lunedì 10 settembre 2018
Ecco chi erano i primi abitanti di Stonehenge
I primi abitanti di Stonehenge? Sicuramente provenivano dal Galles.
A stabilirlo è un nuovo studio che ha esaminato i resti di ossa carbonizzati trovati all’interno del sito megalitico.
Quando parliamo di Stonehenge facciamo spesso riferimento al mistero della struttura monolitica pensando soprattutto alla provenienza delle materie prime.
Adesso i ricercatori dell'Università di Oxford in collaborazione con università di Parigi e Bruxelles, hanno dimostrato che gli uomini cremati a Stonehenge provenivano dalla stessa regione del Galles, lontana 150 chilometri, da cui arrivano le pietre utilizzate nelle costruzioni.
Il team ha analizzato i resti di ossa carbonizzate, frutto di una cremazione, trovati nelle sepolture risalenti a 5mila anni fa intorno a Stonehenge arrivando alla conclusione che gli abitanti provenivano dal Galles.
Una scoperta pubblicata sulla rivista Nature Scientific Reports che avvalora ancora di più la testi della provenienza delle pietre usate nella prima fase di Stonehenge, le cosiddette blustone, importate dalle Preseli Hills, nel Galles.
Il team ha chiesto il permesso di Historic England e English Heritage per analizzare le ossa del cranio cremate appartenenti a 25 individui.
Il test ha previsto l'estrazione degli isotopi dello stronzio che possono rivelare dove le persone hanno trascorso gli ultimi anni della loro vita dall'osso cremato.
Come sappiamo Stonehenge è stato usato come luogo di cremazione e di sepoltura.
I test sono stati condotti su frammenti di teschi ritrovati nei "fori di Aubrey", un cerchio di 56 fosse al di fuori dell’attuale cerchio di pietra.
Prima si pensava che i pozzi contenessero pali di legno, ma scavi recenti hanno trovato schegge di bluestone.
Una delle ipotesi è che le buche ospitassero il primo cerchio di massi, che poi sono stati ripetutamente riordinati per secoli.
Come si legge nello studio, le prime ossa sono state datate intorno al 3mila a.C. e coprono un arco di tempo di circa 500 anni.
Secondo gli archeologi che hanno condotto la ricerca “la varietà di date fa sorgere la possibilità che per secoli le persone potessero essere portate a Stonehenge per essere sepolte con le pietre”.
Dominella Trunfio
Scoperto il teschio fossilizzato dell’ultimo “unicorno siberiano” vissuto sulla Terra
Per decenni, gli scienziati hanno stimato che l’unicorno siberiano, una specie di mammiferi estinti da molto tempo che assomigliava più a un rinoceronte che a un cavallo, era scomparsa circa 350.000 anni fa .Ma un teschio splendidamente conservato trovato in Kazakistan nel 2016 ha completamente ribaltato questa ipotesi.
Si è scoperto che queste incredibili creature erano ancora in vita circa 29.000 anni fa.
Sì, questo significa che c’era un vero ‘unicorno’ che vagava sulla Terra decine di migliaia di anni fa, ma non era simile a quello che magari troviamo nel libro di fiabe per bambini.
Il vero unicorno, Elasmotherium sibiricum , era irsuto ed enorme e sembrava proprio un rinoceronte moderno, solo che aveva un grande corno direttamente sulla fronte.
Secondo le prime descrizioni , l’unicorno siberiano era alto circa 2 metri, era lungo 4,5 metri e pesava circa 4 tonnellate.
Era più simile a un mammut lanoso che a un cavallo e nonostante la sua statura molto imponente, probabilmente l’unicorno era un mansueto erbivoro.
Quindi, se vuoi un’immagine corretta nella tua testa, pensa a un rinoceronte con un corno lungo e sottile che sporge dalla sua fronte invece di uno corto e tozzo come i rinoceronti di oggi.
Il cranio, che è stato notevolmente ben conservato, è stato trovato nella regione di Pavlodar del Kazakistan.
I ricercatori della Tomsk State University sono stati in grado di stabilire che risale a circa 29.000 anni fa tramite tecniche di datazione al radiocarbonio.
In base alle dimensioni e alle condizioni del cranio, è probabile che sia appartenuto ad un maschio molto anziano, ma il modo in cui è effettivamente morto rimane sconosciuto.
La domanda sulla mente dei ricercatori è come questo unicorno sia rimasto molto più a lungo in vita di quelli che si estinsero centinaia di migliaia di anni prima.
“Molto probabilmente, il sud della Siberia occidentale era un refúgium, dove questo rinoceronte ha perseverato più lungo rispetto al resto della sua specie”, ha detto un membro del team, Andrey Shpanski .
”C’è un’altra possibilità, che potrebbe essere migrato e aver preso dimora per un po ‘nelle aree più meridionali”.
Il team spera che il ritrovamento possa aiutarli a capire meglio come i fattori ambientali abbiano avuto un ruolo nell’estinzione della creatura, dal momento che sembra che alcuni possano durare molto più a lungo di quanto si pensasse migrando su grandi distanze.
Sapere in che modo la specie è sopravvissuta per così tanto tempo e sapere anche potenzialmente ciò che alla fine è stato spazzato via, potrebbe permetterci di fare scelte più mirate sul futuro della nostra specie, poiché ci troviamo in una situazione piuttosto pericolosa.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sull’American Journal of Applied Science.
Fonte: www.sciencealert.com
Il Castello di Montezuma: antichissimo antenato degli odierni condomìni
Si chiama Castello di Montezuma, ma in realtà non ha nulla a che fare con lo storico imperatore degli Aztechi, e non è nemmeno un castello.
Questo straordinario complesso abitativo, una sorta di antico condominio, era quasi sconosciuto fino all’incirca al 1860, quando le rovine di Camp Verde furono scoperte dai sodati durante la Guerra Civile, e dai primi gruppi di minatori che arrivarono in Arizona in cerca di fortuna.
Furono loro ad attribuire la costruzione di quelle case di pietra a Montezuma, che in realtà non era ancora nato quando le abitazione erano già state abbandonate ormai da decenni.
Ricerche più moderne hanno dimostrato che il Castello era in realtà un “preistorico complesso di appartamenti nella roccia” (Frank Pinkly – 1928), il primo grattacielo d’America.
Il Castello di Montezuma è un insieme di abitazioni (oggi si chiamerebbero monolocali) costruite dal popolo Sinagua nell’anfratto naturale di una parete rocciosa a strapiombo, a circa 27 metri di altezza.
Quella dei Sinagua era una civiltà pre-colombiana, strettamente legata ad altre popolazioni indigene del sud-ovest degli Stati Uniti, che evidentemente aveva ottime conoscenze di ingegneria e tecnica costruttiva.
Nell’arco di circa tre secoli, tra il 1100 e il 1425 dC, costruirono queste abitazioni in un luogo quasi inaccessibile, occupando una superficie di 370 metri quadrati, divisa in cinque piani e venti stanze.
Per raggiungere le loro case, i Sinagua probabilmente usavano delle scale di corda, che una volta tirate su rendevano inaccessibile il Castello, soprattutto alle tribù nemiche, le quali non potevano in alcun modo oltrepassare la barriera verticale.
La scelta, certo non proprio comoda, di vivere così in alto rispetto al terreno, non era dovuta solo ad una necessità di difesa. Probabilmente i Sinagua trovarono questa soluzione per sfuggire ad una minaccia naturale: le inondazioni annuali del Beaver Creek, un torrente che durante l’estate spesso allagava la pianura.
Le inondazioni erano provvidenziali per l’agricoltura, ma costituivano un problema per qualsiasi edificio costruito sul terreno: l’unica soluzione era quella di realizzare una struttura, non precaria, nel sicuro rifugio costituito dalla roccia calcarea.
La tribù, composta da una popolazione variabile di circa 30/50 persone, visse nel suo Castello per circa 300 anni, fino al 1425 d.C.
In seguito i Sinagua, come altre popolazioni del sud-ovest, probabilmente migrarono in altri territori, per motivi non conosciuti.
Si può ipoteticamente pensare a una prolungata siccità, o all’esaurimento delle risorse naturali, oppure ancora allo scontro con un popolo giunto da poco nella zona, gli Yavapai.
I Sinagua probabilmente si fusero con altre popolazioni, tanto che ancora oggi alcuni clan Hopi e Yavapai contano tra i loro antenati qualcuno che aveva abbandonato il Castello di Montezuma.
Il sito, considerato un luogo ancestrale, viene utilizzato dai discendenti dei Sinagua per alcuni riti religiosi.
Purtroppo, tra la fine del 19° secolo e l’inizio del 20°, il complesso è stato quasi completamente saccheggiato, e solo pochissimi oggetti della cultura Sinagua sono rimasti a testimonianza della loro civiltà.
Il Castello di Montezuma fu dichiarato Monumento Nazionale degli Stati Uniti nel 1906, ma l’accesso alle abitazioni non è più consentito dal 1951 per motivi di sicurezza, sia dei visitatori sia per lo storico complesso.
La bellezza suggestiva di questo antenato dei condomìni si può ammirare solo da lontano
Fonte: vanillamagazine.it
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