lunedì 27 gennaio 2014
I giorni della merla : ecco come ridurre i rischi
"D'inverno ci si ammala di più non a causa dell'aria fredda, ma perché si sta maggiormente negli ambienti chiusi, dove è più facile trasmettersi i virus e i batteri e dove si respirano le eventuali sostanze che possono aver inquinato l'aria. Non solo: in questo periodo in genere si verifica il picco influenzale, ecco dunque che nei 'giorni della merla' freddo e patogeni insidiano la salute". Parola del pediatra di Milano Italo Farnetani, che alla vigilia dei tre giorni di fine gennaio, che la tradizione vuole come i più freddi dell'anno, regala il decalogo 'salva-salute' per grandi e piccini.
"Piccoli accorgimenti - dice l'esperto all'Adnkronos Salute - per rendere più salubri gli ambienti, riducendo al minimo il rischio di ammalarsi, ma anche intensità e durata di ogni malanno invernale". Ecco i consigli da seguire, a partire dalla casa:
1) Anche quando piove o fa freddo, le finestre vanno tenute aperte almeno un'ora al giorno;
2) Chi abita in zone dove l'aria è inquinata, per esempio per il traffico o per la vicinanza con le industrie, farebbe bene ad aprire le finestre di notte per cambiare l'aria. Infatti l'inquinamento dell'atmosfera favorisce la tosse e le infezioni dell'apparato respiratorio;
3) Non fumare in casa (se i genitori fumano il bambino ha il 70% di possibilità in più di avere la tosse);
4) Quando sono accesi i riscaldamenti, la temperatura non deve mai superare i 20°C;
5) Si deve evitare che l'aria sia eccessivamente secca, per questo si devono appoggiare sui radiatori, soprattutto su quelli della camera da letto del piccolo, due asciugamani di spugna bagnati, in modo che l'aria che si respira sia umida, così il bambino farà una specie di aerosol naturale, evitando la tosse secca presente di notte che dà tanti fastidio;
6) Un altro elemento che va controllato è l'umidità che favorisce la formazione delle muffe, che inquinano l'ambiente e danno anche allergia. "C'è umidità quando si lasciano chiuse le stanze e si vede formarsi il vapore sui vetri o si formano delle chiazze di umido nei muri, ci si deve rivolgere a un tecnico per rimuovere la causa dell’umidità", raccomanda il pediatra.
7) In casa evitare profumi od odori troppo intensi, perché possono provocare nei più piccoli il broncospasmo (una chiusura transitoria delle prime vie dell’apparato respiratorio): per questo "non si devono usare i prodotti balsamici profumati spalmati sul torace o sciolti nelle bacinelle di acqua calda";
8) Per chi è allergico il trattamento più semplice ed efficace per allontanare la polvere dal letto è usare l’apposito coprimaterasso;
9) Non coprire troppo il bambino: è inutile, non evita le malattie e fa soffrire il caldo anche d'inverno. Non usare la maglia intima di lana, perché potrebbe irritare la pelle: è preferibile quella in puro cotone;
10) Insegnare a grandi e piccini a lavarsi le mani spesso. "Le infezioni respiratorie, per esempio il raffreddore, si trasmettono sia attraverso l'aria, ma anche trasportando le secrezioni, cioè il muco infetto, in più con le mani si possono trasportare dai pidocchi ai parassiti intestinali: si dovrà insegnare al bambino a lavare le mani quando sono sporche, prima e dopo i pasti, quando esce dal bagno e prima di uscire da scuola, oppure appena è arrivato a casa".
"I genitori dovrebbero ricordare che i bambini crescono sani e forti all'aria aperta, perciò andranno portati fuori anche quando è freddo o piove ed è inutile tenerli in casa quando hanno solo la tosse o il raffreddore. Inutile invece coprire le orecchie: l'otite viene provocata da batteri e virus che provengono dalla gola e non dall’esterno", conclude il pediatra.
Come sono nate le note musicali
Gli antichi non conoscevano una notazione musicale propriamente detta, limitandosi a indicare i suoni della scala diatonica con le prime lettere dell'alfabeto.
Nel XVI secolo la settima nota riceve il suo nome definitivo (si, dalle iniziali di Sancte Iohannes) e nel XVII secolo in Italia la nota ut viene sostituita con il nome attuale do, da una proposta del musicologo Giovanni Battista Doni: formalmente la sillaba venne considerata difficile da pronunciare e sostituita da quella iniziale di Dominus, il Signore, ma probabilmente non ci si sbaglia a pensare che il cognome del musicologo abbia giocato una parte importante
Nel Medioevo, a causa della crescente difficoltà nel memorizzare melodie sempre più lunghe ed articolate, nacque l'esigenza di "notare" sopra il testo da cantare alcuni segni (detti neumi) che aiutassero i cantori a ricordare la direzione (ascendente o discendente) della linea melodica.Da questi embrionali aiuti mnemonici nacque a poco a poco la moderna notazione, le cui tappe storiche fondamentali sono l'introduzione del tetragramma (attribuita a Guido d'Arezzo durante la sua permanenza presso l'Abbazia di Pomposa), e la scrittura delle durate, (inventata da Francone da Colonia) ottenuta proporzionalmente, cioè non indicando la durata effettiva della nota, ma la durata di essa in proporzione alle altre dello stesso brano
Nel XVI secolo la settima nota riceve il suo nome definitivo (si, dalle iniziali di Sancte Iohannes) e nel XVII secolo in Italia la nota ut viene sostituita con il nome attuale do, da una proposta del musicologo Giovanni Battista Doni: formalmente la sillaba venne considerata difficile da pronunciare e sostituita da quella iniziale di Dominus, il Signore, ma probabilmente non ci si sbaglia a pensare che il cognome del musicologo abbia giocato una parte importante
Nel Medioevo, a causa della crescente difficoltà nel memorizzare melodie sempre più lunghe ed articolate, nacque l'esigenza di "notare" sopra il testo da cantare alcuni segni (detti neumi) che aiutassero i cantori a ricordare la direzione (ascendente o discendente) della linea melodica.Da questi embrionali aiuti mnemonici nacque a poco a poco la moderna notazione, le cui tappe storiche fondamentali sono l'introduzione del tetragramma (attribuita a Guido d'Arezzo durante la sua permanenza presso l'Abbazia di Pomposa), e la scrittura delle durate, (inventata da Francone da Colonia) ottenuta proporzionalmente, cioè non indicando la durata effettiva della nota, ma la durata di essa in proporzione alle altre dello stesso brano
Oggetti volanti non identificati in un arazzo del medioevo
'Il Trionfo dell'estate' è un arazzo prodotto nel 1538 d.C. Nella città di Bruges, Belgio.
L'opera rappresenta l'ascesa vittoriosa di un sovrano al potere. Tuttavia c'è qualcosa di molto insolito raffigurato nell'arazzo, che facilmente potrebbero passare inosservati e che ricordano la forma dei classici 'dischi volanti' resi popolari dai mass media.
Le origini della città di Bruges risalgono ad epoca pre-romana ed è stata oggetto di numerose invasioni, soprattutto a causa della sua posizione strategica.
Nel museo cittadino Bayerisches Nationalmuseum è esposto un arazzo donato dalla Hypo Vereinsbank UniCredit Bank AG.
Se si guarda con attenzione nella parte alta dell’opera, soprattutto verso il lato sinistro, si noteranno una serie di curiosi oggetti a forma di cappello nero sospesi nell’aria e che non hanno paralleli con nessun’altra rappresentazione religiosa del periodo medievale.
Come riporta Ancient Origins, alcuni esperti hanno suggerito che gli oggetti rappresenterebbero il favore divino all’ascesa al potere del sovrano ritratto nell’opera. Ma da quando dei curiosi oggetti neri a forma di disco volante sono considerati un simbolo della manifestazione divina? E se lo sono, perchè? Se le persone di quel periodo hanno interpretato i ‘cappelli volanti’ alla divinità, significa che hanno visto realmente questi oggetti nel cielo considerandoli un fenomeno ‘divino’? Naturalmente, tra gli interpreti c’è chi ha risolto la questione spiegando che gli oggetti neri volanti non sono altro che nuvole dalla forma strana…
Tratto da: il navigatore curioso
L'opera rappresenta l'ascesa vittoriosa di un sovrano al potere. Tuttavia c'è qualcosa di molto insolito raffigurato nell'arazzo, che facilmente potrebbero passare inosservati e che ricordano la forma dei classici 'dischi volanti' resi popolari dai mass media.
Le origini della città di Bruges risalgono ad epoca pre-romana ed è stata oggetto di numerose invasioni, soprattutto a causa della sua posizione strategica.
Nel museo cittadino Bayerisches Nationalmuseum è esposto un arazzo donato dalla Hypo Vereinsbank UniCredit Bank AG.
Se si guarda con attenzione nella parte alta dell’opera, soprattutto verso il lato sinistro, si noteranno una serie di curiosi oggetti a forma di cappello nero sospesi nell’aria e che non hanno paralleli con nessun’altra rappresentazione religiosa del periodo medievale.
Come riporta Ancient Origins, alcuni esperti hanno suggerito che gli oggetti rappresenterebbero il favore divino all’ascesa al potere del sovrano ritratto nell’opera. Ma da quando dei curiosi oggetti neri a forma di disco volante sono considerati un simbolo della manifestazione divina? E se lo sono, perchè? Se le persone di quel periodo hanno interpretato i ‘cappelli volanti’ alla divinità, significa che hanno visto realmente questi oggetti nel cielo considerandoli un fenomeno ‘divino’? Naturalmente, tra gli interpreti c’è chi ha risolto la questione spiegando che gli oggetti neri volanti non sono altro che nuvole dalla forma strana…
Tratto da: il navigatore curioso
Il sesso del PC
In una scuola inglese, l'insegnante spiegava che in francese i sostantivi son divisi in “maschile” e “femminile”. Stupito uno studente chiese: -
Di che genere è il computer?
Non sapendolo, l'insegnante divise la classe in 2 gruppi, chiedendo loro di decidere.
Un gruppo era composto da donne e l'altro da uomini.
Il gruppo di donne concluse che i computer sono maschi, perché:
1) Per poter avere la loro attenzione, devi accenderli.
2) Contengono molti dati, ma sono privi di intelligenza propria.
3) Dovrebbero essere lì per risolvere i tuoi problemi, ma per metà del tempo sono loro il problema.
4) Non appena te ne procuri uno, ti accorgi che, se avessi aspettato un po”, avresti potuto averne uno migliore.
Gli uomini decisero che i computer appartengono al genere femminile perché:
1) Nessun altro al di fuori del loro creatore capisce la loro logica interna.
2) Il linguaggio di cui si servono per comunicare con gli altri computer è incomprensibile a chiunque.
3) I tuoi errori anche minimi, sono immagazzinati nella memoria a lungo-termine per essere usati più avanti.
4) Appena ne acquisti uno, ti ritorvi a spendere metà del tuo conto in banca per gli accessori
Le mille e una notte
In arabo: ألف ليلة وليلة, Alf layla wa layla; in persiano: هزار و یک شب, Hezār-o yek šab è una celebre raccolta di novelle orientali, costituita a partire dal X secolo, di varia ambientazione storico-geografica, composta da differenti autori.
È incentrata sul re persiano Shāhrīyār, che, essendo stato tradito da una delle sue mogli, uccide sistematicamente le sue spose al termine della prima notte di nozze.
Un giorno, Sharāzād, figlia maggiore del Gran Visir, decide di offrirsi volontariamente come sposa al sovrano, avendo escogitato un piano per placare l'ira dell'uomo contro il genere femminile.
Così la bella e intelligente ragazza, per far cessare l'eccidio e non essere lei stessa uccisa, attua il suo piano con l'aiuto della sorella: ogni sera racconta al re una storia, rimandando il finale al giorno dopo.
Va avanti così per mille e una notte (che è un modo di dire per indicare un periodo di tempo molto lungo); e alla fine il re, innamoratosi, le rende salva la vita.
Ciascuna delle storie principali delle Mille e una notte è quindi narrata da Sherazad; e questa narrazione nella narrazione viene riprodotta su scale minori, con storie raccontate dai personaggi delle storie di Sherazad, e così via.
Questo espediente narrativo, che ancora oggi ha nelle Mille e una notte uno dei suoi casi d'uso più illustri, è da alcuni paragonato a quello del teatro nel teatro che giunge attraverso Shakespeare fino a Pirandello.
Inoltre nel 1300 lo scrittore Boccaccio entra per primo a far parte di tale gruppo, il quale è stato il primo a portare questo tipo di narrazione in Europa, dove la narrazione "interna" serve in molti casi a chiarire le posizioni dei protagonisti nel suo Decamerone. Inizialmente tramandate oralmente, da un punto di vista temporale si ritiene che la prima stesura organica delle novelle sia datata attorno al X secolo. È infatti di questo periodo un'opera dal titolo persiano Hazār afsane (Mille favole), che potrebbe essere identificata col nucleo più antico de Le mille e una notte.
Il cavallo arabo e le sue leggende
Il cavallo arabo e' una delle razze più antiche al mondo e gode di grande popolarità per il suo stile e la sua bellezza, per le sue doti di facile apprendimento e versatilità, per la sua disponibilità, serietà e bontà di temperamento. E’ imbattibile nelle gare di fondo e può portare grossi carichi.
Così viene narrata, secondo una leggenda beduina, la sua origine:
"Allah disse al Vento del Sud: “Diventa carne e io farò di te una nuova creatura in onore del mio sacro Nome e per la sconfitta dei miei nemici, affinché tu sia il servitore di tutti quelli che mi sono sottomessi.” E il Vento rispose: “Signore, che sia fatta la tua volontà”. Allora Allah prese una manciata di Vento del Sud vi soffiò sopra e creò il cavallo dicendo : “Il tuo nome sarà Arabo, la virtù risiederà nel ciuffo della tua fronte e porterai sulla tua groppa il bottino sottratto ai tuoi nemici. E' te che ho scelto fra tutti gli animali e farò del tuo padrone il tuo amico. Ti ho dato il potere di volare senza le ali, sia all'attacco che in ritirata; metterò sul tuo dorso uomini che mi loderanno e mi glorificheranno”.
Ma anche un’altra leggenda è legata a questa splendida razza e racconta che in un tempo molto lontano, sotto un cielo coperto di stelle, sulle dune sabbiose del deserto, Maometto si era fermato per riposarsi dal lungo viaggio che stava percorrendo.
Guardando le sue splendide giumente, decise di metterle alla prova per vedere se gli fossero davvero fedeli. Le lasciò per tre giorni senza acqua e quando le liberò, tutte si diressero verso il fiume per abbeverarsi.
Poco prima di raggiungere la fonte, esse udirono il suono del corno di richiamo del Profeta, ma solo cinque di queste si diressero immediatamente verso il loro padrone malgrado la sete. Allora Maometto, impressionato da questo comportamento tanto sottomesso, marchiò su di esse una spiga, per distinguerle dalle altre e ancora oggi si può vedere nei cavalli che mostrano uno standard di razza eccezionale, questo simbolo che viene appunto chiamato “il germoglio di Maometto”. Da queste cinque giumente conosciute come “Al khamsa” nacquero, secondo la leggenda, le linee di sangue che ancora oggi esistono.
Pare inoltre, che questo cavallo, che vive in media 21 anni, sia maggiormente apprezzato dai 7 ai 14 anni come racconta un vecchio proverbio che dice “Sette anni per mio fratello, sette anni per me e sette anni per il mio nemico”.
Il mito del dio Pan
ll dio Pan era, nella mitologia greca, una divinità non olimpica, mezzo uomo e mezzo caprone.
Era solitamente riconosciuto come figlio del dio Ermes e della ninfa Driope.
Il nome Πάν deriva dal greco paein, cioè "pascolare", e infatti Pan era il dio pastore, il dio della campagna, delle selve e dei pascoli. Il nome è però simile a πᾶν, che significa "tutto"
La figura mitologica ricalca l'eroe solare vedico Pushan, il cui nome, dal verbo sanscrito pūṣyati, significherebbe "colui che fa prosperare".
Inoltre è assimilato a Phanes (Φάνης, da φαίνω phainō , "che porta la luce"), altro nome di Protogonos (Πρωτογόνος, "primo nato").
In alcuni miti infatti è descritto come il più antico degli Olimpi, se è vero che aveva bevuto con Zeus il latte da Amaltea, allevato i cani di Artemide e insegnato l'arte divinatoria ad Apollo.
Venne inoltre notoriamente associato a Fauno, versione maschile (poi figlio, fratello o marito, a seconda del mito) di Fauna, e come tale era lo spirito di tutte le creature naturali, più tardi legato anche alla foresta (della quale invece il dio era Silvanus), all'abisso, al profondo.
Dal suo nome deriva il termine timor panico, poiché il dio si adirava con chi lo disturbasse emettendo urla terrificanti, provocando così una incontrollata paura, il panico, appunto
Uno dei miti più famosi di Pan riguarda le origini del suo caratteristico strumento musicale. Siringa era una bellissima ninfa dell'acqua di Arcadia, figlia del dio dei fiumi Ladone.
Un giorno, di ritorno dalla caccia, incontrò Pan. Per sfuggire alle sue molestie, la ninfa scappò senza ascoltare i complimenti del dio. Egli la inseguì dal monte Liceo fino a quando ella non raggiunse le sue sorelle, che la trasformarono immediatamente in una canna. Quando il vento soffiò attraverso le canne, si udì una melodia lamentosa.
Il dio, ancora infatuato, non riuscendo a identificare in quale canna si era trasformata Siringa, ne prese alcune e ne tagliò sette pezzi di lunghezza decrescente (alcune versioni sostengono nove) e li unì uno di fianco all'altro. Creò così lo strumento musicale che portò il nome della sua amata Siringa.
Da allora Pan fu visto raramente senza di esso.
Quando si dice fortuna !!!!!!!!
Un siciliano esce dopo 5 anni dalla galera e trova la moglie a casa piena di ricchezze, il marito stupefatto:
"miii Cammela...che fu..ambo?"
e la moglie: "mii no non fu ambo"
e lui: "fu quatenna?"
"mii no nemmeno quatenna"
"fu tenno?"
"sii futtenno futtenno!"
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