naufragio, abbandono di persone incapaci di provvedere a se stesse, abbandono di nave e omessa comunicazione dell’incidente alle autorità marittime, potrebbe diventare il testimonial della riviera del Conero.
Confermata dal suo avvocato difensore Francesco Pepe la notizia che l’ufficiale – ora costretto all’obbligo di dimora a Meta di Sorrento, nel Napoletano, in attesa della conclusione del processo per il naufragio della Concordia – ha chiesto al giudice un permesso per presentarsi a un colloquio di lavoro a Numana.
L’indiscrezione riportata dal sito del quotidiano ‘ll Resto del Carlino’ Ancona parla di una possibile campagna pubblicitaria di rilancio del turismo della riviera del Conero in cui Schettino sarebbe il testimonial.
Malumori, stupore, indignazione. L’ex comandante della Costa Concordia, licenziato dalla Compagnia di Navigazione dopo il naufragio e la relativa inchiesta giudiziaria, ha rilasciato un’intervista fiume al Nautilus International Telegraph in cui ammette di essere alla ricerca di un lavoro, di non disporre di fonti di sostentamento e di voler ricominciare a navigare.
“Il mare è la mia vita”, dice Schettino, proponendosi anche di insegnare pur di tornare a lavorare.
Dopo l’intervista, la notizia secondo cui “Numana vuole Schettino per rilanciare il Conero”. Secondo quanto riportato dal quotidiano, “l’ex comandante sarebbe stato ufficialmente contattato per venire a febbraio a Numana per portare la sua testimonianza in fatto di viaggi e turismo”.
Nessun riferimento diretto su chi abbia lanciato l’invito, si fa riferimento solo a una “categoria economica emergente della zona”.
Indiscrezioni additano la responsabilità dell’invito a un’associazione di commercianti di Numana, tra i quali c’è anche un amico di Schettino, Andrea Andreucci, che è proprio il presidente dell’associazione.
Intervistato, Andreucci avrebbe bissato la domanda sul binomio Schettino-Numana.
Decisa invece la presa di posizione del sindaco Marzio Carletti. “Siamo contrari a qualsiasi accostamento con l’ex comandante”.
A prendere le distanze dalla possibile venuta di Schettino a Numana per rilanciare la perla del Conero agli occhi del mondo è anche il Goveranatore della Regione Gian Mario Spacca.
di TALITA FREZZI
Numana (Ancona), 19 febbraio 2013 -
C’ERA da aspettarselo.
E’ stato talmente tanto il frastuono attorno alla vicenda «Schettino a Numana», che alla fine l’ex comandante della Costa Concordia, dice di aver deciso di rinunciare.
Social network, media nazionali e internazionali: tutti col mirino nuovamente puntato sul bersaglio numero uno dell’opinione pubblica.
Proprio lui, quello sbeffeggiato dopo la famosa telefonata con il comandante della Capitaneria di porto di Livorno (torni a bordo, c...!), chiamato da un albergatore di Numana, quindi uno sconosciuto agli occhi dell’Italia intera, a ricoprire un incarico sulla Riviera del Conero.
Una trovata pubblicitaria? Una voglia di rivalsa del presidente dell’associazione commercianti nei confronti di un Comune, quello di Numana nell’occhio del ciclone per una gestione controversa del turismo (vedi il caso multe ai varchi)? Tutto può essere.
La verità probabilmente non la conosceremo mai. Una cosa è certa.
Andrea Andreucci, contitolare del Numana Blu, Schettino l’ha chiamato, eccome.
Lo conferma lo stesso ex comandante della Costa Concordia.
Lo conferma anche l’avvocato di Schettino, Francesco Pepe.
«Tempo fa mi ha cercato un conoscente di Numana, che possiede strutture ricettive, per chiedermi una consulenza, chiarimenti su come pianificare la prossima stagione turistica.
Tutto qui.
Ma non credo proprio di andare a lavorare là, non vorrei ci fosse un equivoco. Anche perché mi sembra che ci sia troppo rumore intorno ad una stupidaggine».
Schettino è uno che non si fa problemi a parlare.
Ci eravamo riusciti anche noi ieri mattina.
«Dirò tutto, ma non ora» ci aveva detto in modo sibillino.
Il capitano ha soprattutto parlato in questi giorni con persone a lui vicine di una sua eventuale consulenza con strutture alberghiere di Numana.
Un’offerta suffragata anche dalla richiesta di deroga all’obbligo di dimora depositata dai suoi legali al Tribunale di Grosseto.
Ma è bastata la notizia a scatenare un pandemonio.
«Schettino per promozionare il Conero?
Ma siamo matti!».
TUTTE le associazioni, gli organi istituzionali dicono di non aver mai chiamato il capitano.
Una figura troppo ingombrante, un imbarazzo che è risuonato come una proposta indecente capace addirittura di infangare il nome della Riviera del Conero e gettare discredito sulle sue bellezze.
Eppure qualcuno ha pensato a Schettino
«ma non era nelle mie intenzioni andare a lavorare là — dice lui —.
Mi hanno solo chiesto un parere su come organizzare la stagione.
Ora con questo can can mi è passata la voglia.
E d’altra parte - ha anche detto - Che mi metto a fare?
Darei il benvenuto, manderei i pedalò, consiglierei la tinteggiatura di un albergo?
No, io non lavorerò a Numana».
Con buona pace di tutti.
di Andrea Massaro
Delirio Vendola in Piazza Duomo: "Abbracciamo i fratelli rom e musulmani".
Sig.vendola (SEL) niente da eccepire sulla fratellanza tra i popoli.
Giusto praticare l'integrazione (di chi VUOLE integrarsi)
Sbagliata la discriminazione, pratica becera e incivile.
Giusto QUASI tutto.......ma......
In un comizio pre elettorale non le pareva più consono parlare delle sue proposte politiche per migliorare questo paese?
In Italia manca il lavoro,le infrastutture,la competitività.
Siamo oberati da tasse,balzelli,corruzione,malavita,malasanità,malagiustizia, Siamo un paese allo sfascio sia economico che morale.
E lei di che parla????
Donne in rinascita......lo devono a se stesse
“Quando le donne incontrano la loro dimensione femminile
smettono di avere paura,
smettono di farsi trafiggere il cuore dagli amori impossibili,
smettono di dirsi “no, non sei capace”, “non ce la farai mai”, “non vali niente”, smettono di dire “sì” a tutti solo per essere più apprezzate,s
mettono di gettare tutte le forze dove non serve facendo a brandelli i loro desideri,
smettono di lasciare se stesse in fondo alla lista,
smettono di vivere una vita fatta di sogni spezzati,
smettono di offrirsi a coltelli affilati, alle unghie che graffiano il cuore e l’anima,
smettono di dare la loro vita a qualcuno senza riprendersela mai indietro
La forza intesa del femminile si è risvegliata e dice sì posso farcela..”
Simona Oberhammer,
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